Il 9 ottobre sarà passato un anno da quando i leader neofascisti di Forza Nuova, Giuliano Castellino, Roberto Fiore e Luigi Aronica hanno guidato l’assalto alla sede della Cgil. Un’azione contro la sede del sindacato che per Emilio Ricci, vicepresidente dell’Anpi, «non ha precedenti storici se non nel ventennio mussoliniano», come ha detto in una delle udienze del processo che vede i tre imputati per devastazione e istigazione a delinquere.

La Cgil, che sabato 8 ottobre tornerà in piazza a Roma, si prepara a ricordare quello che è accaduto offrendo delle visite guidate alla sede allora distrutta. Nelle stesse ore Castellino, diventato direttore di “Italia mensile” terrà un’assemblea insieme al suo avvocato, Carlo Taormina, e a un altro degli imputati, Biagio Passaro, per lanciare il loro nuovo movimento “Italia libera”. Il 9 la Cgil ospiterà una tavola rotonda “a un anno dall’assalto fascista”. La stessa mattina i coordinatori di Italia Libera leggeranno una lettera alla Cgil.

I processi

Dall’anno scorso sono nati tre processi, l’ultimo sta per partire. La prima udienza è fissata il 18 ottobre e avrà come imputati Nicola Franzoni, Mirko Passerini, Emiliano Esperto, Claudio Toia e Alessandro Brugnoli, tutti della galassia forzanovista. Ma già il 15 ci sarà una nuova udienza del filone principale, quello che coinvolge Castellino, Fiore e Aronica.

Attualmente si registra una sola sentenza, quella dell’unico processo in cui l’Anpi è stata accolta tra le parti civili. Lì è arrivata la condanna per devastazione tra gli altri per Fabio Corradetti, il figlio della compagna di Castellino, e Massimiliano Ursino, di Forza Nuova Palermo. Si attende a breve la motivazione per comprendere la lettura della giudice degli eventi che per l’Anpi sono di chiaro stampo fascista.

I passaggi politici

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La parola “fascismo” non si trova in nessuno dei capi di imputazione dei tre processi. Dopo i fatti, la ministra dell’interno Luciana Lamorgese ha riferito in parlamento su quanto è accaduto trovando le polemiche di più parti politiche. A questo si è aggiunto il dibattito parlamentare per sciogliere Forza Nuova.

Due ordini del giorno hanno dato mandato al governo di verificare se ci fossero le condizioni, in una versione diluita delle dichiarazioni del centrosinistra che chiedevano invece la fine di questo e di tutti gli altri partiti neofascisti.

Alla fine Forza Nuova è ancora lì, Castellino ha dichiarato di non essere più il vicesegretario del partito per seguire l’appello contro le “tecnocrazie” di monsignor Dario Viganò. Fiore ha provato a presentare la sua lista alle elezioni del 25 settembre.

Tra i partiti che si sono confrontati in parlamento, alle politiche è arrivato primo Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. La quasi presidente del Consiglio all’epoca non aveva ritenuto chiara “la matrice” dell’attacco. Con il suo partito, si è astenuta sulla richiesta di scioglimento. Quando aveva interrogato la ministra in Aula aveva detto che il problema della manifestazione era stata una «strategia della tensione» del governo.

Da una parte Meloni si dichiarava lontanissima da Forza Nuova, dall’altra però il testo presentato dal suo partito «chiedeva la la tutela delle forze dell’ordine e dei cittadini che democraticamente e legittimamente manifestano il loro dissenso rispetto a provvedimenti del governo». ll questore Matteo Piantedosi, che aveva dovuto gestire l’assalto finito con cancelletti divelti e 38 agenti feriti, adesso è dato tra i possibili nomi per il ministero dell’Interno del governo di centrodestra. 

I fatti

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Nell’assalto che per l’Anpi ricorda il 1922, anno della marcia su Roma, nel 2021 tutto è stato documento da un ampio numero di video che hanno registrato quello che è accaduto in pieno giorno. Per l’accusa la devastazione, il principale capo di imputazione per tutte le figure identificate dalla digos, è evidente.

I militari si trovavano in piazza Bocca della Verità dove si svolgeva, in contemporanea a piazza del Popolo, il presidio di un altro segmento del mondo che si opponeva al green pass. Erano coinvolte 13mila persone.

Poco prima delle cinque, tremila manifestanti guidati da Fiore e Castellino però hanno deciso di dirigersi verso il sindacato. Franzoni aveva detto: «Alla fine dell’intervento di Giuliano, la piazza segua Castellino e l’obiettivo lo capirete». Castellino si rivolgerà più volte alle forze dell’ordine: «Portateci da Landini o lo andiamo a prendere noi».

Nel verbale di arresto viene descritta “la marcia di Castellino” (esatte parole del documento) e degli altri che sono stati via via identificati dalle immagini. Il gruppo si è reso protagonista «di gravi episodi di devastazione, accanendosi sugli arredi e sugli oggetti presenti nei vari uffici».

La solita manifestazione

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In tribunale risuonano le parole di Fabio Abis, dirigente della polizia: «Quando è cominciata mi sono detto: è la solita manifestazione, arriveremo a tre-quattromila persone». Il numero crescerà e la folla si spaccherà. L’agente Pietro Berti ha ribadito di aver provato a bloccare i manifestanti con Castellino davanti alla Cgil: «Gli risposi che Landini non c’era. Proprio in quel momento dal marciapiede le prime persone iniziarono a passare». I primi cinquanta, poi cento, poi sempre di più.

All’epoca era arrivata la precisazione del prefetto Piantedosi: «Solo nelle ultime ore prima dell’evento (...) è stato possibile rilevare un livello della partecipazione non solo quantitativamente molto elevato, ma pure caratterizzato dalla variegata composizione dell’adesione alla manifestazione».

La difesa

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A un anno di distanza, la linea della difesa ricalca il punto di vista dell’interrogazione di Meloni che ha portato Lamorgese in parlamento. Per Fratelli d’Italia, si leggeva nel testo, «desta sconcerto che tale specifico assalto fosse stato annunciato addirittura dal palco diverso tempo prima» e «che i manifestanti abbiano avuto tempo di percorrere ben due chilometri che li separavano dalla piazza alla sede della Cgil senza che alcuno intervenisse». La colpa è del ministero dell’Interno che non è intervenuto.

Carlo Taormina è addirittura convinto che l’impianto accusatorio non regga del tutto, perché a loro dire nemmeno le immagini riescono a dimostrare la gravità del reato e che lo abbiano commesso i suoi assistiti: per i suoi imputati ha chiesto l’assoluzione.

La questione fascista è stata dimenticata, accantonata dalle cronache e dalla politica. Il governo, dopo che Draghi era andato a fare visita alla Cgil, non è mai intervenuto e anzi ha chiesto di moderare i documenti in parlamento in attesa che si esprimano i tribunali. «Il fascismo non sarà nei capi di imputazione – ha detto Ricci – ma è nei fatti».

La lettera

Lo stesso giorno in cui il sindacato ricorderà l’attacco «fascista e squadrista», come ha ribadito il segretario Maurizio Landini, Taormina e Castellino lanceranno il progetto di “Italia Libera”. Non ancora un partito, per il momento «un collettore».

Sabato ci sarà un’assemblea pubblica, domenica pomeriggio lanceranno il loro manifesto: «Abbiamo invitato tutte le sigle che raccolgono lo spirito della manifestazione di un anno fa. Italexit», il partito del giornalista Gianluigi Paragone, «e il movimento Vita» dell’ex M5s no vax Sara Cunial. Paragone ha detto però «io non ci sarò, e nessuno di noi».

Nella lista degli oratori che ci saranno con certezza c’è Biagio Passaro, leader di “IoApro”, il movimento dei ristoratori che rifiutava le restrizioni per la pandemia, e Nicola Trisciuglio, avvocato nel processo.

Tra i volti noti, il filosofo Diego Fusaro. «Domenica 9, un anno dopo la Pentecoste di Libertà» si ritroveranno «i coordinatori e i quadri di Italia Libera, verrà presentato il “Libretto Azzurro” dei 7 punti e verrà letta una lettera rivolta al segretario della Cgil Landini, quella che un anno fa fu impossibile consegnargli».

L’otto sera il sindacato ha invitato tutti i partiti che, prima di contrapporsi in parlamento avevano dimostrato solidarietà al sindacato a tornare nel luogo dove il sindacato è stato ferito. Il Fatto Quotidiano ha riportato che ci potrebbe essere una delegazione di Fratelli d’Italia, ma certamente non ci sarà la leader Meloni, e non dovrebbe esserci nemmeno il fedelissimo Francesco Lollobrigida, che pure l’anno scorso aveva portato la sua solidarietà alla sede in Corso d’Italia.

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