Il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi si dimette ma forse non subito. Dopo l’annuncio, Sgarbi prende tempo. Prima perché deve «negoziare» le dimissioni con il governo. Poi scrive una lettera, pubblicata sul Corriere, in cui chiede alla presidente del Consiglio di estendere la valutazione sugli eventuali conflitti di interessi a tutti i membri del governo. Insomma, si è dimesso o no? 

Meloni prende la parola in Giappone per tagliare corto. Le dimissioni sono accolte, «trovo corretta la scelta di dimettersi dopo il pronunciamento dell’Antitrust». Secondo cui l’attività privata di Sgarbi è incompatibile con il ruolo di sottosegretario.

Verifiche sugli altri componenti del governo, come chiede Sgarbi? «Abbiamo atteso di avere elementi oggettivi», è la risposta della presidente, «e mi auguro che Sgarbi che ha potuto contare su un governo che attendeva degli elementi oggettivi, non si aspetti che quello stesso governo decida per altri con elementi che non sono oggettivi, perché sarebbe obiettivamente eccessivo».

Da parte sua l’ex sottosegretario si dice «felice che Meloni abbia accolto le mie dimissioni ma io pongo una questione di tipo giuridico: quella della legittimità del ricorso al Tar da dimissionario». Cioè, le dimissioni, per quanto lo riguarda, «saranno esecutive alla fine del percorso amministrativo che prevede il pronunciamento del Tar dopo il mio ricorso. Me ne andrò anche nel caso di una sentenza favorevole». «La questione che io ho posto oggi non riguarda il mio rapporto con lei: io mi attengo a quello che mi dice, il problema è quello che dicono gli avvocati. Però – aggiunge – il ricorso lo farò in ogni caso».

Le proteste degli agricoltori

L’occasione del punto stampa durante la visita a Tokyo offre alla presidente la possibilità di tornare sulle proteste degli agricoltori, tra le notizie del giorno dato che se ne parla anche a Sanremo. «Abbiamo sempre incontrato gli agricoltori, uno dei principali mondi a cui ho rivolto attenzione. Lo dimostrano i fatti, le leggi di bilancio con cui sono state aumentate le risorse. Abbiamo rinegoziato il Pnrr portando i fondi per l'agricoltura da 5 a 8 miliardi», dice Meloni. «Abbiamo fatto lo sforzo sugli incentivi sul gasolio: abbiamo fatto il massimo possibile». «Molta della rabbia degli agricoltori arriva da una lettura ideologica della transizione ecologica che ha pensato di difendere l'ambiente combattendo gli agricoltori», conclude Meloni.

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