«La teniamo. Per il rotto della cuffia ma la teniamo». Nel Pd la convinzione che alla fine Firenze resisterà all’assalto della destra ancora c’è. A giugno, in concomitanza con le europee, i cittadini del capoluogo toscano dovranno votare anche per le comunali.

La città è storicamente nelle mani del centrosinistra ma quest’anno, per la prima volta dopo anni, c’è il rischio che si vada al ballottaggio. Certo, qualcuno segnala che l’ultima volta che è accaduto, il candidato sindaco vincitore era colui che poi ha scalato il Partito democratico: Matteo Renzi.

Ma proprio l’ex premier, oggi potrebbe mettere in difficoltà i suoi ex compagni di partito. Al momento Italia viva si presenta con una propria candidata Stefania Saccardi. Il Pd punta invece su Sara Funaro.

Il bacino di voti dei renziani è sì più ampio a Firenze che nel resto d’Italia – alle ultime elezioni politiche il Terzo polo ha raccolto il 13,4 per cento – ma l’elettorato di Iv è formato più da ex elettori dem che delusi di Forza Italia. Se anche Renzi desse indicazione di votare il candidato della destra al secondo turno, pochi sarebbero disposti a non scegliere il centrosinistra.

«Al massimo restano a casa. Renzi può contare sul voto d’opinione nel resto d’Italia, qui è un po’ più difficile» spiega chi conosce bene le dinamiche politiche della città. O almeno, queste sono le aspettative: le ultime stime vedono all’orizzonte una buona performance di Funaro, intorno al 46-47 per cento, che poi, secondo le previsioni, dovrebbe ottenere, grazie a una polarizzazione progressiva, i voti sufficienti per la vittoria al secondo turno.

Ma tutti sono consapevoli che la partita cittadina è l’inizio di qualcosa di più grande. A giugno si vota anche a Prato, dove la destra ha ottime possibilità di vincere. Sarebbe un presagio funesto per la sinistra, già molto preoccupata dalle regionali del 2025. Correrà ancora Eugenio Giani, ma se Prato cadesse in mano alla destra il candidato Gianni Cenni è già considerato un avversario temibile.

A Firenze, invece, la maggioranza di governo non ha ancora ufficializzato la candidatura dell’ex sovrintendente degli Uffizi, Eike Schmidt. Scelto anni fa dalla sinistra, sarebbe disponibile a correre ed è riconosciuto, anche a sinistra, come il miglior candidato che la destra abbia mai schierato a Firenze. Al momento, c’è ancora l’ombra dell’ineleggibilità, il suo attuale ruolo di direttore generale del museo e Real bosco di Capodimonte gli impedirebbe di correre per la carica di sindaco. Ma a destra sono fiduciosi che si trovi il cavillo giudiziario giusto per lanciare la corsa (aspettativa non retribuita?).

Contesto paradossale

Il contesto in cui va in scena la campagna elettorale fiorentina è paradossale. Il Pd è spaccato in tre, con due fazioni – inclusa quella schleiniana, guidata da Emiliano Fossi, deputato e segretario regionale – che hanno sostenuto Funaro. Quella legata all’assessora Cecilia Del Re, che ha lasciato il partito in polemica dopo che al Nazareno hanno messo una pietra tombale sulla prospettiva di organizzare delle primarie, attualmente dialoga solo con Iv e il M5s. Iv, che governa la città in coalizione con il Pd propone una candidatura alternativa ai dem: Saccardi. Anche in questo caso la ragione ufficiale è che il Pd ha negato le primarie, ma tutti sanno che Renzi vuole pesarsi e far penare Elly Schlein, alla quale pensa di sottrarre comunque almeno un 7-8 per cento.

La storia si complica ulteriormente: non solo i due profili di Funaro e Saccardi sono piuttosto sovrapponibili (entrambe hanno lavorato molto sui temi sociali) ma sono anche entrambe gemmazioni del renzismo più spinto. Che per altro è stato anche la forza trainante del primo successo del sindaco uscente Dario Nardella, fedelissimo dell’ex premier, eletto sull’onda del 40 per cento ottenuto da Renzi alle europee del 2015. Il loro rapporto si è progressivamente deteriorato e al primo cittadino viene riconosciuto il merito della rielezione nel 2019.

Ora, con il suo approccio metodico, Nardella spera di emanciparsi definitivamente dal padre politico. Quasi una tragedia classica o una catarsi freudiana, che passa per il destino di Funaro, cresciuta anche lei politicamente nella lista civica che sosteneva Renzi, ma ormai riconosciuta come candidata all’altezza anche dall’ala più radicale del Pd.

Alla sua sinistra si muovono i Cinque stelle e una sinistra oltre Avs, che invece sostiene la candidata dem, insieme per altro a Carlo Calenda, la cui presenza a sua volta, insieme all’ostilità di Avs, potrebbe dare il la a Renzi per rivolgersi a Schmidt. Anche a Firenze il «Pd fa una corte spietata ai grillini» per dirla con un renziano.

Alle ultime politiche il M5s ha sfiorato il 10 per cento (ma appare difficile che possa attrarre lo stesso numero di voti alle comunali). A meno che – e questa è la speranza dei riformisti Pd – il Movimento non decidesse di correre in autonomia al primo turno, magari con il rettore dell’università per stranieri di Siena, Tomaso Montanari, che negli ultimi mesi ha organizzato eventi e creato una rete in città.

Uno scenario in cui i dem non rischierebbero di prestare il fianco alle critiche di Renzi per una nuova alleanza giallorossa ma potrebbero comunque contare su un pacchetto di voti che verosimilmente confluirebbe sulla candidata Pd al secondo turno. Spazio per Iv nella coalizione del Pd non sembra più essercene, anche se qualcuno ci spera ancora: è complicato a questo punto per i renziani proporre una campagna elettorale di rottura con l’amministrazione uscente, ma resta da vedere quanto si dimostrerà resistente l’antico legame che unisce Iv agli ex compagni di partito dem.

Puntare su Schmidt, le cui capacità politiche sono tutte da verificare, pare già una strada fallimentare. Nonostante sia una candidatura credibile, infatti, molti indicano la sua non fiorentinità come un grosso ostacolo. «Se già Renzi veniva bullizzato perché è di Rignano sull’Arno, cosa possono pensare i fiorentini di un candidato autorevole ma che parla come le Sturmtruppen?» La battuta rimbalza già da qualche giorno a palazzo Vecchio, ma c’è anche chi sottolinea la scarsa conoscenza dello storico dell’arte dei quartieri periferici che invece Funaro ha battuto parecchio da assessora.

«Rischia di non fare il pienone neanche a destra, fuori dal centro non lo votano» commenta chi conosce bene la città. Al Pd ostentano sicurezza, sperando di non sbagliarsi. Su Schlein pende sempre l’anatema di Renzi: «Se perde Firenze il giorno dopo perde il Nazareno».

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