Dichiarazione su dichiarazione, la terra trema sempre di più sotto i piedi di Matteo Salvini: dopo Massimiliano Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Gianmarco Centinaio e Riccardo Molinari, ora è arrivato anche il governatore del Veneto, il Doge Luca Zaia, a dire che non voterà il generale Roberto Vannacci. Candidato in tutti i collegi ma capolista al Centro e al Sud, Vannacci doveva essere l’arma segreta del segretario per recuperare un prezioso un per cento, rischia invece di essere il colpo di grazia alla “Lega per Salvini premier”.

Come sempre guardingo, Zaia ha aspettato che altri big affondassero l’iniziativa individuale del segretario e solo dopo ha assestato il colpo. Del resto, fonti interne alla Lega chiariscono come quella di Vannacci sia stata «una scelta imposta da Salvini prima del consiglio federale, umiliandolo». Dunque, qualcosa di cui il segretario verrà ritenuto il diretto responsabile in caso di esito negativo.

Mentre tutto sembra franargli intorno, Salvini non può fare altro che proseguire dritto a tutta velocità e la linea ufficiale che trapela dall’entourage del segretario della Lega è lapidaria: «Ottimo clima di grande fiducia». Intanto, però ,sulla linea Milano-Venezia già si stanno organizzando gli equilibri per un inevitabile post-europee che significherà quasi certamente post-Salvini. L’accordo è di lasciare che il segretario si consumi, facendogli il vuoto intorno: nessuno vuole lasciare le sue impronte digitali sull’affossamento del leader, meglio far emergere la sua ormai inadeguatezza da un fatto concludente come il tracollo alle urne.

Zaia è pronto

In quest’ottica, il nome ormai pronto sul tavolo è quello di Luca Zaia. Il governatore veneto ha rifiutato l’offerta (che a un certo punto era suonata quasi come un ordine) di candidarsi alle elezioni europee, ben sapendo che i suoi voti avrebbero contribuito a tenere a galla Salvini ma il leader non avrebbe potuto offrirgli nulla più di un posto da europarlamentare di fila.

Così alla fine ha deciso di rimanere alla guida del Veneto, anche se a settembre del 2025 – ma lui spera di proseguire ancora per qualche mese, per poter inaugurare le olimpiadi Milano-Cortina – la sua esperienza a palazzo Balbi dovrà chiudersi. E il suo passo successivo sarà quello verso via Bellerio, con l’ambizione di chiudere definitivamente col sogno espansivo del partito nazionale e ritornare alla Lega delle origini: laica, autonomista, rivolta ai piccoli imprenditori.

Unica incognita sulla sua strada potrebbe essere, paradossalmente, proprio la sua provenienza: la Lega lombarda è sempre stata la guida del partito e lui sarebbe il primo esponente della Liga veneta a prenderne le redini. Un passaggio culturale non da poco, che solo fino a qualche tempo fa avrebbe incontrato il veto o quantomeno il fastidio dei lumbàrd. Ora, invece, «anche la Lombardia lo applaudirebbe, anche perché Zaia gode di grande consenso anche fuori dal Veneto», assicura Paolo Grimoldi, ex deputato lombardo da tempo molto critico nei confronti del segretario ma fermo nella volontà di rimanere nel partito «per salvarlo e ritornare alla Lega che vuole abolire la riforma Fornero e non costruire tra quarant’anni il ponte di Messina». Neanche a dirlo, è estremamente critico nei confronti della candidatura di Vannacci, che «nella migliore delle ipotesi lascerà indifferenti i nostri elettori storici, che hanno sempre creduto nella meritocrazia e non nel candidato esterno».

Del resto, una rilevazione interna ha mostrato un dato inequivocabile: nella classifica di gradimento, Salvini galleggia in settima posizione. Alla guida c’è Zaia con Fedriga a poche misure, sotto c’è il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, poi i capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo. Nell’ultimo sondaggio Demos per Repubblica, Zaia viene promosso dal 45 per cento dei votanti, Salvini dal 27.

Ecco pronta la trappola, quindi: se la Lega scenderà sotto l’8 per cento, magari anche superata da Forza Italia, Salvini non potrà fare altro che trarre le sue conclusioni. «Non una trappola, una naturale conseguenza», contesta una fonte veneta. Tanto più se la mossa Vannacci si dimostrerà inutile come credono molti leghisti, e sul terreno rimarranno solo macerie.

Nel mirino delle scelte sbagliate di Salvini, infatti, non è entrato solo il generale ma anche Aldo Patriciello, europarlamentare uscente e mr. Preferenze al sud, ma con un passato di cinque anni a sostegno dell’odiata Ursula von der Leyen, già ex Forza Italia e oggi tassello del patto tra Lega e Udc. La vulgata tra i militanti è che nessuno dei due candidati spuri rappresenti un vero seggio in più per la Lega: una volta eletti, facilmente troveranno casa altrove e Vannacci lavorerà a un nuovo partito.

La congiura dei dirigenti, dunque, si consumerà al fuoco allegro della campagna elettorale. Dopo, Zaia è pronto ad essere il nuovo leader per ritornare alla vecchia Lega.

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