Indossare il costume di Robin Hood prima di andare al mare. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha addirittura rispolverato il format social “Gli appunti di Giorgia” per mettersi di fronte a una videocamera e fornire la narrazione di un governo che toglie alle ricche banche per dare risorse – nei prossimi mesi – ai più poveri. Un video che, oltre alla propaganda, ha un valore tutto politico con il corollario di resa di conti interna, con il capello messo dalla premier sulla misura che colpisce extraprofitti bancari. E così viene liquidata la versione delle ore precedenti, che descriveva il vicepremier, Matteo Salvini, come il grande sponsor del blitz. «Lo abbiamo voluto noi di Fratelli d’Italia, e gli altri sono stati d’accordo», è il senso del messaggio trasmesso.

«Abbiamo tassato un margine ingiusto a vantaggio delle banche», ha scandito la presidente del Consiglio durante il monologo durato quasi mezz’ora. Con quelle risorse, ha promesso, «aiuteremo famiglie e imprese».

Un impegno generico per quella che si configura come una maxi operazione di “poverty washing”, un modo buono per gettare un po’ di fumo negli occhi - alla vigilia della pausa estiva - dopo dieci mesi di sistematico assalto alle fasce più deboli del paese. Sempre ammesso che le risorse derivanti dalla tassazione degli extraprofitti siano impiegate per il sostegno ai redditi più bassi e non a finanziare la flat tax, il sogno recondito dell'alleanza di governo. E un regalo ai ricchi.

Attacco ai poveri

Ma se il futuro è tutto da scrivere, il passato è già agli atti. Giorno dopo giorno, il governo Meloni ha portato avanti una costante opera di smantellamento degli aiuti dati ai più poveri, a cominciare dall’eliminazione del reddito di cittadinanza. Quella del 2023 potrà, infatti, passare agli annali come l’estate della tassa agli istituti di credito, ma è pur sempre la stessa stagione degli sms che hanno spazzato via il sussidio a 169mila famiglie. Altre seguiranno a ruota.

«Lascia le persone davanti alle tv», è stato il mantra delle destre teoriche dell’equazione Rdc-divanismo. Certo, il centrodestra aveva promesso la cancellazione della misura e non è indietreggiato. Senza nemmeno pensare alla tempistica, togliendo i soldi in un periodo dell’anno particolarmente delicato.

A fare il paio con la scarsa attenzione alle fasce più deboli c’è la conclamata ostilità all’introduzione del salario minimo. Meloni ha dato il placet all’incontro con i leader delle opposizioni per affrontare il tema. Le premesse non sono delle migliori: «Rischia di essere peggiorativo», ha affermato ieri sugli effetti del salario minimo. Il vertice si presenta come una passerella agostana. Del resto già in passato ne aveva parlato come «uno specchietto per le allodole». Ora, visti i sondaggi favorevoli alla norma, la si butta sulla tattica. «Cerchiamo di presentare insieme una proposta seria sui salari bassi», ha tagliato corto.

Ma l’impoverimento non passa solo per l’eliminazione dei sussidi o per la contrarietà agli interventi sui salari. Negli ultimi mesi la graduale erosione del potere d’acquisto è stata causata anche, se non soprattutto, dall’aumento dei prezzi. E che colpisce maggiormente i "soliti poveri". L’inflazione, infatti, continua la galoppata. A giugno, nonostante una frenata, il “carrello della spesa” - i beni alimentari più acquistati - ha fatto registrare un aumento del 10,5 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Il carovita è quindi una tassa mangia-reddito e l’esecutivo assiste, inerte, agli eventi. Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha convocato un tavolo per stipulare un «patto anti-inflazione», che non ha prodotto esiti di rilievo. Eppure, nei mesi scorsi, l’esecutivo aveva propagandato il potenziamento del garante sulla sorveglianza dei prezzi, il cosiddetto Mr. Prezzi, ruolo attribuito all’ex fedelissimo di Totò Cuffaro in Sicilia, Benedetto Mineo. Voluto da Giancarlo Giorgetti e confermato da Urso, il suo operato è impalpabile. L’unica cosa che notano i cittadini sono i rincari dei prodotti a ogni livello.

No sussidi, sì mance

Un'altra fulgida testimonianza dell’ostilità verso i poveri è il definanziamento del fondo contro la morosità incolpevole, introdotto dal 2013 e che nel 2022 era stato alimentato con uno stanziamento di 50 milioni di euro. Il risultato? Decine di migliaia di famiglie sono private dello strumento che garantiva il minimo per pagare l’affitto, dopo la perdita improvvisa di lavoro. Salvini, rispondendo a un’interrogazione alla Camera, ha promesso che saranno individuate le modalità di finanziamento per il 2024 attraverso la Legge di bilancio. Intanto le famiglie più in difficoltà si devono ancora arrangiare fino alla fine dell’anno in corso.

E dire che il governo anti-Reddito di cittadinanza, contrario ai sussidi, a metà luglio ha annunciato un piccolo bonus, la social card, un mini sussidio, peraltro previsto - al momento - una tantum. La platea dei beneficiari è formata da famiglie con un Isee inferiore a 15mila euro. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha illustrato le magnifiche sorti della carta, ribattezzata “Dedicata a te”, con la dotazione di 382,5 euro per l’acquisto di beni di prima necessità da luglio fino alla fine dell’anno. Ma se già la cifra è inadeguata, la vera beffa è nella modalità di spesa: la card è utilizzabile solo per un elenco ben preciso di prodotti, quelli indicati dal governo. Insomma, il pesce fresco sì, quello surgelato no, zucchero sì, marmellata no. E alla fine si concede una «mancetta» solo a patto lo Stato.

Ma che la povertà non sia in cima ai pensieri del governo emerge anche dalle piccole cose. Nel decreto lavoro, approvato a maggio, era prevista l’istituzione di un osservatorio sulla povertà. Dopo oltre tre mesi la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, non ha provveduto a emanare il decreto per definire la composizione e la modalità di funzionamento dell’organismo. Gli indigenti, insomma, devono aspettare. Se non un Robin Hood, almeno delle misure meno punitive.

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