Il testo del disegno di legge del ministro Roberto Calderoli per l’autonomia differenziata ancora non c’è, tuttavia il nervosismo è massimo.

Politicamente il dibattito si sta facendo sempre più teso: critiche di voler dividere il paese da parte delle opposzioni, minacce di querele del ministro Calderoli a chi definisce la sua riforma “spacca Italia”, il governo Meloni che sta spingendo pe un surplus di riflessione prima di portare il testo in consiglio dei ministri.

Gli alto là più decisi, però, non vengono solo dalle regioni – la maggior parte delle quali è guidata dal centrodestra che è anche al governo – ma soprattutto dai piccoli comuni. Ancora prima di aver letto la bozza, il timore è sempre lo stesso: che l’arretratezza strutturale del sud diventi ancora più profonda.

Per questo si sono appellati con una lettera al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il rappresentante dell’ultima istituzione che ancora gode di fiducia trasversale e che nel discorso di fine anno ha fatto riferimento alle differenze ancora esistenti tra nord e sud. «Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza», hanno scritto i 34 sindaci che hanno aderito all’iniziativa.

I firmatari

Capofila con 13 primi cittadini sottoscrittori è la Puglia, che è anche l’unica regione non di centrodestra, seguita da 9 siciliani, 6 calabresi, 4 della Basilicata e due del Molise.

Tuttavia, quasi tutti i sindaci – come è tipico nei paesi e nelle cittadine di poche migliaia di abitnati – provengono da esperienze civiche e considerano la politica nazionale l’ultimo dei fronti su cui ancorare la loro protesta.

L’appello, infatti, nasce soprattutto dai piccoli centri urbani dell’entroterra meridionale. «I piccoli comuni e quelli delle aree interne soffrono due volte: l’ubicazione li rende lontani dai servizi e la carenza infrastrutturale crea uno svantaggio maggiore rispetto alle zone costiere», spiega Alessandro Caiazzo, sindaco di Buccheri, un paese di 1800 abitanti nella provincia interna di Siracusa, che ricorda come anche la legge per l’istituzione delle zone franche montane in Sicilia sia ancora ferma. «Eppure paghiamo tutti le stesse tasse, anche se i servizi non sono uguali per tutti», è il ragionamento.

Le preoccupazioni maggiori su un aumento delle disuguaglianze regionali riguardano sempre gli stessi tre settori essenziali: sanità, scuola e trasporti, ovvero gli ambiti in cui la mancanza di infrastrutture condiziona più la qualità dei servizi. Il rischio dell’autonomia differenziata è quello di alimentare un circolo vizioso: «Un peggioramento ulteriore della qualità dei servizi diminuisce ancora di più la fiducia dei cittadini, che saranno ancora più restii a pagare le tasse, e tutto questo si traduce in ancora meno risorse da spendere», spiega Caiazzo, che non nasconde come in Sicilia uno dei problemi sia anche quello della difficoltà di riscossione. 

L’iniziativa della lettera a Mattarella, dunque, prescinde dal ddl Calderoli ed è un tentativo di far sentire la propria voce anche rispetto all’interlocuzione tra stato e regioni, rispetto a cui i comuni più piccoli rischiano di essere tagliati fuori.

Proprio il fatto che molti comuni firmatari siano siciliani – dunque una regione già statutariamente autonoma – è indicativo. «La nostra autonomia statutaria di fatto non ha mai funzionato ed è più un peso che un vantaggio, anche dal punto di vista fiscale. Non ci sono le condizioni materiali per applicarla», è il ragionamento di Caiazzo.

Il governo

Il governo cerca di rassicurare i territori sul fatto che non verrà lasciato indietro nessuno e l’opera di abbassamento dei toni spetta soprattutto a Fratelli d’Italia. Carolina Varchi, siciliana e responsabile del dipartimento delle Politiche per il Mezzogiorno per FdI ha detto che «Il Sud, in particolare, è e rimarrà al centro dell'agenda del governo che vuole assicurare un'equa assegnazione delle risorse in base ai fabbisogni dei territori». Eppure, l’opera di convincimento sull’equità di un testo scritto dal leghista Calderoli con l’ausilio in particolare del governatore del Veneto, Luca Zaia, non è facile. Tanto più che il ministro delle Infrastrutture leghista Matteo Salvini, da Trento, ha cominciato la giornata dichiarando che con l’autonomia «gli amministratori del sud non avranno più alibi». 

Forza Italia, che al sud governa quattro regioni, e FdI continuano a ripetere che il testo è ancora «una bozza che andrà discussa». Almeno a livello di coalizione, visto che il testo depositato a palazzo Chigi non è stato discusso nemmeno alla Conferenza Stato- Regioni e dovrebbe approdarvi solo dopo un’approvazione preliminare in consiglio dei ministri. Secondo anticipazioni, il testo dovrebbe prevedere l’istituzione di una commissione che definisca i livelli essenziali delle prestazioni ritenuti costituzionalmente da rispettare su tutto il territorio. Poi, con dpcm, si stabiliranno quali funzioni non prevedano i Lep. Infine, le competenze sulle materie indicate dal Titolo V verranno contrattate tra il governo e le giunte regionali: liberamente quelle non coperte dai Lep, mentre per quelle coperte il trasferimento di funzioni andrà definito, ma senza garanzie prestabilite dalla legge quadro sull’effettivo finanziamento. La legge, inoltre, non prevede il fondo perequativo per i territori meno ricchi.

© Riproduzione riservata