Il presidente della Repubblica rieletto, Sergio Mattarella, non ha ancora giurato e già si torna a parlare di legge elettorale. Succede sempre quando i partiti sentono che il voto si avvicina e a maggior ragione ora, dopo che la settimana di voto per il Quirinale ha lasciato in pezzi tutte le coalizioni.

Proprio alla luce della divisione che si è venuta a creare – con un centrodestra ormai esploso nelle sue contraddizioni e un asse tra Pd e Cinque stelle fragilissimo – si alzano le voci di chi chiede un sistema proporzionale. Attualmente, infatti, il cosiddetto Rosatellum ha una quota di seggi assegnati con il sistema maggioritario (il 37 per cento) e i restanti con il proporzionale.

Invece la frammentazione attuale sta portando i partiti a scommettere su un sistema che rappresenti in modo preciso la rappresentatività di ognuno in parlamento. In quella sede, poi, si cercherà di comporre l’alleanza per votare la fiducia al governo.

L’unica voce contraria, come prevedibile, viene da Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni, infatti, è quello che meno si gioverebbe di un sistema proporzionale che la inchioderebbe alla sua percentuale, senza permetterle la competizione interna al centrodestra con la Lega.

Pd e M5S

Dal Pd, le correnti interne – prima divise – oggi sembrano tutte convergere verso il proporzionale. Il fronte dei sindaci, guidato dal primo cittadino di Pesaro Matteo Ricci si schiera per «un proporzionale con sbarramento al 5 e doppia preferenza uomo-donna», così da introdurre «un criterio maggioritario nel proporzionale e garantire governabilità».

Sulla stessa posizione anche il costituzionalista vicino a Base riformista, Dario Parrini, che parla di sostanziale quadripartitismo con la conseguenza che «i sistemi elettorali maggioritari di coalizione inevitabilmente portano alla formazione di alleanze pre-elettorali posticce, dalle quali deriva non un vero bipolarismo ma una caricatura del bipolarismo».

In questa direzione va anche la sinistra dem con il vicesegretario Giuseppe Provenziano, secondo cui «paradossalmente la vocazione maggioritaria si adatta meglio col proporzionale». Sul punto, anche se con qualche dubbio sulla soglia di sbarramento, converge anche Leu, con il capogruppo alla Camera Federico Fornaro che si dice favorevole al proporzionale e alla formazione del governo «nella trasparenza del parlamento» dopo le elezioni. A non esserne convinto per nulla invece sarebbe Enrico Letta, che preferisce prendere tempo. Chi gli è vicino spiega che il dibattito di oggi è «una bolla priva di fondamento» e questo disincentiva il segretario dal muoversi subito.

Del resto, una legge alla Camera è già depositata: è il cosiddetto Brescellum, firmato dal Movimento 5 Stelle, e prevede esattamente un proporzionale con soglia di sbarramento al 5 per cento. Proprio su questo punterebbero i Cinque stelle, anche se ora la precedenza è data a risolvere lo scontro interno. La loro speranza converge però con la sinistra del Pd, che da tempo lavora a questo schema: la nascita di una maggioranza Ursula (ovvero con Forza Italia ma senza la Lega) con cui approvare il Brescellum.

Il problema è politico

Lo scenario, tuttavia, è complicato e ad oggi l’approvazione di una legge molto difficile. «Il problema è tutto politico: se la Lega rimane contraria al proporzionale non si farà nulla, perchè è impensabile dividere la maggioranza. Vorrebbe dire far saltare il governo», è la riflessione realistica di un deputato dem.

Rimarrebbe una via di compromesso, a cui già si sta lavorando: non archiviare il Rosatellum ma modificarlo eliminando i collegi uninominali e inserendo forse un premio di coalizione. I primi sono quelli più difficili da riempire e generano scontri dentro le coalizioni, il secondo permetterebbe governabilità. Il rischio è che la soluzione non accontenti nessuno: non certo i Cinque stelle che ha presentato il Brescellum e di cui una parte soffre l’alleanza strutturale con il Pd.

Il punto è capire in che direzione si muove quel che rimane del centrodestra al governo. Per ora la Lega non si è espressa e anche in Forza Italia l’idea del proporzionale non ha infiammato. Agli azzurri, infatti, converebbe solo nell’ottica in cui naufragasse il progetto di federazione con la Lega, osteggiato dal gruppo dei ministri che preferirebbero conservare un’identità autonoma.

Per ora, la posizione rimane interlocutoria: Coraggio Italia di Giovanni Toti sarebbe d’accordo sul proporzionale, ma segue le mosse di Matteo Renzi, che attende l’esito dello scontro interno a Lega e M5S. Un punto, infatti, è chiaro a tutti: la legge elettorale si può cambiare solo dentro l’attuale maggioranza di governo e con l’accordo di tutti.

Un accordo che però – visto anche l’esito del Quirinale – sembra essere possibile solo nella conservazione dell’esistente.

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