La lista della vergogna si è allungata con un’altra vittima: un operaio di 50 anni è morto nel palermitano travolto dal crollo di un muro. È l’ennesima tragedia sul lavoro che si consuma nel giorno in cui il governo sembra aver ritrovato improvvisamente la voce. E annuncia un provvedimento nei prossimi giorni con la firma della ministra Marina Elvira Calderone.

«Proviamo a lavorare tutti quanti insieme non a dividerci», ha detto Giorgia Meloni ai rappresentanti della Cgil a Cagliari, promettendo di voler estendere agli appalti privati la normativa per gli appalti pubblici «sopra una determinata soglia».

Lo choc per quanto accaduto venerdi a Firenze è forte. Così, dopo oltre un anno di immobilismo, qualcosa si intravede. Perché dall’arrivo di Meloni a palazzo Chigi non c’è traccia di un’azione per aumentare la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Anzi, si è andati nella direzione opposta. Viene ricordato, ad esempio, il tentativo di taglio del fondo di sostegno per le famiglie vittime di gravi infortuni. Un blitz poi sventato a causa delle proteste. Meno simbolico, ma altrettanto potente è lo sdoganamento dei subappalti a cascata, previsto dal codice degli appalti fortemente voluto dal leader della Lega, Matteo Salvini.

Solita strategia

Ora l’esecutivo di destra vuole seguire la solita strada battuta su altri dossier: inasprimento delle sanzioni, comprese quelle penali. Anche se il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, alla Camera ha già preannunciato il suo «no» all’introduzione del reato specifico di omicidio sul lavoro. «Abbiamo l’esperienza dell’omicidio stradale: è stata aumentata a dismisura la pena, ma gli incidenti stradali non sono affatto diminuiti. Anzi sono aumentati», ha detto in aula a Montecitorio rispondendo al question time. Il Guardasigilli ha anche bocciato l’istituzione di una procura nazionale, sollevando la protesta del Movimento 5 stelle.

«Pensare che non serva un simile intervento per fronteggiare quella che è una vera e propria emergenza nazionale significa vivere su un altro pianeta», hanno scritta in una nota la deputate Valentina Barzotti e Valentina D’Orso.

C’è un elemento ulteriore che manca: non c’è la voce del potenziamento degli investimenti sulla sicurezza. Uno dei nodi veri è la scarsa appetibilità del ruolo degli ispettori del lavoro che hanno salari inadeguati, e spesso tagliati, rispetto al compito. Devono così barcamenarsi in una condizione di difficoltà: si fa fatica a reclutare personale e chi è in servizio deve fare i conti con carichi insopportabili.

«Oggi la sicurezza sul lavoro è vista come una pratica burocratica da espletare e finora il governo non ha fatto nulla, se non favorire i subappalti. Dobbiamo interrompere la dinamica», spiega a Domani Chiara Gribaudo, deputata del Pd e presidente della commissione parlamentare degli Infortuni sul lavoro. «Parlare di formazione e prevenzione non è utile alla propaganda», insiste la parlamentare, «ma sono gli unici strumenti efficaci».

Visione assente

Fatto sta che, tra un silenzio e l’altro, manca un intervento complessivo del governo sulla prevenzione. Il nuovo pacchetto di misure, che dovrebbe finire nel prossimo Consiglio dei ministri in un decreto, è stato illustrato per titoli, mercoledì, nell’informativa dalla ministra del Lavoro Calderone.

Lunedì il provvedimento sarà discusso con sindacati e associazioni datoriali, convocate a palazzo Chigi. La ricetta è già pronta. E prevede, tra le varie cose, un aumento «delle attuali sanzioni amministrative in materia di lavoro nero e irregolare» e «ripenalizzazione delle sanzioni in materia di appalto, subappalto e somministrazione illecita».

Una delle iniziative descritte è «l’interdizione dagli appalti da due a cinque anni in caso di gravi violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, o di accertata responsabilità penale per reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro». Insomma, niente più gare per le realtà che compiono delle violazioni. Anche in questo caso, però, l’operazione è più di facciata.

L’ex ministro Andrea Orlando, oggi deputato del Pd, osserva che non è efficace. «L’eventuale sospensione o espulsione dalla dinamica delle gare pubbliche di coloro che sono stati condannati in sede penale perché questo vorrebbe dire aspettare degli anni», ha detto. Il suggerimento è di «collegare le sanzioni amministrative ad una sospensione proporzionata alla gravità dell’illecito. Se è grave ti cancello altrimenti, se è tenue ti sospendo».

E dal sindacato, il leader della Cgil, Maurizio Landini, ricorda: «Con la patente a punti (per le aziende, ndr) quello che è successo qui non sarebbe successo perché la ditta era la stessa dell’incidente avvenuto un anno fa nel cantiere Esselunga a Genova».

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