Il decreto Aiuti slitta a mercoledì mattina: in bilico l’ipotesi della fiducia sul testo, inizialmente data per scontata dal governo, ma messa in discussione dal Movimento 5 stelle.

Secondo quanto si apprende da fonti di maggioranza, si sta ancora lavorando a una possibile modifica al testo del decreto Aiuti sulle norme relative al superbonus. L’intesa non è ancora stata raggiunta, tanto che è stata necessaria la richiesta, avanzata dal governo con il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, di rinviare i lavori dell'Aula della Camera a domani mattina. Nel frattempo, si riunirà il comitato dei nove per valutare gli emendamenti e dare i pareri. Dunque non si dovrebbe procedere entro oggi, come ipotizzato a un certo punto della giornata, con il rinvio del testo nelle commissioni Bilancio e Finanze per procedere alla modifica sul superbonus - rinvio su cui comunque si deve esprimere l'Aula - e poi predisporre un maxiemendamento contenente le modifiche apportate e su cui il governo dovrebbe porre la fiducia. Non viene al momento escluso che la riunione di maggioranza possa riprendere a breve per tentare di trovare la quadra e arrivare a domani mattina, alla ripresa della seduta dell'Aula, con l'intesa già tradotta nella modifica al testo del decreto.

Gli emendamenti

I Cinque stelle, che hanno depositato proposte per il contenimento del prezzo del gas, la fissazione di un prezzo medio, una maggiore tutela per i  vulnerabili, ma anche un emendamento che riguarda il termovalorizzatore da costruire a Roma, uno che mira a sopprimere le modifiche del governo al reddito di cittadinanza e uno sul superbonus. Il Movimento punta infatti a rivedere le regole che prevedono la responsabilità in solido in caso di cessione dei crediti. «Ora aspettiamo le risposte del ministero» spiega una fonte parlamentare. 

Solo il Movimento ha presentato proposte di modifica, considerato che le altre forze davano per scontata la fiducia: il cambio di strategia del governo sta provocando scontento negli altri partiti di maggioranza, che stanno chiedendo a Draghi di seguire il piano originario per permettere l’approvazione del provvedimento in tempo per rispettare la scadenza del 16 luglio per la conversione al Senato e non concedere favoritismi ai grillini. Sembra che le pressioni possano far tornare sul tavolo la possibilità di un voto di fiducia. 

La discussione generale

La viceministra all’Economia Laura Castelli escludendo un rinvio in commissione ha spiegato che «per il Mef non ci sono profili economici che necessitano di intervento, del ritorno in commissione». Ieri questo cambio di programma veniva ancora interpretato come possibilità di rimettere mano anche al merito del testo magari intervenendo su Superbonus e reddito di cittadinanza in modo da accontentare alcune richieste grilline.

La strada si è dimostrata accidentata già ieri, quando la discussione generale, normalmente un appuntamento non molto seguito dai deputati, è stata affollata da una lunga serie di interventi di parlamentari Cinque stelle in polemica coi contenuti del testo. 

Il ministro per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà ha convocato per le 11 i capigruppo per definire insieme i prossimi passi per l’analisi del decreto: la sua approvazione si colloca infatti in un contesto complicato, reso ancora più incerto dal rinvio dell’incontro chiarificatore tra Giuseppe Conte e Mario Draghi a mercoledì. I due si incontrano per la prima volta dopo che il sociologo Domenico De Masi ha dichiarato in un’intervista che Beppe Grillo avrebbe subito pressioni da Draghi per rimuovere Conte dal Movimento. L’episodio ha creato dissapori tra i Cinque stelle, già da tempo in difficoltà rispetto alla linea di governo.

Le ipotesi

La riunione della mattina ha rimesso in discussione le prossime tappe del provvedimento, che apparivano pressoché certe. L’appuntamento dell’apposizione della fiducia era previsto per il tardo pomeriggio, in modo da far scadere le 24 ore di preavviso precedenti al voto dopo l’incontro tra il presidente del Consiglio e l’avvocato pugliese. 

A non volere la fiducia sono soprattutto i Cinque stelle: ieri circolava l’ipotesi di proporre il voto per parti del provvedimento, in modo da isolare l’articolo che contiene i poteri speciali che il governo ha intenzione di concedere al commissario per il Giubileo di Roma per la costruzione del termovalorizzatore. Una possibilità che il regolamento di Montecitorio concede, ma che è stata sfruttata pochissime volte, anche perché ha bisogno di un consenso piuttosto vasto da parte dei partiti: improbabile che i Cinque stelle riescano a raccoglierlo. 

Più facile invece che i grillini votino in maniera diversificata, confermando la fiducia e astenendosi sul merito del testo. 

L’incontro 

Conte ha già convocato per domani il Consiglio nazionale del M5s per l’una. 

In programma per le 16.30 invece l’incontro tra Draghi e Conte, in cui i due discuteranno i termini della permanenza del Movimento al governo: in cima alla lista delle richieste, una virata verso la diplomazia nella questione ucraina e la richiesta di un piano sociale per aiutare le famiglie più in difficoltà con la crisi. In serata, Conte riunirà i parlamentari in un’assemblea congiunta. 

Resta da capire come i due risolveranno altri nodi centrali per il Movimento, come il prolungamento del Superbonus e la questione dell’inceneritore di Roma, su cui ieri sono intervenuti diversi parlamentari grillini: il deputato Alberto Zolezzi è arrivato a chiamare l’assessora Sabrina Alfonsi «assessore a Cosa nostra», espressione per cui poi si è scusato. 

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