Ha tentennato fino all’ultimo, forse per alzare la posta in gioco, ma alla fine il generale Roberto Vannacci ha accolto l’invito di Matteo Salvini a candidarsi alle europee nelle liste della Lega. L’obiettivo è la salvezza della sua segreteria e la vittoria nel confronto con Forza Italia, per il leader sempre più in affanno dal punto di vista elettorale. Anche a costo di puntare su un nome che è risultato divisivo anche all’interno del suo partito e che ha suscitato la rivolta interna soprattutto al nord, con le prese di distanze del governatore friulano Massimiliano Fedriga e del senatore Gianmarco Centinaio. «Malumori? Sono problemi loro», ha liquidato tutto Vannacci, che intende rimanere libero da vincoli partitici.

Fratelli d’Italia

Anche sul fronte della coalizione, con la candidatura di Vannacci Salvini gioca sul filo dello sgarbo tra buoni alleati. Il generale, infatti, si è guadagnato la notorietà con la pubblicazione del libro Il mondo al contrario, che ha provocato uno scontro tra lui – generale dell’esercito – e il ministro della Difesa in quota Fratelli d’Italia, Guido Crosetto. Non a caso, proprio il ministro è stato l’unico a commentare con sarcasmo la scelta, definendola un «win-win. Per lui, per la Lega e per l’esercito». Tradotto: quella di Vannacci non sarà poi una gran perdita per il corpo militare a cui ha creato tanti imbarazzi. 

Immediata la risposta del vice di Salvini, Davide Crippa, in difesa del candidato: «Si candidi anche Crosetto, anche quello sarebbe un win-win». Il generale, serafico, ha invece chiarito che rimarrà un problema per la difesa, perchè non ha intenzione di lasciare la divisa: «Se eletto dovrò scegliere se lasciare o mettermi in aspettativa. Qualora non venissi eletto ho la possibilità di tornare attivamente nell’esercito». 

Così la candidatura rimane uno sgarbo a FdI e a uno dei suoi rappresentanti più importanti. Inoltre – e questo è l’elemento che più infastidisce il partito della premier – è innegabile che la mossa serva a insidiare un elettorato estremo che naturalmente guarda a Giorgia Meloni. Secondo sondaggi mai resi pubblici ma noti sia al centrodestra che allo stesso generale, se Vannacci si fosse candidato in autonomia avrebbe potuto aspirare a un 3 per cento. Una sopravvalutazione forse che verrà ridimensionata dall’adesione a un partito, pur se da candidato indipendente. Tuttavia, le quotazioni del bestsellerista in tuta mimetica sono alte e, nella speranza di Salvini, serviranno a portare la Lega dall’8 per cento alla doppia cifra. Auspicabilmente erodendo qualche punto percentuale a FdI.

Dentro a via della Scrofa la questione è monitorata da mesi: c’è la consapevolezza che un effetto Vannacci possa esserci, ma il partito punta tutto sull’attesa discesa in campo di Meloni. La candidatura della premier dovrebbe imporsi sulla scena, togliendo ossigeno alle candidature contrapposte che sperano di pescare nell’elettorato storico di destra.

Forza Italia

Quanto a Forza Italia, fonti interne si dicono «indifferenti» rispetto alla candidatura di Vannacci, «con cui non abbiamo nulla a che fare o da condividere». Il militare, infatti, fa proseliti in mondi lontani dal liberalismo moderato che vorrebbe essere la cifra di Antonio Tajani. Forza Italia ha scelto da mesi la linea della non contrapposizione con i due alleati di destra e continua a ripetere che il suo spazio elettorale è quello «tra Fratelli d’Italia e il Pd».

Eppure, al netto delle distanze ideologiche, l’effetto Vannacci può nuocere a Forza Italia anche senza toglierle direttamente voti. Sopravvissuto alla morte del fondatore Silvio Berlusconi e stabilizzato sull’8 per cento, FI ora punta alla doppia cifra ma il vero obiettivo è quello di superare la Lega e diventare il secondo partito della coalizione. Anche per questo Tajani ha deciso di correre in prima persona, ha abbracciato Letizia Moratti al Nord-Ovest e in Veneto il coriaceo Flavio Tosi sta facendo campagna acquisti in competizione con la Liga e Luca Zaia.

L’obiettivo, però, rischia di sfumare proprio a causa della candidatura di Vannacci, che potrebbe permettere alla Lega quel balzo in avanti necessario a vincere il derby per il secondo posto. FdI e FI, tuttavia, condividono una scelta tattica: silenzio per non offrire ulteriore spazio mediatico al generale, che sulla polemica ha costruito il suo appeal elettorale.

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