È stato il Pride più sentito di sempre, il primo con la destra al governo e con una donna premier. Quasi quattro chilometri di cammino e 35 carri in parata per il corteo che ieri pomeriggio ha attraversato il centro di Roma. Da piazza della Repubblica a piazza Venezia per dire sì ai diritti civili e no alle discriminazioni. La festa della comunità Lgbt+, in scena nella capitale e in altre otto città italiane, ha avuto quest’anno un senso diverso. C’erano la musica, i balli e i colori dell’arcobaleno – sulle note di Bella ciao e delle madrine Paola & Chiara – e l’idea che negli ultimi mesi tante cose siano cambiate.

Un orgoglio diverso

Ad aprire il corteo romano – almeno 40mila le persone in marcia – c’è un grande striscione con la scritta “QueeResistenza”, slogan militante del Pride 2023. «Da quando c’è Meloni al governo, la nostra comunità ha subìto molti attacchi: dai registri scolastici sono stati tolti i nomi delle persone transgender, dai registri comunali i figli delle coppie omogenitoriali» dice Mario Colamarino, portavoce del Roma Pride. «Ma non abbiamo mai smesso di lottare, esistiamo e resistiamo. Nessun governo può fermarci».

Dal carro di testa si fa satira sulla ministra della Famiglia, Eugenia Roccella. Tanti i cartelli e gli striscioni, con critiche e sberleffi per Adinolfi e La Russa. “Meno Meloni e più angurie” ha scritto Katia, 24 anni, studentessa fuorisede da Bari a Roma: «Giovedì una coppia gay è stata insultata a Pavia, il mese scorso la donna trans manganellata a Milano. Noi siamo in piazza anche per loro, c’è un clima molto brutto».

Anche chi non fa parte della comunità Lgbt+ partecipa con gioia e curiosità: «Non ero mai stato al Gay Pride ma quest’anno volevo esserci. Avevo qualche pregiudizio, temevo fosse pericoloso» ammette Stefano, 47 anni, per la prima volta al corteo di Roma. E se si chiede un giudizio sul governo Meloni, i toni sono tutto fuorché pacati: «Ma quale destra, questa è ben altro, è destra e-stre-ma!».

Sfumature a sinistra

Con la comunità Lgbt+ si sono schierate varie associazioni e la politica di centrosinistra, con qualche distinguo. Alla sfilata hanno preso parte Pd e Movimento 5 stelle, Avs e +Europa. La segretaria Elly Schlein era accompagnata da Alessandro Zan, Nicola Zingaretti e altri esponenti dem. «La destra si è scelta i nemici: sono i poveri, i migranti, la comunità Queer» ha detto Schlein, molto applaudita in piazza. «Il Pd è a favore del matrimonio egualitario, delle adozioni e del riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali».

I 5 stelle, ieri orfani del leader Giuseppe Conte, si sono fatti vedere con le bandiere di partito e una delegazione guidata dalla senatrice Alessandra Maiorino; assente, ma non è una sorpresa, l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Molto viva è stata la presenza di +Europa, che ha sfilato con un proprio carro: con Emma Bonino c’era il segretario Riccardo Magi e il giornalista Alessandro Cecchi Paone, oltre a una Venere di Botticelli in versione Lgbt (con la maglietta del partito e la scritta “Open to love”).

Va poi segnalata l’adesione del gruppo locale di Azione, ma senza il leader Carlo Calenda (assente, come Conte, per motivi familiari). Per Italia viva c’era la deputata Maria Elena Boschi, che ha rivendicato l’impegno del governo Renzi in tema di diritti civili: «Se in Italia c’è una legge sulle unioni civili lo si deve a noi, che abbiamo avuto il coraggio di mettere la fiducia in parlamento e approvarla».

Gualtieri protagonista

In testa al corteo si è messo il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che alla vigilia del Pride – e dopo le polemiche sul patrocinio concesso e poi revocato dal presidente del Lazio Francesco Rocca – ha trascritto due atti di nascita di bambini nati all’estero da due mamme. «Un atto giusto, doveroso, pienamente legittimo» ha detto il primo cittadino della capitale. «Ci sono sentenze chiarissime in merito. Così facendo, garantiamo ai minori il riconoscimento della cittadinanza e alle madri pieni doveri».

La mossa del Campidoglio ha riacceso lo scontro con Lega e Fratelli d’Italia. «Al sindaco daremo il tapiro dell’illegalità» ha ironizzato Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera di FdI, che ha invocato l’intervento del prefetto di Roma, Lamberto Giannini. Risale allo scorso marzo, infatti, la circolare mandata dal Viminale alle prefetture con cui il ministro Piantedosi chiese di bloccare le trascrizioni anagrafiche. Una pratica che per la destra porterebbe a «sdoganare l’utero in affitto».

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