A due giorni dal Giorno della memoria, è utile fare il punto su quanto i temi dell’antisemitismo, delle pulsioni razziste e dei rigurgiti anti immigrati siano presenti nelle viscere della società. La memoria non solo va curata e mantenuta sempre viva, ma vanno scandagliate le pulsioni anti umane, che macinano consensi o permangono nel sottofondo dell’immaginario e dei comportamenti di parte della popolazione.

Antisemitismo

Possiamo partire dall’antisemitismo. Per il 56 per cento degli italiani è ancora presente nelle profondità italiche un sentimento antisemita. Sono in crescita, inoltre, le posizioni giustificazioniste rispetto a fatti o atteggiamenti razzisti. Siamo passati dal 29 per cento di italiani che, nel 2021, a vario titolo scusavano determinate forme di discriminazione e razzismo (contro alcune etnie, religioni, orientamenti sessuali), al 35 per cento del 2022.

Non solo, ancora oggi il 43 per cento del paese ritiene che le persone non siano tutte uguali e che ci siano differenze di “razza”.  Una convinzione che aleggia maggiormente tra i baby boomer (46 per cento), i residenti nel nord ovest (47 per cento) e in centro Italia (50 per cento), mentre è più flebile (anche se sempre presente) tra i giovani Millennial e Generazione Z (32 per cento, ovvero 14 punti in meno rispetto agli adulti).

All’interno di questo alveolo concettuale, ritroviamo anche il 31 per cento di persone che affermano chiaramente e senza mezzi termini la loro preferenza verso una società composta esclusivamente da persone della stessa etnia e dello stesso colore della pelle. Un tema maggiormente avvertito nel nord est (36 per cento) e nel ceto medio (33 per cento).

Migranti

Allo stesso tempo, nonostante l’attenzione mediale e dell’agenda politica si sia concentrata in questi anni su pandemia, guerra russo-ucraina, inflazione, caro bollette e caro vita, le pulsioni anti immigratorie permangono ben vivide nella società.

Il 40 per cento degli italiani prova un conclamato fastidio verso i migranti. Il 62 per cento è assolutamente determinato sul fatto che il nostro paese non possa accogliere le persone che arrivano sulle nostre coste.  A mostrare dinamiche meno accoglienti sono, soprattutto, gli over 40 anni, con percentuali oltre il 65 per cento (tra gli under 30 anni il dato scende al 52 per cento).

Le maggiori spinte serranti le incontriamo nel nord ovest e nel nord est (rispettivamente al 66 e 65 per cento), nelle città medie (67 per cento, mentre nelle realtà metropolitane il dato scende al 55 per cento), nelle periferie urbane (62 per cento), come nei quartieri centrali e benestanti delle città (67 per cento). Le forme di fastidio verso l’immigrazione coinvolgono sia il ceto medio (65 per cento) sia i ceti popolari (59 per cento).

Maggiormente contrariati dai migranti risultano i liberi professionisti e i piccoli imprenditori (al 63 e 77 per cento), seguiti dagli operai (54 per cento) e dai disoccupati (49 per cento). Tra credenti e non credenti, le maggiori avversioni verso i migranti le ritroviamo tra i cattolici non osservanti (75 per cento) e tra i cattolici osservanti (60 per cento), rispetto ad atei e agnostici (51 per cento).

Il tema immigrazione è un nervo scoperto nell’opinione pubblica nazionale e il sopravanzare di altri temi nell’agenda politica e mediale, non cancella le forme di fastidio, di mixofobia che permangono nelle viscere della società. I rigurgiti razzisti non solo non vanno mai e poi mai giustificati, ma devono essere scandagliati con attenzione per cogliere le radici che li alimentano.

La crescita delle spinte xenofobe nel ceto medio e il loro permanere nei ceti popolari, mostra la relazione esistente con i processi di crisi sociale e di decetomedizzazione. Il diritto alla casa, al lavoro, al posto in un asilo, a una vita dignitosa, non sono più solo dei diritti sociali universali, per tutti, ma «vengono pervertiti e trasformati – come afferma il filosofo francese Étienne Balibar – in questioni di privilegi, che si dovrebbero difendere o riservare ad alcuni beneficiari naturali», gli italiani.

La polifonia delle crisi in cui stiamo galleggiando, sta rafforzando l’insediarsi di un razzismo di crisi. Gli smottamenti economici, la precarizzazione del lavoro e la destabilizzazione delle esistenze, così come l’ascensore sociale bloccato, alimentano le ricerche di ancoraggi identitari fondati sulla primazia degli italiani e sulle subculture xenofobe e razziste.

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