Giorgia Meloni è alla ricerca di un nuovo bardo che guidi la Rai sovranista. Il suo uomo a viale Mazzini potrebbe non essere più Giampaolo Rossi, che pure per anni ha curato gli interessi del partito e della premier nel servizio pubblico.

Il tempo stringe, anche se per le ultime decisioni sulla nuova composizione dei vertici di viale Mazzini ci sarà da aspettare l’esito delle elezioni europee, che potrebbe per esempio incidere pesantemente sulla poltrona della presidenza, attualmente contesa tra Forza Italia – che vi vede già seduta Simona Agnes – e la Lega. Saranno i numeri a fare la differenza. Per quanto riguarda Fratelli d’Italia, dal partito e dall’azienda confermano che la questione è in alto mare. Qualcuno fa notare però che Gian Marco Chiocci – scelto personalmente dalla premier per guidare il Tg1 a danno di uno storico direttore interno d’area come Nicola Rao – alla stregua di Arianna Meloni, è un soldato di partito. La sua disponibilità per fare il dg sarebbe già stata sondata, inutilmente, ma se a un certo punto l’indicazione di ricoprire il ruolo dovesse arrivare in maniera indiscutibile da via della Scrofa, difficilmente si sottrarrebbe alla richiesta.

Simpatie trasversali

Combinato con la permanenza di Roberto Sergio come amministratore delegato, sarebbe uno sviluppo che accontenterebbe diversi giocatori nell’agone politico. L’uscita di scena di Rossi non dispiacerebbe agli altri partiti, in particolare alla Lega, ma il fatto che Chiocci possa lasciare il timone del Tg1 per prendere il posto dell’ideologo meloniano che già all’università gestiva gli approfondimenti culturali organizzati dalla sezione di Colle Oppio sul pantheon della destra non incontrerebbe ostacoli neanche dalle parti del Quirinale.

Chi conosce bene le modalità con cui si muove il Colle, fa notare che durante i due mandati di Sergio Mattarella la presidenza si è tenuta ben lontana da eventuali interventi su viale Mazzini. Ma conferma anche che al Colle è arrivata la segnalazione di alcune scelte irrituali per quanto riguarda la copertura del Quirinale da parte del Tg1 di Chiocci. Il discorso di fine anno è rimasto in apertura soltanto nelle prime due edizioni del 1° gennaio, mentre su Tg2 fino all’edizione delle 20.30 e sul Tg3 fino a quella notturna. Nessuna ragione di intervenire, ovviamente, ma non è un segreto che al Quirinale si è abituati a una direzione più attenta ai movimenti della presidenza. Nei corridoi della Rai ne viene citata una su tutte, quella di Monica Maggioni, attualmente alla guida della direzione offerta informativa e conduttrice di In mezz’ora dopo l’addio di Lucia Annunziata: l’ultima direttrice del Tg1 prima di Chiocci viene descritta come felice degli ascolti che stanno risalendo e pronta a raccontare un anno pieno di avvenimenti internazionali di peso, come le elezioni americane. Gli esteri sono il servizio d’elezione di Maggioni, ma è vero anche che il Tg1 è un notiziario che non può essere affidato a chiunque, se davvero il fedelissimo di Meloni Chiocci dovesse essere ridestinato ad altre mansioni.

A valle di un primo semestre di risultati non eccellenti, Meloni sarebbe dunque alla ricerca di un altro nome che possa sostituire Sergio o affiancarlo come direttore generale. Per Rossi si starebbero invece vagliando altre strade: una collocazione al posto di Luciano Violante a capo della Fondazione Leonardo era un’opzione più che verosimile ma sarebbe ormai sfumata. Anche in termini di amministrazione della cultura, la mancanza di classe dirigente di FdI sarebbe tornata un limite pesante: i nomi da spendere sono sempre stati pochi, tanti già collocati nelle posizioni di rilievo. Resta però improbabile che la premier decida di affidarsi a un nome fuori dal giro della sua fiducia più stretta, che anche in Rai investe ormai pochissimi, nonostante l’estrazione culturale comune. Tutti considerano invece ormai calante la stella di Giampaolo Rossi. Sempre pronto al sacrificio per il partito, tre anni fa aveva dovuto subire la bocciatura della sua candidatura come membro del Cda, affossato da Forza Italia e dalla Lega. La poltrona da amministratore delegato in arrivo a giugno di quest’anno doveva essere il suo grande riscatto dopo che era sfumato il ministero della Cultura, ma adesso – si sussurra nel partito – Meloni e in parte anche Rossi stesso non sarebbero più certi che sia il caso di procedere con il piano originario per viale Mazzini.

Anche perché l’ad in carica, Sergio, si è giocato il suo anno di incarico pro tempore meglio delle aspettative e secondo le più classiche regole della scuola democristiana, curando i rapporti con tutti i partiti e sfruttando quello con Fiorello per diventare un personaggio dei suoi stessi palinsesti, o agendo in autonomia per tenere in Rai Corrado Augias: il manager arriva alla scadenza del consiglio di amministrazione con la simpatia di tutto l’arco parlamentare e dopo essersi creato un volto pubblico, oltre a una rete di relazioni in azienda. Chissà che il romanista non riesca a stringere un legame perfino con il laziale Chiocci.

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