La partecipazione del papa al G7, che si terrà in Puglia, a Borgo Egnazia, dal 13 al 15 giugno, su invito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è solo l’ultimo passo di un nuovo patto fra chiesa e governo che si è andato delineando da tempo. Si pensi solo agli “stati generali della natalità” tenutisi nel maggio del 2023 a Roma, all’auditorium di via della Conciliazione, nei pressi del Vaticano: all’epoca Francesco e il capo del governo parlarono insieme, sia pure con accenti diversi, dal palco della kermesse in un clima di cordialità e amicizia. Ora l’annuncio dato dalla leader di Fratelli d’Italia è arrivato giusto in tempo, il 26 aprile, per gettare acqua sul fuoco delle polemiche che avevano segnato la ricorrenza della Liberazione in cui, come di consueto, gli esponenti della destra di governo si erano mostrati incapaci di recidere in modo netto e inequivocabile, i legami col ventennio fascista.

Un assist? Una coincidenza? Sia come sia, la Sala stampa della Santa Sede ha confermato la presenza del pontefice al G7 – la prima volta in assoluto di un papa a un simile vertice – nella sessione dei lavori che toccherà il tema dell’intelligenza artificiale (Ia). «La richiesta di una parola della Chiesa, e in particolare del Papa, va proprio nel senso di dare un orientamento su questa tematica che oggi è di grandissima attualità e nello stesso tempo di grandissima preoccupazione. Vedo in questo invito la richiesta di criteri etici per affrontare la questione», spiegava il giorno dopo l’annuncio sul quotidiano della Cei Avvenire, il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, dando il crisma dell’ufficialità all’evento.

E se c’è da credere che la decisione del papa sia stata di tipo personale rispetto alla richiesta proveniente da Giorgia Meloni, il contesto nel quale avvengono le cose è più ampio. Intanto perché per la Santa Sede si tratta di un’occasione unica per farsi ascoltare a livello mondiale, non per caso il Vaticano si è mosso molto sul tema dell’intelligenza artificiale attraverso la Pontificia accademia per la vita guidata da mons. Vincenzo Paglia; non si dimentichi inoltre che lo stesso governo ha nominato dallo scorso gennaio, un frate, Paolo Benanti, studioso del rapporto fra etica e progresso scientifico, nonché uomo di fiducia del papa sull’intelligenza artificiale, presidente della Commissione AI, organo del dipartimento per l’Informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio; Benanti prendeva il posto di Giuliano Amato.

Il regista

Ma c’è una regia politica dietro “l’entente cordiale” maturata fra palazzo Chigi e i sacri palazzi che va rintracciata nell’operato instancabile del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

Solo per fare un esempio lo scorso 27 aprile Mantovano si trovava nella basilica di San Pietro per la messa celebrativa per i dieci anni della canonizzazione di Giovanni Paolo II; a presiederla era il cardinale Giovanni Battista Re, (decano del Collegio cardinalizio) fra i presenti c’erano i cardinali Pietro Parolin (Segretario di Stato), Camillo Ruini (ex presidente della Cei), Tarcisio Bertone (ex segretario di Stato), Gualtiero Bassetti (ex presidente della Cei), Stanislaw Dziwisz (ex segretario personale di Karol Wojtlya), Konrad Krajewski (elemosiniere di papa Francesco), Angelo Comastri (ex vicario del papa per la Città del Vaticano). Il sottosegretario di Giorgia Meloni, oltre a vantare una lunga carriera come magistrato e come esponente politico della destra italiana, da Alleanza nazionale a Fratelli d’Italia, è infatti un cattolico tradizionalista impegnato.

È lui che tesse la tela fra le due sponde del Tevere; del resto Mantovano è da tempo al centro di un network cattolico integralista formato da diverse associazioni: è stato presidente della fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla chiesa che soffre”, ente che raccoglie decine di milioni di euro in tutto il mondo e li elargisce alle chiese perseguitate, dall’Iraq all’Ucraina (e, anche per questo, può contare su buoni appoggi in Vaticano); l’organizzazione promuove una visione fortemente identitaria della Chiesa e dei cristiani e si muove a livello globale.

C’è poi il “Centro studi Rosario Livatino”, di cui Mantovano è stato vicepresidente, impegnato soprattutto sul fronte bioetico: contro eutanasia, fine vita, aborto, riconoscimento dei diritti degli omosessuali. Inoltre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio è assai vicino a “Pro vita e famiglia”, versione italiana dei pro life americani, il cui obiettivo è impedire anche a livello legislativo l’aborto; infine c’è “Alleanza cattolica”, gruppo integralista schierato sempre sulle tematiche bioetiche, col quale pure Mantovano ha collaborato.

Il Giubileo

Non va però dimenticato il ruolo decisivo di coordinatore della cabina di regia del prossimo Giubileo svolto da Mantovano, che vedrà una pioggia di milioni affluire a Roma, grazie ai fondi del Pnrr, per interventi di riorganizzazione della capitale e per gestire i grandi eventi che vedranno la chiesa e il papa come protagonisti assoluti.

Qui, insieme al sindaco di Roma Roberto Gualtieri, Mantovano lavora allo stesso tavolo con mons. Rino Fisichella, responsabile dell’anno santo per la parte vaticana, che ben conosce la politica italiana. In questa veste, inoltre, ha avuto e ha rapporti stretti anche con la segreteria di Stato vaticana.

Come se non bastasse, tuttavia, il governo ha affondato il colpo anche sul tema aborto, con il recente voto del Senato di un provvedimento che consente alle associazioni contrarie all’aborto, di operare all’interno dei consultori familiari. La questione, del resto, ha ormai assunto una dimensione europea: anche il parlamento di Strasburgo, infatti, di recente ha votato una risoluzione, non vincolante, per inserire l’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.

Il voto era stato accompagnato dalla protesta della Comece, la commissione dei vescovi dell’unione europea, guidata attualmente da mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina ed e segretario generale della Cei. «Promuovere e facilitare l’aborto va nella direzione opposta alla reale promozione delle donne e dei loro diritti», tuonavano i vescovi, «l’aborto non potrà mai essere un diritto fondamentale».

Quindi aggiungevano: «L’Unione europea deve rispettare le diverse culture e tradizioni degli Stati membri e le loro competenze nazionali. L’Unione europea non può imporre ad altri, all’interno e all’esterno dei suoi confini, posizioni ideologiche sulla persona umana, sulla sessualità e sul genere, sul matrimonio e sulla famiglia, ecc. La Carta dei diritti fondamentali dell’Ue non può includere diritti che non sono riconosciuti da tutti e che sono divisivi».

Dall’aborto al caso Vannacci

Alle parole degli episcopati europei facevano eco quelle di Alfredo Mantovano dal palco di Pescara dove era in corso la convention di Fratelli d’Italia: «Capita che ci siano provvedimenti europei in contrasto» coi Trattati, «ad esempio inserire l’aborto tra i diritti fondamentali dell’Unione europea: confido che il nuovo Parlamento che andremo a eleggere non scriva più pagine simili non solo per il contenuto ma perché completamente fuori dal perimetro» delle competenze dell’Ue.

«L’unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze attribuite dagli stati membri nei trattati», aggiungeva Mantovano, «qualsiasi competenza non attribuita appartiene agli stati, un racconto un po’ diverso da quello che ci viene fatto quotidianamente».

Certo, uscite come quella del candidato leghista a Strasburgo Roberto Vannacci sulle classi differenziate per i disabili rovinano un po’ il clima generale e costringono anche la Cei a prendere posizione; in questo caso però, è intervenuto un leghista doc come il ministro dell’Economia Giancarlo Gioretti, assai vicino all’Opus Dei, a prendere le distanze da Vannacci e forse pure da chi lo ha candidato.

Lo stesso ministro infatti, lo scorso novembre, ringraziava le scuole cattoliche riunite nella loro 78esima assemblea, affermando: «Siamo molto attenti agli sforzi generosi in termini di passione, di impegno e di tempo ma anche di risorse economiche che impiegate verso gli alunni disabili le cui iscrizioni sono in forte aumento nelle scuole paritarie cattoliche: è un tema che ci sta molto a cuore, e il nostro è uno sguardo consapevole verso i problemi che incontrate tutti i giorni, verso le difficoltà di molti istituti che hanno secoli di storia». Non proprio la linea Vannacci.

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