La strategia per la gestione migratoria del governo Meloni non cambia: diplomazia europea da un lato, stretta sui diritti di chi arriva con un nuovo dl sicurezza dall’altro. La giornata dei funerale laico del presidente emerito Giorgio Napolitano è stata l’occasione per la premier Giorgia Meloni di incontrare in modo informale il presidente francese Emmanuel Macron e ricucire i rapporti con Parigi dopo gli screzi in materia di accoglienza cominciati già all’inizio della legislatura e proseguiti nel corso dei mesi dopo i respingimenti a Ventimiglia.

Una strada non facile ma percorribile con buona volontà da parte di entrambi, che si sono avviati a piedi insieme verso palazzo Chigi dopo aver lasciato Montecitorio. Il primo ad aprire uno spiraglio era stato Macron, che domenica sera in un’intervista televisiva aveva annunciato un aumento degli sforzi francese nella lotta all’immigrazione clandestina, e Meloni ha colto immediatamente il segnale.

Al termine, due comunicati stampa cesellati di palazzo Chigi e dell’Eliseo hanno parlato di un incontro riservato e senza delegazioni, in cui si è discusso di «gestione del fenomeno migratorio» e delle «priorità economiche europee».

«Lungo e cordiale», ha aggiunto la nota italiana, in vista del prossimo faccia a faccia ufficiale al vertice Med 9 a Malta del 29 settembre. Secondo indiscrezioni, Meloni avrebbe esposto a Macron un progetto complesso che si ancorerebbe al cosiddetto piano Mattei, prevedendo investimenti economici nel continente africano e accordi stretti sotto l’egida dell’Onu per permettere i rimpatri immediati dei migranti.

L’obiettivo sottostante sarebbe anche quello di cercare alleati per modificare il patto di Dublino che oggi fissa le regole per la gestione dei migranti che entrano in Europa, missione che però si preannuncia decisamente complicata. A pochi mesi dalle elezioni europee di maggio, infatti, non sarà semplice trovate sponde per aprire alla rinegoziazione di un accordo così significativo, ma soprattutto legato a una questione che influenzerà le campagne elettorali in tutti i paesi dell’Unione.

Se sul fronte diplomatico con la Francia Meloni usa il volto sorridente di chi ha capito che a Bruxelles deve trovare almeno un volto amico, su quello interno la linea rimane quella del pugno duro anche a costo di forzare le regole del diritto.

Un nuovo dl migranti

La giornata di oggi avrebbe dovuto essere destinata solo al Nadef, ma in preconsiglio è stato inserito anche un nuovo decreto migranti, che questa volta prevede una stretta nella gestione dei moltissimi minori non accompagnati – i dati parlano di circa 21 mila bambini e ragazzi - che sbarcano sulle coste italiane.

Anche i centri che accolgono i minorenni sono saturi e, per risolvere il problema, la linea del governo sarebbe quella di mettere in discussione l’età dei minori: nella bozza, infatti, si prevede che i ragazzi tra i 16 e i 18 anni possano essere ospitati nei centri per adulti, anche se in un’area riservata, nel caso in cui i centri a loro destinati siano pieni. Inoltre, sarebbe inserita una deroga sui parametri di capienza delle strutture di accoglienza, che potranno accogliere fino al doppio dei posti previsti nei centri per adulti e fino al cinquanta per cento in più in quelli destinati ai minori.

Inoltre, sarebbero previsti controlli più stringenti per verificare che effettivamente si tratti di ragazzi con meno di 18 anni e meno garanzie per le donne incinte. Anche le espulsioni potrebbero diventare più semplici. Sarà immediata per i maggiorenni che mentono sull’età, sarà invece facilitata l’espulsione con ordine del prefetto dei migranti considerati socialmente pericolosi, soggetti a misure di prevenzione o procedimenti penali.

Il disturbo della Lega

Eppure, se Meloni sta aprendo un fronte di dialogo positivo con Parigi salutato positivamente anche da Matteo Salvini con una dichiarazione di «piena fiducia nella premier», proprio la Lega continua a soffiare sul fuoco dei rapporti con Berlino.

L’ultimo oggetto di scontro in ordine di tempo sono i fondi che il Bundestag ha stanziato per i progetti di organizzazioni non governative che si occupano di migranti e che quindi agiscono anche in Italia. La decisione era stata presa e resa nota nel novembre 2022, ma il fatto che sia riemersa in una fase tanto critica degli sbarchi ha costretto alla reazione Meloni, spinta dal fuoco di dichiarazioni dei vertici della Lega. Così la premier ha preso carta e penna e nei giorni scorsi ha inviato una lettera molto polemica al cancelliere Olaf Scholtz.

Mossa inconsulta e poco comprensibile per Berlino, nella dinamica interna è stata l’ennesimo segnale di una rincorsa almeno comunicativa con il partito di Matteo Salvini, che sulla questione si era già avventato con toni belligeranti.

La lettera di Meloni, tuttavia, ha avuto un effetto boomerang, trasformandosi nella sponda perfetta per i legisti per attaccare con ritrovata veemenza. «Ottant'anni fa il governo tedesco decise di invadere gli stati con l'esercito ma gli andò male, ora finanziano l'invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai social-democratici», ha detto il vicesegretario della Lega Andrea Crippa ad Affari italiani.

Parole violentissime, che evocano la seconda guerra mondiale e una sorta di congiura internazionale, perché secondo Crippa il governo tedesco starebbe «cercando di destabilizzare il governo attraverso il finanziamento delle ong per riempirci di clandestini e far scendere il consenso del centrodestra in Italia». Una dichiarazione di ostilità così aperta con la Germania proveniente da un dirigente della maggioranza rischia di essere un sabotaggio in piena regola di Meloni, intenta a ricucire i rapporti con i paesi leader dell’Unione.

Soprattutto, rischia di mettere in discussione anche il ritrovato dialogo con Parigi. Davanti a una scelta, infatti, è improbabile che Macron rompa lo storico asse franco-tedesco per allungare la mano al governo di destra di Meloni. Di cui fa parte anche la Lega, che è alleata e invita sul suo palco Marine Le Pen, che con il suo Front national è la principale avversaria del presidente francese.

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