Mentre nel mondo i compensi degli amministratori delegati continuano a crescere, alimentando il divario tra chi sta in cima e chi lotta per arrivare a fine mese, a restare stabile e ingiusta è la distanza retributiva tra donne e uomini. Un divario che non risparmia nessun settore e che, pur tra lenti miglioramenti, continua a penalizzare le lavoratrici a tutti i livelli, in particolare nei ruoli decisionali.

Secondo l’ultima analisi di Oxfam, a livello globale gli amministratori delegati hanno visto aumentare i propri compensi del 50 per cento rispetto al 2019, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024, 56 volte di più dei salari dei lavoratori. La ricerca ha preso in esame le retribuzioni annue totali degli amministratori delegati di quasi 2mila imprese in 35 Paesi, tra cui l’Italia, che l’anno scorso hanno percepito una retribuzione superiore a 1 milione di dollari. «Anno dopo anno i compensi degli ad crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali», spiega Mikhail Maslennikov, ricercatore, analista e policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. Questo quadro diseguale si fa ancora più marcato se si osservano le differenze di genere.

Divario retributivo delle lavoratrici

Riguardo al gender pay gap in ambito aziendale, l’analisi di Oxfam condotta su 11.366 imprese in 82 Paesi mostra una lieve riduzione del divario retributivo medio tra il 2022 e il 2023, passato dal 27 per cento al 22 per cento. Nonostante ciò, le lavoratrici continuano a guadagnare come se un giorno alla settimana lavorassero gratis, rispetto ai colleghi uomini. I divari più ampi si registrano in Giappone e Corea del Sud (circa 40 per cento) e in America Latina (36 per cento, in aumento rispetto al 34 dell’anno precedente), mentre Canada, Danimarca, Irlanda e Regno Unito evidenziano divari retributivi più contenuti (circa 16 per cento). Inoltre, solo il 7 per cento delle 45.500 imprese analizzate con oltre 10 milioni di dollari di fatturato annuale ha una donna al vertice aziendale.

Parlando del caso italiano e delle disuguaglianze reddituali e retributive di genere, Maslennikov dice a Domani che per comprendere questi fenomeni è fondamentale tenere in considerazione la segregazione delle donne nel mercato del lavoro. La segregazione ha due dimensioni: verticale e orizzontale. «Quella verticale mostra l’esistenza del “soffitto di cristallo”. Questa immagine descrive bene l’ascesa più facile per gli uomini verso posizioni apicali. Le donne invece sono concentrate maggiormente nei livelli più bassi della scala gerarchica e - nell’ambito della stessa occupazione - sono sottorappresentate nei ruoli manageriali e dirigenziali». Parlando invece di segregazione orizzontale, il ricercatore fa riferimento agli stereotipi sociali di genere: «Le donne sono sovrarappresentate in specifici settori dell’economia e in mansioni a bassa retribuzione», precisa Maslennikov.

Per le donne italiane, la permanenza nel mercato del lavoro e i divari retributivi sono correlati anche ai carichi di cura e alla scelta di fare o meno dei figli. Come afferma Maslennikov: «Un elemento fondamentale in Italia del gender pay gap - che poi si trasforma in gender gap pensionistico - è riconducibile al sovraccarico di lavoro di cura. Molte lavoratrici, quasi il 20 per cento, lasciano il lavoro o lo interrompono se hanno un figlio. Quando rientrano, se ci riescono, lo fanno con contratti part-time o a bassa intensità del lavoro. Di conseguenza si trovano spesso nella condizione di non poter accettare incarichi impegnativi, maturano forti ritardi nello sviluppo di robusti percorsi di carriera e si inseriscono in un’organizzazione del lavoro che risente profondamente dei tempi di lavoro maschile».

Direttiva equilibrio di genere

Per consentire una rappresentanza di genere più equilibrata nei consigli delle società quotate in tutti gli Stati membri dell’Unione europea nell’ottobre 2022 il Consiglio ha adottato una direttiva. Con la nuova normativa, entro il 2026 le società quotate dovrebbero garantire che le donne occupino almeno il 40 per cento dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi.

Sebbene la presenza femminile nei consigli di amministrazione sia in crescita grazie a quote e obblighi normativi, le posizioni decisionali - quelle in cui si prendono le scelte strategiche e si determinano i budget - sono quasi totalmente in mano agli uomini e anche la parità retributiva resta lontana.

«Non bisogna normalizzare le persistenti disparità considerandole come un fenomeno casuale e ineluttabile. Le disuguaglianze sono il risultato di scelte o a volte non scelte della politica che hanno prodotto negli ultimi decenni profondissimi mutamenti nella distribuzione di risorse, dotazioni, opportunità e anche potere fra gli individui. È importante ridisegnare l’organizzazione del lavoro perché le donne non restino penalizzate», conclude Maslennikov.

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