Chiara Appendino potrebbe essere la prossima vicepresidente del Movimento 5 stelle. Nelle indiscrezioni che circolano tra i parlamentari e sui giornali in questi giorni, lo schema che viene proposto più di frequente è quello che prevede una coppia di vicepresidenti ad affiancare Giuseppe Conte nel faticoso rilancio dei Cinque stelle. E il suo nome fa sempre parte della rosa dei candidati. La sindaca di Torino ha annunciato già mesi fa di non volersi ricandidare, indicando come motivazione le due condanne a suo carico, quella nella vicenda Ream, (sei mesi), e quella legata al disastro di piazza San Carlo (un anno e mezzo). In occasione della prima condanna si era anche autosospesa dal Movimento.

Da tempo è però noto che Appendino è in ottimi rapporti con Luigi Di Maio, grande mediatore dell’accordo raggiunto tra Conte e il fondatore garante Beppe Grillo nei giorni scorsi.

Sicuramente dirà la sua sul nuovo assetto: avere al suo fianco una fedelissima come la sindaca darebbe a lui e a Conte una certezza su almeno una parte della squadra, visto che l’organigramma della segreteria di Conte sarà relativamente poco flessibile. Molti posti sono già assegnati di diritto, per esempio a chi ricopre ruoli interni, come i capigruppo alla Camera e al Senato.

Ma la sindaca ha portato a casa poche vittorie, anche per gli standard grillini. Esaltata alla sua elezione insieme alla collega romana Virginia Raggi, il suo gradimento è progressivamente diminuito e la sua posizione nella classifica annuale del Sole24ore è precipitata nell’ultimo anno della sua consiliatura al 94° posto (insieme a Raggi, peraltro), con il 43 per cento dei consensi.

L’inquilina del Campidoglio, nonostante tanti passi falsi, è uscita indenne dai procedimenti giudiziari che la riguardavano e si è conquistata la ricandidatura (e l’ha imposta ai maggiorenti del Movimento) e può anche guardare al voto con ottimismo. A Torino la situazione è totalmente diversa.

La scommessa del 2016

Appendino, che era stata presentata come volto femminile giovane e competente, alla fine dei cinque anni da sindaco non ha molto da offrire. L’ultimo smacco per la città è stata la decisione di Stellantis di aprire la nuova gigafactory a Termoli, lontanissima da Torino: la sindaca e il presidente della regione, Alberto Cirio, si sono detti «traditi, e chi è tradito prova rabbia», ma resta il fatto che il capoluogo piemontese non è più attraente per quella che era una volta Fca, da sempre in rapporto simbiotico con la città.

Forse perché a fine mandato e impegnata a ottenere il denaro necessario per la realizzazione della seconda linea metropolitana (mentre intanto tentava di ridurre il debito della città, sceso da 3,4 miliardi a 2,9 a fine mandato), Appendino ha rifiutato altre occasioni che avrebbero portato nuovi capitali in città, come le Olimpiadi invernali del 2026. Come Raggi, ha rinunciato per evitare malaffare e infiltrazioni, senza guardare al vantaggio che Torino poteva vantare rispetto alle concorrenti grazie agli impianti del 2006 ancora utilizzabili. Alla fine Milano e Cortina d’Ampezzo hanno portato a casa l’evento.

Resta incerto il destino delle Atp Finals, che la sindaca si fregia d’aver portato a Torino, in programma per fine anno, al chiuso, in un contesto epidemiologico ancora ignoto. Come la collega romana, che per logica di compensazione per le Olimpiadi rifiutate ha voluto ospitare una lunga serie di manifestazioni sportive, dal mondiale di skateboard alla Formula E, anche Appendino è fierissima della sua conquista.

Per rendere attrattiva la sua città, invece che spingere sugli eventi, Appendino ha puntato su politiche securitarie, dando un sapore quasi di destra al suo mandato. L’eredità della sindaca va cercata soprattutto nelle periferie, dove è intervenuta con riqualificazioni e sgomberi di ampia portata, come quello dell’ex Moi, il fu villaggio olimpico, da tempo occupato soprattutto da migranti, e quello del campo nomadi del Lungodora.

Un investimento che paga: il 12 per cento che viene attribuito oggi dai sondaggi al Movimento 5 stelle per le prossime amministrative viene tutto dalle periferie, dove votano gli unici elettori ancora fedeli alla sindaca che si era imposta al ballottaggio cinque anni fa conquistando il voto della destra e di chi, anche a sinistra, sperava in un cambiamento.

L’altra categoria da sempre vicina alla sindaca è quella degli ambulanti: il suo sostegno è sicuro anche per il candidato su cui Appendino punta per la sfida interna che sta logorando il Movimento torinese, Andrea Russi, oggi presidente della Commissione commercio cittadina. Ma la strada per la candidatura dei Cinque stelle resta in salita: la sindaca non è riuscita a creare una comunità compatta, anche perché dopo l’elezione è scomparsa dai radar degli attivisti. Questi hanno anche dovuto prendere atto della sua mezza giravolta sul tema della Tav in parallelo al cambiamento della linea del Movimento nazionale: gli oppositori della grande opera avevano costituito un forte nucleo del suo elettorato. Il rapporto è stato logorato anche dalle vicende giudiziarie che hanno coinvolto i suoi collaboratori. C’è la storia dell’ex portavoce Luca Pasquaretta, finito a processo per estorsione a danno della sindaca, che sarebbe stata minacciata insieme alla sottosegretaria Laura Castelli. Ma anche il «potere incontrastato» che secondo i giudici che hanno lavorato sul caso Ream il capo di gabinetto Paolo Giordana aveva ricevuto da Appendino non ha contribuito a migliorare l’immagine dello staff della sindaca. Giordana si era poi dimesso dopo aver fatto togliere una multa a un amico che non aveva convalidato il biglietto dell’autobus.

Le prospettive del Movimento

Ora arriva il conto: a poche settimane dalle elezioni, il M5s, dopo aver deciso di non allearsi nemmeno al secondo turno con il Pd (che ha scelto come aspirante sindaco il più acerrimo nemico di Appendino), non ha un candidato. La concorrente di Russi, Valentina Sganga, capogruppo M5s a palazzo Civico, ha ottenuto in extremis la concessione di chiamare il voto degli iscritti torinesi sulla nuova piattaforma che hanno individuato i Cinque stelle dopo il divorzio da Rousseau, SkyVote, ma i tempi sono strettissimi: prima della consultazione deve concludersi l’incoronazione di Conte, e probabilmente il voto non avverrà prima di fine mese.

Insomma, Appendino, oltre a un buon talento mediatico, non ha molto da offrire al progetto di rilancio di Conte ma soprattutto al consolidamento della coalizione: non porta con sé il consenso degli attivisti e la sua popolarità è molto limitata a Torino. Il suo stile di governo è stato decisamente poco vicino all’orientamento di centrosinistra auspicato dall’avvocato di Vulturara Appula e i suoi rapporti con il Pd sono pressoché inesistenti. Inoltre, va incontro al pronunciamento in secondo grado nei due processi che la riguardano: coinvolgerla nel rilancio del Movimento è da questo punto di vista un rischio altissimo, nonostante la svolta garantista dei grillini.

La carta che può giocarsi, oltre a quella di essere ormai l’unica altra donna nel cerchio più vicino a Di Maio oltre a Castelli, è la sua fedeltà.

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