Una lettera per riaffermare «il mito» di Paolo Borsellino, fondamentale per la sua scelta di impegnarsi in politica, e per spiegare perché diserterà la fiaccolata della destra: «Ho altri impegni, non temo contestazioni». Nel giorno dell’anniversario della strage di via D’Amellio, in cui morirono il giudice Borsellino e cinque agenti della scorta, Giorgia Meloni sceglie il Corriere della Sera per una lettera che ricorda – nelle intenzioni e nei toni – quella pubblicata sullo stesso giornale per il 25 aprile.

«In questi giorni è stato detto un po’ di tutto sulla mia presenza a Palermo. C’è chi ha scritto che avrei disertato le commemorazioni perché in crisi con il mito Borsellino. È ovviamente falso – scrive Meloni – così come è stucchevole il tentativo di strumentalizzare la mia impossibilità, data da impegni concomitanti, di partecipare alla tradizionale fiaccolata di Palermo».

Niente problemi di ordine pubblico, dunque, come si è detto martedì. Niente paura di possibili contestazioni, come filtrato (e non smentito) da palazzo Chigi: la presidente del Consiglio presiederà il Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza «per fare il punto sul lavoro svolto nell’attività di contrasto alla criminalità organizzata».

Il mito Borsellino

Nella seconda parte della lettera, la premier rivendica l’eredità di Paolo Borsellino, magistrato antimafia diventato un’icona della destra italiana: «Ricordo come se fosse ieri il viscerale rifiuto della mafia che, da ragazza, provai di fronte alle immagini della strage di via D’Amelio. Da quel rifiuto nacque il lungo, convinto impegno politico che mi ha portato da militante di un movimento giovanile fino alla presidenza del Consiglio».

Contro la mafia

L’ultimo passaggio della lettera è dedicato alla lotta alla mafia, che «per l’esecutivo è una priorità: sono profondamente orgogliosa del fatto che il governo che oggi presiedo abbia avuto, dal suo primo giorno, la determinazione e il coraggio necessario ad affrontare il cancro mafioso a testa alta».

A questo proposito, Meloni snocciola i risultati fin qui ottenuti: «Abbiamo messo in sicurezza presidi come la restrizione dei benefici penitenziari, e se boss come Messina Denaro sono detenuti al 41 bis lo si deve a questo impegno. Abbiamo sbloccato le assunzioni nelle forze dell’ordine e stiamo lavorando per dare un’interpretazione autentica di cosa si debba intendere per reati di criminalità organizzata».

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