La questione è come un fiume carsico che ciclicamente riemerge in superficie nel dibattito pubblico: può rinascere un soggetto politico di ispirazione cattolica in Italia? Forse, per la prima volta dalla scomparsa dalla scena politica della Democrazia cristiana, qualcosa si muove sul serio. Anche perché sono passati 31 anni dal suo scioglimento ufficiale, un lasso di tempo abbastanza lungo da scongiurare il ripresentarsi di operazioni nostalgia, Andreotti e Forlani sono insomma riposti nel cassetto dei ricordi. L’appuntamento è per il prossimo mese di luglio (dal 3 al 7) alle “Settimane sociali dei cattolici in Italia”, in programma a Trieste; l’evento vedrà la partecipazione attiva di movimenti, associazioni, cooperative; oltre che, naturalmente, di vescovi, religiose e preti.

Ma, per la prima volta dopo tanto tempo, i protagonisti saranno i laici, i credenti impegnati nella vita civile e politica. Si sta forse per chiudere davvero la lunga stagione del vescovo “pesce pilota”, per usare un’espressione del papa, cioè del vescovo che svolgeva un ruolo di supplenza rispetto ai credenti, sui grandi temi politici ed economici che attraversavano il mondo? Vedremo; di certo la chiesa non smetterà di parlare, e tuttavia un nuovo attivismo del laicato cattolico sembra annunciarsi. L’operazione, d’altro canto, parte autorevolmente con una doppia "benedizione”: quella laica del capo dello Stato, il cattolico Sergio Mattarella che interverrà in apertura dei lavori, e quella di papa Francesco che chiuderà l’evento.

Cristiani al centro del sociale

E, in effetti, il magistero del pontefice, proiettato sui grandi temi sociali dell’epoca, e incentrato sul richiamo continuo al tema della sinodalità (intesa come partecipazione il più possibile larga), ha fatto da motore al tentativo di ripresa del cattolicesimo italiano. Anche perché, come si legge nel documento preparatorio dell’appuntamento, “L’ascolto di tante realtà associative, del mondo cooperativo, delle tante imprese sociali e civili, ci induce ad essere ottimisti. Non possiamo non riconoscere che i cristiani non sono (solo) quelli che frequentano le chiese: li troviamo nelle corsie degli ospedali, disposti ad ascoltare i pazienti, nelle scuole dove ci sono insegnanti che sanno educare e capire i loro allievi, nelle aziende sane dove si coltiva un’idea di economia civile capace di mettere al centro la persona e l’ambiente. I cristiani li troviamo nei luoghi della vita quotidiana, nei quartieri dove si fanno carico delle solitudini delle persone, nelle reti di prossimità, nelle azioni in difesa del pianeta e della biodiversità, dove fanno esercizio di creatività e di immaginazione. Osano, propongono, mettono a terra idee e progetti”.

Non sarà un partito ma…

Che forme prenderà questo movimento? È presto per dirlo: difficile si tratti di un partito in senso classico, almeno in questa fase, più probabile che si presenti come una federazione o un cartello di associazioni che si muovono trasversalmente su vari temi. È già accaduto sulla pace, dove diverse associazioni cattoliche – Acli, Agesci, Azione cattolica, Comunione e liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Mcl, Movimento politico per l’unità e Rinnovamento nello spirito – hanno firmato un appello comune rivolto ai candidati alle prossime elezioni europee nel quale si chiede fra l’altro, di «assumere esplicitamente la responsabilità di porsi come interlocutore per la pace, proponendo senza riserve la via diplomatica e della vera politica».

Quella del coordinamento fra grandi e piccole associazioni, tuttavia, è una strada almeno in parte già battuta anche in passato, e non è che abbia avuto molta fortuna, né sarà sufficiente, a questo punto, puntare solo su una sorta di lobbismo cattolico per far pressione su determinate questioni. Conterà molto il rapporto con i territori e con gli eletti a livello locale, quindi la capacità di costruire reti a partire dal basso. E proprio su questo si sta lavorando in vista dell’appuntamento di Trieste. Se la crisi della democrazia in Italia e in Europa, la necessità di progettare nuove forme di welfare, di economia sociale, di ridare spazio e speranza alle nuove generazioni, sono fra i temi trainanti che spingono il laicato cattolico a mobilitarsi, è interessante vedere anche il modello di Europa che sta emergendo da parte cattolica.

L’Europa abbia una difesa comune

In questo caso il testo più significativo è costituito dalla lettera aperta all’Unione europea scritta dal presidente dei vescovi italiani Matteo Zuppi, insieme a monsignor Mariano Crociata, presidente degli episcopati dell’Unione; e non manca qualche sorpresa come il chiaro riferimento al tema della difesa comune quale garanzia di indipendenza e autorevolezza per una propria politica estera, o al rischio derivante per le democrazie dalla diffusione della disinformazione. «Cara Europa – si legge fra le altre cose nel documento - è tempo di un nuovo grande rilancio del tuo cammino di Unione verso una integrazione sempre più piena, che guardi a un fisco europeo che sia il più possibile equo; a una politica estera autorevole; a una difesa comune che ti permetta di esercitare la tua responsabilità internazionale; a un processo di allargamento ai Paesi che ancora non ne fanno parte, garanzia di una forza sempre più proporzionata all’unità che raccogli ed esprimi.  Le esigenze di innovazione economica e tecnica (pensiamo all’Intelligenza Artificiale), di sicurezza, di cura dell’ambiente e di custodia della “casa comune”, di salvaguardia del welfare e dei diritti individuali e sociali, sono alcune delle sfide che solo insieme potremo affrontare e superare. Non mancano purtroppo i pericoli, come quelli che vengono dalla disinformazione, che minaccia l’ordinato svolgimento della vita democratica e la stessa possibilità di una memoria e di una storia non falsate».

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