Il partito di Matteo Salvini mira a eliminare il parere vincolante delle soprintendenze sui vincoli paesaggistici. A gennaio il ministro della Cultura ha fermato un emendamento in quel senso, ma la Lega è ripartita al Senato. Obiettivo: semplificare la vita agli amministratori veneti
Il senso della Lega per le soprintendenze. Una passione che nasce dal territorio, e che il Carroccio porta avanti con costanza da diverso tempo: i leghisti hanno intenzione di eliminare il parere vincolante delle soprintendenze sui vincoli paesaggistici. E ci stanno provando a più riprese: prima con un emendamento del deputato Gianangelo Bof, di fede zaiana, al dl Cultura, poi di nuovo al Senato.
L’emendamento di Bof, sindaco di Tarzo per due mandati (e per un terzo vicesindaco) eletto con percentuali bulgare nella profonda provincia trevigiana, è stato accantonato in seguito a un mesto parere negativo del governo, rappresentato in commissione dal ministro meloniano Alessandro Giuli.
Ma i leghisti non si sono persi d’animo e hanno riproposto esattamente lo stesso testo al Senato, stavolta come disegno di legge d’iniziativa parlamentare: primo firmatario è nientemeno che il presidente della settima commissione di palazzo Madama, Roberto Marti. Presentato il 5 febbraio pochi giorni dopo l’affossamento dell’emendamento Bof, l’esame è iniziato il 29 aprile e la prosecuzione è già in programma per la prossima settimana. Ma per non lasciare nulla al caso, i leghisti – che pure al ministero hanno una donna a L’Avana, la sottosegretaria Lucia Borgonzoni – si sono tutelati ulteriormente, scegliendo come relatore Andrea Paganella, che non è un senatore qualsiasi, ma è stato il braccio destro di Matteo Salvini nel momento in cui la Lega decollava dentro il governo Conte I arrivando a toccare consensi record di oltre il 30 per cento.
Le opposizioni non hanno perso tempo e segnalano l’insistenza della Lega: «Quello che riuscimmo a fermare allora, oggi lo stanno riproponendo con una faccia nuova, ma la stessa pericolosa logica. Il rischio che corriamo è quello di veder calpestato il nostro paesaggio, un bene comune che appartiene a tutti noi e alle generazioni future. Non possiamo permettere che l'Italia venga trasformata in un gigantesco parcheggio per gli affari privati» dice Laura Orrico, deputata M5s in commissione Cultura.
Nonostante i leghisti si affannino a ribadire che non hanno intenzione di togliere di mezzo le soprintendenze, che «hanno un ruolo importante» concede Bof, per i leghisti – soprattutto quelli veneti e lombardi – «ridimensionarle per alcune fattispecie minori» (sempre Bof) è una priorità.
I casi
Per capirne la ragione, basta guardare meglio alla situazione di Veneto e Lombardia, ancora feudi leghisti (anche se è una condizione che per ragioni di equilibri di coalizione potrebbe cambiare dopo le prossime elezioni regionali). Nella regione governata da Luca Zaia, in particolare, si conta il maggior numero di vincoli posti dalle soprintendenze, 1.148. Un tema che il presidente sta cercando di sollevare da tempo: già nel 2022 l’aveva fatto presente all’allora ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che aveva prontamente risposto alla chiamata: «Abbiamo il dovere di tutelare il paesaggio e i suoi beni, ma anche il dovere di agire e cioè garantire la modernizzazione del paese. Perché i cittadini devono sapere cosa possono e cosa non possono fare» aveva detto durante la sua prima visita a Venezia.
Sono tanti i casi in cui gli amministratori leghisti giocano un ruolo da protagonisti, uno riguarda perfino lo stesso deputato Bof: da sindaco, difende il progetto dei Cortili Frattali, vincitore di un finanziamento Pnrr da oltre un milione e mezzo di euro. L’iniziativa ha provocato polemiche fino in regione, dove il Pd insiste sull’opportunità di realizzare una struttura invasiva – un «luna park» lo definisce il consigliere regionale Andrea Zanoni – in un sito europeo di tutela ambientale. Per Bof i detrattori «non sanno di cosa stanno parlando» e comunque «ogni intervento sarà eseguito una volta ottenuti i pareri di soprintendenza, genio civile e tutti gli enti proposti». Meglio ancora, però, se il parere non fosse vincolante.
Ma il testo potrebbe cambiare le cose anche a Padova: il Mattino si è già occupato di mettere in fila le modifiche che implicherebbe l’applicazione, per esempio quella al vincolo apposto recentemente al castello del Catajo a Battaglia Terme, che nel 2017 aveva mandato a monte l’investimento di una società immobiliare che aveva intenzione di costruire un centro commerciale nei pressi dell’edificio storico.
Mettere il cappello su questo provvedimento è importante per Salvini anche dalla prospettiva lombarda. A settembre infatti scatterà il vincolo sul secondo anello dello stadio San Siro, che renderà impossibile l’abbattimento della vecchia struttura: di nuovo, di fronte a un parere non vincolante, si guadagnerebbe tempo per consentire l’esito che la politica in maniera trasversale, ma anche le due squadre che usufruiscono della struttura auspicano, cioè la realizzazione di un nuovo stadio in uno spazio ceduto a un prezzo irrisorio dopo la pubblicazione di un bando andato deserto.
Insomma, il gioco vale tutta la candela per la Lega. Resta da vedere se anche stavolta il governo – o meglio, il meloniano Giuli – scenda in campo in prima persona per bloccare le mire del Carroccio.
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