Se non è un avviso di sfratto poco ci manca. Dopo i fasti degli anni passati Matteo Salvini si ritrova con una Lega al 9 per cento. Difficile dire che non sia colpa sua visto che, da quando è diventato leader, il Capitano ha lavorato certosinamente per costruire un partito personale (anche nel nome, Lega per Salvini premier).

Finora, però, il gioco aveva funzionato visto che, nonostante gli errori, nessuno poteva mettere in discussione l’uomo che aveva portato la Lega sopra il 30 per cento. La sconfitta di queste elezioni potrebbe essere l’occasione utile per dare fiato, e coraggio, ai suoi principali oppositori.

Dopotutto il 9 per cento porta con sé anche un altro dato. Nelle regioni governate da presidenti della Lega –  Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia – Fratelli d’Italia è stabilmente primo partito. Il confronto dei numeri al Senato è impietoso: Lombardia FdI 27 per cento Lega al 14; in Veneto 32 a 14; in Friuli 32 a 11.

La domanda è d’obbligo: come si comporteranno Attilio Fontana, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga davanti a questi dati? Il primo è nella situazione peggiore visto che, con questi numeri, difficilmente potrà puntare a una sicura rielezione. La trattativa con Giorgia Meloni sarà di certo più complicata e dall’esito più incerto.

Zaia e Fedriga, in particolare il secondo, sono da sempre indicati come gli unici in grado di detronizzare Salvini e prenderne il posto. Certo, la vittoria ha sempre moltissimi padri mentre la sconfitta, normalmente, è orfana. Salvini potrebbe anche puntare il dito contro i suoi uomini sul territorio che non sono stati capaci di mobilitare gli elettori. Ma il dato nazionale lascia poco spazio alle interpretazioni. Nel 2018 la Lega aveva ottenuto 5.321.537 voti al Senato e 5.698.687 alla Camera. Oggi 2.352.650 e 2.350.112. Un po’ complicato da giustificare.

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