Cellulari sì, o cellulari no? È il tema del momento quando si parla di scuola, anche se la vita in classe è già un passo più avanti: siamo di fronte alla Generazione Ia. L’adozione dell’intelligenza artificiale (Ia) sta avvenendo a un tasso più che doppio rispetto a quanto successo per tecnologie trasformative come il pc o internet nei loro primi anni sul mercato. E questo è soprattutto vero per gli strumenti di Ia Generativa (GenIa), come Chatgpt, Gemini e Microsoft Copilot, utilizzati a scopo personale o lavorativo, ma non solo: sono già molti gli studi americani e britannici che mostrano che anche gli studenti usano abitualmente strumenti di GenIa per prepararsi agli esami.

E in Italia? Nel recente studio del think tank Tortuga in collaborazione con Yellow Tech vengono esaminati per la prima volta l’atteggiamento e l’utilizzo della GenIa da parte di insegnanti, studenti e lavoratori Ata, coinvolgendo 274 scuole e più di 3.800 partecipanti alla raccolta dati.

Generazione Ia

L’Ia è già a scuola tutti i giorni: la utilizzano settimanalmente il 66 per cento dei docenti e l’83 per cento degli studenti, e uno studente su 4 ne fa uso tutti i giorni. Gli studenti utilizzano gli strumenti di GenIa soprattutto “per convenienza”: controllare le proprie risposte (56 per cento), preparare testi argomentativi o ricerche (47 per cento), risolvere esercizi di matematica, scienze o informatica (37 per cento).

Ma il dato più interessante è che i docenti sembrano esserne all’oscuro. Il 36 per cento dei docenti crede che i propri studenti non la usino mai, mentre in realtà solo il 17 per cento degli studenti non ne fa uso regolare. Il gap fotografa una distorsione cognitiva: i docenti usano poco l’Ia, e si aspettano che i propri studenti facciano altrettanto. La confusione dei docenti si allarga quando si trovano di fronte a un dilemma valutativo: a chi dare un voto più alto? A chi ha fatto un compito mediocre in autonomia, oppure a chi ha fatto un elaborato di qualità ma con l’aiuto dell’Ia?

Due su tre dicono a chi non ha usato Ia, ma con importanti differenze: i docenti che non usano mai strumenti di Ia tendono a essere più duri nella valutazione rispetto a chi la usa (+6 per cento). Rispetto agli utilizzatori, chi non fa uso dell’Ia teme leggermente di più che possa ridurre il pensiero critico (+4 per cento) ed è anche meno convinto della sua capacità di aiutare gli studenti in difficoltà (-11 per cento).

Questa “mistificazione” dell’Ia da parte di chi ne fa uno scarso utilizzo rischia di avere effetti sugli apprendimenti. Da un lato, un docente contrario all’uso dell’Ia non insegnerà ai suoi studenti le potenzialità dell’Ia, che vanno ben oltre la stesura di un testo o la correzione dei compiti d’inglese: ad esempio, gli strumenti di Ia possono diventare tutor personali di ogni studente, adattando il percorso di apprendimento in base ai loro bisogni e caratteristiche, come fa la Modalità Studia e Impara di Chatgpt.

Dall’altro, un’introduzione non consapevole della GenIa rischia di incrinare il rapporto tra docenti e studenti. 7 studenti su 10 percepiscono che ora gli insegnanti hanno meno fiducia in loro, ma meno della metà degli insegnanti pensa che l’avvento dell’Ia stia davvero incrinando il patto di fiducia in classe.

Mancato dividendo

Parlando di utilizzo, invece, solo una parte minoritaria dei docenti la utilizza in modo estensivo (11 per cento) o centrale nel proprio lavoro e, in generale, soprattutto per generare materiali didattici, come la creazione di verifiche, presentazioni, illustrazioni, e così via. C’è relativamente scarso interesse, invece, per l’utilizzo in attività amministrative, come la redazione di documenti e la gestione delle comunicazioni, oppure per le funzionalità più avanzate, come la creazione di piani di studio personalizzati o chatbot. Quasi un’occasione sprecata: come mostrano recenti indagini condotte negli Stati Uniti, i docenti che usano regolarmente strumenti di GenIa per la gestione di mansioni non strettamente connesse alla didattica arrivano a risparmiare in media quasi 6 ore a settimana.

Un dividendo Ia che gli insegnanti italiani non riscuotono: tempo potrebbe essere reinvestito per personalizzare la didattica, investire nella comunicazione con studenti e famiglie o, semplicemente, ottenere un miglior equilibrio lavoro-vita.

Prima Internet, poi Wikipedia, ora l’Ia: l’innovazione tecnologica non è il demone da cui la scuola deve mettere in guardia gli studenti. Semmai, per crescere i nuovi cittadini del mondo, la scuola dovrà insegnare un uso consapevole degli strumenti di GenIa. Il sistema scolastico italiano dovrà integrare la GenIa nei patti di fiducia tra scuole e famiglie, stabilendo linee guida condivise, puntando su percorsi di formazione per docenti e studenti e nuove modalità di valutazione capaci di ricostruire la fiducia. Per guidare questo percorso, servono il sostegno delle istituzioni e, soprattutto, ricerca indipendente, per avere evidenze empiriche con cui valutare il vero impatto a lungo termine della GenIa.

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