Prima lo scarto in avanti, poi il passo indietro. È questo il tenore dei rapporti tra Fratelli d’Italia e Lega ormai, e lo sarà fino alle europee, facendo fibrillare i lavori d’aula. L’ultima scaramuccia è stata portata avanti addirittura dal capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, e su un tema su cui la premier è poco disposta a scherzare come la strategia sulla guerra in Ucraina.

Romeo ha presentato un ordine del giorno al decreto legge sulla proroga dell’invio di armi per impegnare il governo a una «concreta e tempestiva iniziativa volta a sviluppare un percorso diplomatico, al fine di perseguire una rapida soluzione del conflitto» in Ucraina.

Col risultato di accendere la mattinata in un Senato sonnacchioso, visto che la giornata ha avuto al centro il “premier time” alla Camera con Giorgia Meloni. In poche ore il Movimento 5 stelle ha cavalcato l’iniziativa sottoscrivendo l’odg e in altrettanto poco dalla Lega è arrivato l’inevitabile passo indietro: il governo sta lavorando a una riformulazione e Romeo si è detto favorevole, confermando che il suo partito voterà il decreto della difesa.

«La Lega non vuole disimpegni, ma vuole rafforzare l’azione diplomatica», è la versione ufficiale del partito di Matteo Salvini, ma la mossa inconsulta non può aver certo giovato ai rapporti tra alleati. Per fortuna allora forse il vertice previsto per mercoledì, a cui anche Romeo come capogruppo avrebbe dovuto prendere parte, è slittato alla settimana prossima.

In quella sede si discuteranno gli emendamenti alla legge costituzionale sul premierato, il cui termine per la presentazione è slittato ancora: dal 31 gennaio al 5 febbraio.

Portata a casa l’autonomia, a palazzo Madama si procede con la riforma “gemella” del disegno di legge costituzionale Casellati, ormai ribattezzato «madre di tutte le riforme», come lo ha definito Meloni. Un testo delicatissimo e fragile, azzoppato dalle critiche di buona parte dei costituzionalisti anche del centrodestra – quelle dell’ex consigliere di Silvio Berlusconi, Gianni Letta, ma anche del senatore di FdI Marcello Pera – e che sarà oggetto di un pacchetto di modifiche concordate.

Obiettivo: procedere in modo ordinato in commissione Affari costituzionali, di cui tiene le redini il meloniano Alberto Balboni, con una serie di correzioni mirate e blindatissime, per evitare pasticci. Il presidente ha lavorato proprio con Pera per stendere «pochi interventi mirati e selettivi», ha detto, per dare risposte alle criticità che sono state segnalate da molti auditi in commissione: «Il premio di maggioranza al 55 per cento, il limite ai mandati, il secondo premier».

Non proprio modifiche da poco, in realtà, ma elementi sostanziali che – se accolti dagli alleati – andrebbero a modificare in modo significativo il testo Casellati.

Modifiche al premierato

Quella ormai quasi certa e condivisa dalle forze di centrodestra è quella di togliere il premio di maggioranza dal testo costituzionale. Come anche Pera (che era in lizza per presiedere l’ipotetica commissione bicamerale proprio sulla riforma costituzionale) aveva fatto notare, inserire quel 55 per cento nella Carta rischia di contravvenire a due sentenze costituzionali visto che non viene indicata anche la soglia di rappresentanza minima per ottenerlo. Inoltre questo cementificherebbe un sistema elettorale di tipo maggioritario, cosa che invece di norma viene contenuto in una legge ordinaria che stabilisce le regole elettorali.

«La sua rimozione dal testo costituzionale sarebbe positiva», spiega a Domani Andrea Pugiotto, costituzionalista dell’università di Ferrara e di orientamento critico rispetto alla riforma, ma «il problema, tuttavia, slitta nella legge elettorale. Dove – come insegna la Consulta – un eventuale premio alla minoranza più grande andrà condizionato a una ragionevole soglia di voti, tale da salvaguardare le opposte esigenze di rappresentatività e di governabilità».

In realtà, la tesi delle possibili contraddizioni con la giurisprudenza della Consulta non è condiviso da tutti i costituzionalisti. «Il punto delicato è quello di scongiurare l’esperienza di premierato in Israele, fallita perché la legge elettorale proporzionale non assicurava la maggioranza al premier, che era legittimato personalmente ma non aveva un sostegno parlamentare stabile e doveva cercarlo di volta in volta. Un rischio enorme, che spiega il tentativo italiano di una garanzia costituzionale della maggioranza», spiega invece il costituzionalista Giovanni Guzzetta, ordinario di diritto pubblico a Roma Tor Vergata, secondo cui «dal punto di vista prettamente tecnico, se l’obiettivo politico è quello di stabilizzare il sistema, il testo Casellati, anche se è migliorabile, può reggere».

Più complesso, invece, l’eventualità a cui sta lavorando FdI di introdurre il simul simul (la mancata fiducia al premier fa cadere anche il parlamento) ed escludere la possibilità di un secondo premier senza sciogliere le camere, scelto nella stessa maggioranza di quello sfiduciato. Anche su questo tema i tecnici vedono opposti rischi e benefici.

«Il simul simul è più coerente con la legittimazione diretta del premier, ma ingessa come non mai la forma di governo perché terrebbe perennemente sotto scacco sia il parlamento che gli alleati di governo», è il parere di Pugiotto. La scelta della possibilità del secondo premier, che da Pera è stata definita una «dittatura del secondo», è invece percorribile secondo Guzzetta: «È originale ma non eccentrica, perché prevede che il secondo premier accetti le dichiarazioni programmatiche del primo. Impone continuità politica e perciò difficile da pronunciare per l’opposizione. quindi è un modo di assicurare flessibilità mantenendo però una unità di indirizzo politico».

Il dato politico è che la Lega è orientata a mantenere la formulazione Casellati, FdI spingerebbe per una modifica. La sintesi andrà trovata ma, come fanno notare fonti di maggioranza, in caso di impasse è più facile che si rimanga con il testo iniziale approvato in consiglio dei ministri e approvato in commissione come testo base. In ogni caso, l’iter della riforma costituzionale arriva nella fase saliente, con il centrodestra chiamato a scoprire le carte.

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