Il voto degli italiani all’estero ripropone gli stessi rischi di sempre. Anzi si teme un esito anche peggiore, visti i tempi ristretti – si vota il 25 settembre – con cui bisogna mettere in moto la macchina elettorale: un compito non facile, con scadenze serrate come quella del 22 settembre, termine ultimo per l’invio in Italia dei plichi elettorali. La destinazione sarà, come sempre, quella di Castelnuovo di Porto, vicino Roma. Il lavoro preparatorio si svolgerà in pieno agosto con il personale dei consolati ridotto all’osso per le ferie, una questione che si aggiunge ai limiti strutturali dell’organico. Così l’ombra dei risultati contestati si staglia sempre più minacciosa.

Ruoli di peso

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Il bottino fa gola a molti. In palio ci sono 12 seggi, otto alla Camera e quattro al Senato, che possono acquisire un peso significativo in un parlamento ridotto a 600 eletti. Un’eventuale situazione di instabilità dei numeri renderebbe centrale il ruolo dei parlamentari eletti nelle circoscrizioni Estero.

Il caso di Luigi Pallaro ha fatto scuola: il senatore, eletto nel collegio America meridionale, è stato decisivo nella vita del governo Prodi II, diventando un personaggio noto. Nell’ultima legislatura Giuseppe Conte è andato a caccia dei responsabili, per un eventuale nuovo governo, proprio tra gli eletti all’estero. Ricardo Merlo, senatore eletto in Sud America, era uno dei registi dell’operazione.

Dunque, la conquista di un posto del seggio sta solleticando gli appetiti dei “signori delle preferenze”, quelli che hanno a disposizione una macchina di consenso già oliata.

Il caso Cario

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Talvolta sollevando il sospetto di brogli e l’avvio di battaglie legali, che si trascinano per anni. Insomma, la riedizione di un film visto di recente al Senato, alla fine del 2021, con la rimozione del senatore sudamericano Adriano Cario.

L’ormai ex parlamentare è stato accusato di aver conquistato l’elezione a palazzo Madama attraverso la falsificazione di firme. Secondo quanto denunciato, nel dettaglio, un ristretto numero di elettori avrebbe firmato le stesse schede, esprimendo la preferenza per l’esponente dell’Unione sudamericana emigrati italiani (Usei).

Il primo candidato non eletto, Fabio Porta (Pd), ha sempre sostenuto che si trattasse del «più grande broglio elettorale della storia della Repubblica». Mentre Cario, da parte sua, ha ribadito di essere stato legittimamente eletto e che la perizia calligrafica ha riguardato solo un numero limitato di schede rispetto a quelle totali.

Lo scontro si è protratto a lungo: a novembre 2021 la Giunta per le elezioni aveva salvato il seggio assegnato a Cario. A dicembre, in aula, è stata però votata a maggioranza la sua decadenza da senatore, dando possibilità a Porta di subentrare.

Un voto sbagliato

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In sintesi: un grande pasticcio e la conferma che la legge Tremaglia, quella istitutiva del voto degli italiani all’estero, fa acqua da tutte le parti. Le prospettive per il 25 settembre non sono dunque incoraggianti. I problemi organizzativi sono noto.

Già a maggio scorso, quando le elezioni sembravano una prospettiva lontana un anno, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, diceva: «L’aumento continuo dei connazionali residenti all'estero mette alla prova le capacità dei nostri uffici consolari di gestire una macchina sempre più impegnativa».

Il numero degli expat, alla fine del 2020, era di cinque milioni e 652mila unità, con un incremento di oltre due milioni solo negli ultimi 13 anni. Di fronte a questo quadro, il personale dei consolati italiani è diminuito nel tempo.

Di recente la Farnesina ha previsto un rafforzamento dei consolati, prevedendo concorsi per un totale di 600 posti ed è aumentano lo sforzo pure per il personale a contratto, passando dalle 2.532 unità, del 2012, a 3.100 nel 2022.

I casi critici

Ma il quadro resta deficitario. Sempre il ministero degli Esteri ha ammesso che ci sono delle difficoltà. In un’audizione alla Camera, è stato descritto l’esempio la città di Stoccarda, in Germania, che conta circa 190mila italiani, un numero «comparabile» con quello di Parma, mentre al consolato generale di Stoccarda sono in servizio solo 30 persone, di cui un solo diplomatico.

L’elenco prosegue con altri casi: a Londra, anche a causa dei ritardi accumulati per la pandemia, l’attesa per la documentazione è molto lunga. In questa situazione, già complessa, si innesta la necessità di mettere in moto velocemente la procedura elettorale in estate, quando i piani ferie sono stati già approvati da tempo all’interno dei singoli uffici.

L’organizzazione richiede la predisposizione dei plichi da inviare ai quasi sei milioni di italiani sparsi per il mondo, tassativamente entro il 7 settembre, dato che 15 giorni dopo, il 22 settembre, è necessario avere tutte le schede da inviare in Italia con voli speciali.

Tempi serrati che non lasciano molto tempo per una campagna elettorale vera. Uno scenario che di fatto concede maggior peso a quelli che vengono definiti capibastone, quei candidati o comunque profili politici, in grado di gestire pacchetti di voto, come succede ovunque, anche in Italia.

Ma che disegna un quadro peggiore per un voto che si svolge per corrispondenza, su cui non esiste un preciso controllo ed è già assurto alle cronache per il proprio malfunzionamento. «Sarebbe necessario», dice deputato di Italia viva, Massimo Ungaro, eletto nel collegio Europa che «il plico elettorale e il tagliando identificativo dell’elettore siano essere muniti di un codice Qr per garantire la tracciabilità» e ottenere una maggiore tutela della sicurezza del voto. Solo che, nonostante una proposta di legge depositata, non è cambiato nulla. 

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