La fotografia dell’intesa del governo sulla manovra è già sbiadita, la concordia mostrata a favore di telecamera si è tramutata in un caos totale. Un tutti contro tutti che ha portato ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti a definire, in una nota, le bozze della legge di Bilancio circolate «non definitive» e quindi «non attendibili». Dalle pensioni, quindi l’introduzione di quota 104, alle tasse, con l’innalzamento della cedolare secca per gli affitti brevi, è tutto ancora in bilico, sottoposto a valutazioni e accorgimenti. Resta agli una precisazione quantomeno singolare, frutto di un eccesso di zelo per confermare che le bozze non sono testi parziali e perciò passibili di modifiche. Peraltro, proprio nella mattina di ieri, Giorgetti aveva detto «sto chiudendo la manovra per mandarla in parlamento».

Scontro in atto

Il provvedimento è in fase avanzata, dunque. La smentita delle bozze non è un fatto nuovo per il governo Meloni. Qualche mese fa, seppure su un altro tema, il governo, attraverso la ministra Elisabetta Casellati, si era affannato a dire che le bozze delle riforme istituzionali erano provvisorie. «È solo l’ennesima sgrammaticatura istituzionale di un governo che non parla per atti, ma per bozze che fa circolare, ritirando poi la mano», accusa la deputata del Pd, Chiara Gribaudo. «Non credo – aggiunge - che il testo definitivo sarà molto diverso e tradirà le promesse fatte».

La puntualizzazione del Mef ha però un impatto politico, diventando rivelatrice di uno scontro in atto, all’interno della Lega e a cascata nell’esecutivo. Oggi è già difficile mettere d’accordo i ministri, non sarà una passeggiata imporre il divieto di emendamenti ai deputati e senatori di maggioranza che scorrono gli articoli del provvedimento e masticano amaro. Se sarà confermato, il “fondino”, la quota messa a disposizione per gli interventi in parlamento, ammonta appena a 100 milioni di euro, un quarto rispetto a quello dello scorso anno che era già ridotto.

Rilancio leghista

Il clima tra alleati, ma anche tra compagni di partito, è diventato cupo dopo la circolazione dei contenuti della manovra. Il leader leghista, Matteo Salvini, ha letto gli articoli più importanti e ha fatto fatica a trattenere l’irritazione. Ma quando ha capito di non poter digerire una versione rafforzata della legge Fornero, ha annunciato un «pressing» per arrivare a un cambiamento del capitolo previdenziale. Da qui è partita la nota del ministero dell’Economia, messo alle strette. Insomma, la partita è tutta aperta sui punti caldi, in testa le pensioni. «Arriveremo a una soluzione positiva», ha garantito Salvini, dicendosi «contento» perché le notizie rivelate sarebbero prive di «fondamento». Ancora un indizio da dove sia partita la richiesta di “smentire” il contenuto delle bozze.
La strada da seguire è stata indicata dal vicesegretario del suo partito, il deputato Andrea Crippa, che ancora una volta ha tradotto in maniera diretta i pensieri di Salvini: «Già in questa legge di bilancio bisogna che il centrodestra faccia vedere che sulle pensioni si interviene nella direzione che ha detto in campagna elettorale». L’obiettivo resta «il superamento della legge Fornero», ha ribadito Crippa. L’esatto contrario di quanto prospettato dal ministro Giorgetti nelle ben note bozze che prevedevano dei paletti rigidi.

Chi è vicino al dossier parla di «interlocuzioni in corso» che andranno avanti a oltranza per mandare in parlamento il testo definitivo entro la fine della settimana, come garantito dal Mef nei giorni scorsi. Salvini ha spiegato ai suoi di essere «fiducioso», sebbene non sia stato individuato un possibile punto di caduta della trattativa. Giorgetti ha spiegato a più riprese che l’attuale sistema previdenziale «non regge» con questo tasso di natalità. Difficile immaginare dei miracoli.

Bozze bis

Ma che qualcosa fosse in evoluzione era diventato chiaro a metà pomeriggio. In una seconda versione delle bozze, diffuse nel pomeriggio di ieri, c’erano stati dei ritocchi agli articoli sulle pensioni. Uno dei più vistosi riguarda la cancellazione dell’adeguamento delle speranze di vita, che inizialmente prevedeva un anticipo di due anni. Modificato poi anche il moltiplicatore per l’uscita anticipata dal lavoro. Ancora poco, però. L’obiettivo minimo di Salvini non è qualche cambiamento tecnico, ma quello di eliminare quota 104, diventato ormai il suo spauracchio. E intanto il leader leghista, nelle nuove bozze, vede confermato il finanziamento del ponte sullo Stretto per una spesa complessiva di 11 miliardi e 630 milioni di euro, a cominciare dai 780 milioni di euro messi a disposizione già dal 2024.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è rimasta quasi ai margini della vicenda, spettatrice interessata. Anche perché la sfida è, almeno sul capitolo previdenziale, stata tutta interna alla Lega, sebbene abbia scosso il suo governo. Ma le pensioni non sono l’unico nodo da sciogliere, anche Forza Italia reclama delle modifiche al testo provvisorio circolato.

Nel mirino è finito l’innalzamento della cedolare secca sugli affitti brevi su cui Meloni non può fare spallucce. «Chiediamo delle garanzie perché non si possono penalizzare alcune realtà», ha spiegato il segretario di Fi, Antonio Tajani. «Noi ci batteremo perché non ci sia un aumento della pressione fiscale», ha aggiunto il vicepremier e ministro degli Esteri, in sintonia con il vicepresidente della Camera, altro big degli azzurri, Giorgio Mulè: «Una volta letta la manovra nella sua versione definitiva, occorrerà eventualmente intervenire».
Ma l’aggiornamento del testo ha portato altre novità, su tutte lo stop al fondo di cooperazione per l’Africa, con una dotazione di 600 milioni di euro tolti al fondo per il clima istituito dal governo Draghi per stimolare investimenti sulle politiche ambientali. Nel testo spunta, infine, un alleggerimento sul pignoramento telematico per i debiti con il fisco, che sotto i mille euro non potrà essere applicato ed è confermato il taglio di 50 milioni al fondo per il cinema.

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