Enrico Letta ha rivolto all’assemblea del Pd il suo ultimo discorso da segretario di partito. «È stato giusto tenere duro e arrivare qui», ha detto Letta. E anche se ha assicurato che «le amarezze e le ingenerosità le tengo per me», dalle sue parole traspira tutto il senso di un avventura ingrata e difficile.

«Questo è stato un periodo duro per tutti noi, per me in particolare – ha sottolineato il segretario uscente – È giusto che chi ha guidato il partito nel periodo elettorale guidi questa fase, una fase in cui c'è da prendere solo colpi». Poi un riferimento ai quattro candidati alla sua successione, Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Gianni Cuperlo e Paola De Micheli: «È quello che ho accettato di fare per consentire a voi quattro candidati di risollevare quello che siamo».

Poi, un riferimento ai continui scontri interni al partito e alla contrapposizione continua tra le sue anime: «La segretaria o il segretario del Pd non può passare tutta la giornata a cercare di mediare tra le posizioni dentro il partito e poi, a fine giornata, pensare a cosa dire agli italiani con le residue forze che gli rimangono».

Letta ha comunque chiuso con una nota positiva. «Esco più determinato di quando ho cominciato, esco più innamorato del Pd» e infine, visibilmente emozionato, ha chiuso con una battua: «Vi assicuro che non costruirò un altro partito alternativo al Pd».

Ma il punto centrale del discorso, l’elemento che nelle parole di Letta giustifica gli intensi sforzi e le delusioni di questi mesi, è il nuovo manifesto dei lavori di partito, che l’assemblea ha approvato nel pomeriggio. «Serve un nuovo partito, non un nuovo segretario», ha detto Letto chiedendo di votare a favore del documento. Insieme al manifesto l’assemblea ha approvato anche il regolamento congressuale.

Il nuovo manifesto

Mentre la macchina del congresso che porterà alla scelta del suo successore procede la sua corsa, Letta ha trascorso gli ultimi giorni a trattare sul nuovo manifesto dei valori del Pd, un documento che ha causato controversie e divisioni. «Abbiamo lavorato 52 ore insieme, è stato un lavoro collettivo», ha detto Letta parlando della bozza uscita dalle trattative degli ultimi giorni. «Il testo può essere migliorato in tante cose, ma è importante approvarlo oggi. Quindi vi chiediamo di votare questo testo, quello che abbiamo portato fino in fondo».

L’originario manifesto dei valori del Pd era stato approvato dal partito tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, prima della crisi finanziaria e dei terremoti politici che si sono succeduti negli anni Dieci. Secondo i critici, provenienti soprattutto dalla sinistra del partito, che appoggia Elly Schelin, il documento aveva bisogno di un aggiornamento.

Favorevole alle modifiche anche Roberto Speranza, leader di Articolo 1 che ha partecipato alle trattative degli ultimi giorni. «L'idea di costituente è quella che mi ha convinto a stare fino in fondo in questo percorso», ha detto Speranza nel suo intervento all’assemblea.

Contro le modifiche si è schierata la destra del partito, che appoggia Stefano Bonaccini, secondo cui le modifiche richieste porterebbero il manifesto troppo a sinistra e ne danneggerebbero l’originale spirito “liberaldemocratico”.

Il compromesso raggiunto in questi giorni prevede che il nuovo documento non costituisca un’abrogazione del precedente. Inoltre si stabilisce che la fase costituente resterà aperta anche dopo il congresso, lasciando la possibilità all’assemblea del partito che uscirà dalle prossimi consultazioni di dire la sua sul nuovo documento.

Il testo approvato recita: «L'Assemblea Nazionale Costituente approva il Manifesto per il Nuovo Pd "Italia 2030”. Il Manifesto è la base politica della nascita del Nuovo Pd e l'Assemblea invita circoli e aderenti a una mobilitazione nazionale finalizzata a diffonderne e discuterne i contenuti».

Inoltre: «L'Assemblea decide di tenere aperta la fase costituente valutando la necessità di un tempo più lungo da offrire ai territori e agli organismi dirigenti eletti dal Congresso per approfondimenti ed eventuale introduzione di nuovi modelli organizzativi».

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