Non è un summit, ma poco prima di mezzogiorno i pochi cronisti di guardia al Senato non possono non possono non vedere un capannello che si forma all’esterno dell’aula. Ci sono Graziano Delrio, Antonio Misiani, Alessandro Alfieri, Andrea Martella. Poco dopo il quartetto diventa un quintetto: si aggiunge Dario Franceschini. Nessuno si preoccupa degli occhi indiscreti: i giornalisti sono veramente pochi. Eppure il gruppetto ha una composizione curiosa: c’è un supercattolico superpacifista (Delrio), due della corrente della sinistra socialista di Andrea Orlando (Martella e Misiani), uno dell’area riformista (Alfieri, ex portavoce di Base riformista), e il capo della corrente Areadem (Franceschini). Se non si vuole credere a quello che alcuni dei presenti – interpellati – giureranno dopo, e cioè che si è trattato di «una chiacchiera del tutto casuale» in una pausa dei lavori dell’aula, si potrebbe dire che è un confronto, casuale s’intende, tra correnti Pd.

Tutte, quelle di maggioranza e quelle di opposizione, che in questi giorni stanno dicendo, più o meno ufficialmente alla segretaria che la promessa di battaglia contro i capibastone racconta di un partito che non è andato molto avanti, come certificano peraltro i sondaggi: «La segretaria ha iniziato il mandato promettendo una lotta senza quartiere ai cacicchi e alle correnti, e dopo un anno è ancora qua: alla promessa di una lotta senza quartiere alle correnti e ai cacicchi».

E ora «l’andamento lento» – l’espressione viene usata – con cui il Nazareno, cioè la segretaria, sta procedendo alla scelta della «squadra» delle europee sta diventando un «blocco». Un blocco che sta rallentando, se non proprio bloccando in alcuni casi, la campagna elettorale di molti, in attesa di sapere se sono fra i sorteggiati o gli scartati di Bruxelles, al netto dei voti che sono i veri padroni di un’elezione proporzionale e con preferenze.

Capilista e non solo

A seguire il filo della razionalità, le caselle starebbero andando al loro posto. Alla circoscrizione Sud, i capilista sono gli unici ufficialmente annunciati: la giornalista Lucia Annunziata e il sindaco di Bari Antonio Decaro. Qui la presenza della segretaria al terzo posto rischierebbe di azzoppare tanto le altre candidate quanto la capolista, meglio evitarla (viene suggerito).

Al Nord ovest, certa è la capolista Cecilia Strada, e dietro di lei uno spareggio fra Brando Benifei e Andrea Orlando. A seguire nomi in ordine alfabetico, tanto la collocazione nella lista. Al Nord est il capolista dovrebbe essere Stefano Bonaccini, e in questa circoscrizione la presenza di Schlein costringerebbe a una sgradevole conta dei voti fra presidente e segretaria, meglio evitarla (ancora viene suggerito). La segretaria potrebbe fare generosamente la capolista nelle isole, in ticket con Pietro Bartolo; e al centro, in ticket con Nicola Zingaretti, con una testa di lista allungata a Camilla Laureti (europarlamentare uscente) e Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire.

Il guaio, che rimbalza da una parte all’altra del capannello senatoriale, ma in perfetto accordo fra tutti, è che nulla è deciso, e nulla è chiaro: la segretaria non ha ancora detto se si candida o no. Il ragionamento, anche fuori dal quintetto, suona all’incirca così: se volesse “polarizzare” la sfida con Giorgia Meloni (anche lei non ha annunciato ufficialmente le sue intenzioni, ma in caso tutti i suoi sanno che sarà ordinatamente capolista), dovrebbe correre da capolista ovunque. Se invece volesse “dare una mano” al partito, dovrebbe evitare di togliere voti ad altri e altre candidate e invece fare la capolista prestigiosa dove serve: appunto, alla circoscrizione Centro, dove c’è un affollamento di big (Zingaretti, al netto di ripensamenti, Tarquinio, Dario Nardella, Matteo Ricci, Camilla Laureti, Alessia Morani) e alla circoscrizione Isole.

Quindi tutto resta sospeso, e un po’ per aria. E da mercoledì al Nazareno circola la voce che tutto resterà sospeso (e dunque un po’ per aria) almeno fino al 19 o al 20. La direzione che deve approvare le liste non può essere convocata prima perché il 17 e il 18 la segretaria sarà a Bruxelles. Di più: la direzione potrebbe essere organizzata su due convocazioni. La seconda arriverebbe dopo le regionali della Basilicata e a ridosso della consegna degli elenchi, a fine mese. Dopo mesi trascorsi al ralenti, dunque, l’accelerazione finale.

Le solite polemiche

Questo, anche per tagliare le gambe alle fisiologiche polemiche. Per esempio non si è mai del tutto sopita quella sul pacifistissimo Tarquinio, che i riformisti più filoatlantici – che ne contestano il no alle armi all’Ucraina – temono finisca al secondo posto al centro, subito dietro la segretaria, guadagnandosi così il bollino di candidato civico ma su cui il Pd scommette.

Invece lo hanno accolto a braccia aperte Delrio, Cuperlo, Orlando, Bettini, Castagnetti, Bindi, per non parlare di Demos e Paolo Ciani che sono stati i promotori di una candidatura graditissima, viene spiegato, al presidente della Cei Matteo Zuppi; quindi in procinto di portare in dote le “divisioni” del Vaticano. Qualche giorno fa, a Pesaro, che è la città di Matteo Ricci, Massimo D’Alema ha intrecciato con lui un dialogo sui temi del disordine mondiale.

Per il Nazareno ieri era comprensibilmente vietato parlare di altro che non fosse la terribile strage di Bargi, sull’Appennino bolognese, dove hanno perso la vita tre lavoratori e altri quattro sono dispersi, cinque sono feriti. La segretaria è corsa sul luogo dell’esplosione a portare la vicinanza del Pd «alla comunità ferita dalla tragedia». Comprensibilmente ieri è stata la giornata in cui tutte le giostre interne si sono fermate. C’era anche, al suo fianco, il presidente della regione Stefano Bonaccini, di cui è stata vice fino a poco più di un anno fa. E lei è rimasta lì nel pomeriggio. E chissà che dalla condivisione della rabbia per la strage non sia scaturito uno slancio per partire alla carica contro la destra: ma in tempi celeri.

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