- L’accordo da 8 miliardi di dollari fra l’Eni e la National oil corporation (Noc) libica è un tassello importante della missione imminente, ma la partita energetica si intreccia con una questione di fondo: la posizione del governo italiano sul percorso verso un piano per la stabilizzazione del paese.
- L’incontro con il generale Haftar era in programma, ma è saltato all’ultimo per problemi di salute del reggente de facto dell’est del paese, non per volontà politica.
- Nel frammentato scenario libico ci sono essenzialmente due strade diplomatiche: la mediazione fra Tripoli e Haftar (sostenuta da Stati Uniti e Turchia) e il canale fra il parlamento di Tobruch e l’Alto consiglio di stato (sostenuto dall’Egitto). Non incontrando i rappresentanti di questi due organi legislativi, Meloni sceglie la prima strada.
La firma dell’accordo da 8 miliardi di dollari fra l’Eni e la National oil corporation (Noc) libica è un tassello importante dell’imminente missione di Giorgia Meloni in Libia. La presidente del Consiglio sarà infatti accompagnata dall’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, oltre che dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e da quello dell’Interno, Matteo Piantedosi. Ma quella energetica non è l’unica partita aperta, e anzi è intrecciata con una questione di fondo dalla qual



