Nei corridoi del Tg2 si rimpiange Gennaro Sangiuliano. Strano ma vero. La ragione è il carattere di Antonio Preziosi. O meglio, la sua mancanza di carattere. Il direttore nato a Taranto nel 1967 ha preso il timone del telegiornale che condusse anche Piero Angela in estate, con la prima batteria di nomine della Rai meloniana, e non sembra essere all’altezza. O almeno questo è il quadro che tratteggiano i giornalisti e soprattutto lo share, che restituisce l’immagine di un telegiornale in forte sofferenza: in passato spesso testa a testa con la concorrenza del Tg5, ora il Tg2 è spesso anche 7 o 8 punti di share sotto. Nonostante la situazione problematica, però, il direttore non si è fatto problemi a proporre una lenzuolata di promozioni che ha fatto infuriare i colleghi di Preziosi.

Per capire la ragione del dissapore bisogna indagare le origini della crisi del Tg2. Secondo chi è bene informato le cause stanno in una combinazione tra mancanza di personalità del giornale, schiacciato su una linea totalmente filo Forza Italia, e una cronica mancanza di traino che colpisce soprattutto l’edizione delle 13, risalente almeno a inizio stagione, quando Tiberio Timperi ha sostituito Salvo Sottile al timone de I fatti vostri e gli ascolti (che stanno risalendo) erano diminuiti.

È anche parecchio tempo che il Tg2, pur essendo il primo ad andare in onda all’ora di pranzo, non dà uno scoop. Soffrono anche le edizioni delle 18.15 e quella delle 20.30: l’edizione serale per tutto l’autunno ha subito gli effetti della débâcle di Pino Insegno, che portava la rete a volte anche sotto il 2 percento di share, ma è messa ulteriormente in difficoltà dalla controprogrammazione interna alla Rai. In contemporanea vanno in onda su Raiuno i Cinque minuti di Bruno Vespa e Il cavallo e la torre di Marco Damilano. E i risultati si vedono: se l’edizione delle 13 riesce a mantenere 13,2 per cento, il serale crolla al 4,7 per cento (dati di venerdì 5 gennaio).

Non è un caso isolato: nell’ultima settimana lavorativa prima di Natale gli ascolti erano spesso più vicini al 4 che al 5 per cento. Una situazione drammatica, da cui Preziosi non sembra saper uscire. Indice della poca riconoscibilità del giornale è anche l’incapacità di produrre dei volti nuovi, che però perdura dai tempi di Sangiuliano, quando i conduttori dell’edizione principale avevano superato la decina, mentre in genere non sono più di quattro o cinque ad alternarsi. Difficile far affezionare i telespettatori: motivo per cui il direttore vorrebbe porre un freno all’emorragia di ascolti mettendo almeno mano alle conduzioni.

Le promozioni

Nel frattempo, per dare un colpo di reni e risollevare il morale della redazione, però, è arrivata in una mail a pochi giorni dal Natale una lunghissima lista di aumenti di merito (rarissimi in Rai) e promozioni, alcune dovute per non lasciare caselle scoperte, mentre altre sono ad personam. La ragione ufficiale sta in alcune caselle di rilievo, come quella del caporedattore della politica, scoperte da troppo tempo.

E quindi, via con quattro nomine (per adesso «richieste» si legge nella mail di Preziosi, ma che verosimilmente saranno accordate dai vertici), quasi tutte gradite alla destra. Come quella di Marina Nalesso, nota per la sua conduzione con rosario ostentato al collo e molto stimata dal ministro Sangiuliano, che prenderà la guida della segreteria di redazione. O quella di Simona Carbonari, promossa alla guida di Costume&Società. Per lei, in buoni rapporti con varie aree del parlamento, erano in ballo anche la redazione Scienza dopo che a pochi anni dalla pensione (Carbonari ha 65 anni) era stata trasferita dalla redazione della Tgr Marche. Il terzo nome non sgradito alla destra è quello di Alessandra Forte, che guiderà la redazione Scienze e multimedia ed è da tempo attiva nelle correnti sindacali di destra. Milena Pagliaro prenderà invece la guida della redazione politica: c’è già chi dice che si tratta di una nomina riparatrice per il M5s, che sperava in una vicedirezione ed è rimasto deluso.

«Le sottonomine conseguenti sono fatte col bilancino» racconta chi conosce bene la redazione. La caporedazione ad personam di Laura Berti, per esempio, dovrebbe soddisfare gli ambienti di Usigrai, mentre Manuela Moreno, al timone di Tg2 post, è da sempre molto apprezzata da Sangiuliano. I movimenti alle caporedazioni e nella gerarchia sottostante però non si esauriscono qui: a breve dovranno aprirsi almeno due job posting per ulteriori nomine, quella del caporedattore degli esteri, da dove da poco è andato via Luca Salerno, vicedirettore della Tgr in quota FdI appena annunciato, e quello della cronaca, visto che Francesco Vitale dovrebbe diventare caporedattore centrale alle dirette dipendenze del direttore. Altre due posizioni si dovrebbero aprire dopo il passaggio di Mario Scelba al Tg1: a Preziosi serviranno un altro caporedattore centrale e un caporedattore.

Una manovra dispendiosa per un’azienda i cui conti sono tutt’altro che in salute e che crea un grosso precedente agli occhi degli altri direttori di testata, che da tempo faticano a ottenere luce verde alle loro richieste dal settimo piano di viale Mazzini.

Ma il fatto di aver accontentato le richieste di Fratelli d’Italia, che ha visto un aumento di giornalisti non ostili nei posti di comando, potrebbe comunque fare la differenza nel via libera alle proposte del direttore.

Nonostante l’evidenza che di cambiamenti in meglio per il momento all’orizzonte non se ne vedano. La Tajaneide che continua ad andare in onda ogni sera non è in discussione, e i dati lo dimostrano: l’Agcom a settembre ha registrato un tempo doppio dedicato al segretario di Forza Italia rispetto a quello di copertura di Giorgia Meloni, il 14 per cento contro il 6,7. Così come la redazione potrà apprezzare le promozioni, ma il malumore per la scarsa iniziativa del direttore, che secondo qualcuno mette molta più energia nella cura del suo profilo Facebook, difficilmente scemerà: anche perché Preziosi – spesso descritto come cerimonioso e piuttosto manierato – parla poco con chi lavora al suo fianco. Il suo vicedirettore di riferimento è Alfonso Samengo, che si è portato da Rai parlamento, e al giornale lavora un uomo macchina di capacità apprezzate anche al di fuori del Tg, Carlo Pilieci. Ma il feeling con gli altri numero 2, soprattutto con Fabrizio Frullani ed Elisabetta Migliorelli, entrambi graditi a FdI, non è scattato, né il loro contributo sembra essergli per ora utile.

Un destino segnato?

Eppure, guardando all’esperienza passata di Preziosi, forse c’era da aspettarselo. Alla guida del Gr Radio, nel 2009, gli ascolti erano tutt’altro che buoni, anzi: il direttore si guadagnò il titolo di aver fatto dimezzare gli ascolti dopo aver preso il posto di Antonio Caprarica.

Uno spazio lasciato vuoto a favore, insinuava qualcuno allora, delle radio private, alcune in mano anche a Silvio Berlusconi. L’uomo a cui, si racconta in Rai, Preziosi deve tutto: una spiegazione vera solo in parte, considerato che la sua carriera decolla con la nomina a caporedattore ad personam da parte di Paolo Ruffini, che lo porta al Gr nazionale dopo appena tre anni alla Tgr di Palermo. Quel sodalizio gli apre le porte del Vaticano, che frequenta da vaticanista prima e poi anche da consultore del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali quando il papa era ancora Benedetto XVI.

Insegna anche in due università pontificie, ed è stato consigliere del Centro televisivo vaticano: c’è chi lo definisce il fratello minore e più dedito al Vaticano di Francesco Pionati, direttore del Gr e democristiano dal sapore più laico. L’attenzione alla chiesa non manca nelle sue direzioni, sia al Gr che al Tg2, ed è seconda solo a quella a Forza Italia: il suo punto di riferimento nel giro della comunicazione di Berlusconi era Roberto Gasparotti, “l’uomo della calza” del video della discesa in campo del cavaliere.

A viale Mazzini raccontano sia stato lui a introdurlo a Berlusconi, che vide con favore la sua nomina a direttore del Gr: il legame con Tajani risale invece al periodo dal 2015 al 2018 quando, dopo un anno passato «a disposizione» Preziosi è diventato corrispondente a Bruxelles. Se si chiede del suo periodo a Rai parlamento, che ha diretto fino al 2023 spesso si ottiene silenzio, o al massimo una risata. Sta di fatto che alla fine è stato lui il nome su cui Tajani ha puntato quando al tavolo della maggioranza si discuteva della spartizione degli incarichi in Rai.

E Meloni, pur di salvaguardare il “suo” Chiocci al Tg1, è stata disposta per accontentarlo a silurare Nicola Rao: il direttore interno era apprezzato nel metodo anche al di là dei confini della destra che è il suo background politico e che avrebbe dovuto portarlo addirittura al Tg1, secondo i voleri di una parte del partito. Niente da fare per lui, ma certo il suo nuovo incarico non sta dando troppa soddisfazione a Preziosi. Resta la strada, già percorsa dal suo gemello diverso Pionati, della politica. Male che vada Tajani potrebbe aiutarlo con una exit strategy d’eccezione, un posto in lista per le europee.

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