Nel quinto anniversario del rapimento di Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato e ucciso al Cairo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiesto all’Egitto di collaborare: «Ci attendiamo piena e adeguata risposta da parte delle autorità egiziane, sollecitate a questo fine, senza sosta, dalla nostra diplomazia».

Il giovane italiano, ha detto Mattarella, «impegnato nel completare il percorso di studi, ha visto crudelmente strappati i propri progetti di vita con una tale ferocia da infliggere una ferita assai profonda nell’animo di tutti gli italiani».
Il presidente della Repubblica si è poi rivolto alla famiglia di Regeni: «In questo giorno di memoria desidero anzitutto rinnovare sentimenti di vicinanza e solidarietà ai genitori di Giulio Regeni, che nel dolore più straziante sono stati capaci in questi anni di riversare ogni energia per ottenere la verità, per chiedere che vengano ricostruite le responsabilità e affermare così quel principio di giustizia che costituisce principio fondamentale di ogni convivenza umana e diritto inalienabile di ogni persona». La famiglia ha di recente denunciato l’Italia per la vendita di armi al paese. 
La procura italiana ha di recente rinviato a giudizio quattro 007 egiziani per l’omicidio portando alla luce ulteriori rivelazioni sulle atrocità subite dal giovane: «Tra molte difficoltà – ha scritto il presidente – la procura ha portato a conclusione indagini che hanno individuato un quadro di gravi responsabilità, che, presto, saranno sottoposte al vaglio di un processo, per le conseguenti sanzioni ai colpevoli».
Mattarella adesso auspica «un impegno comune e convergente per giungere alla verità e assicurare alla giustizia chi si è macchiato di un crimine che ha giustamente sollecitato attenzione e solidarietà da parte dell’Unione Europea». Il Parlamento europeo ha di recente approvato una risoluzione per chiedere all’Egitto di cooperare e ha chiesto il rilascio di Patrick Zaki, lo studente egiziano in carcere dallo scorso febbraio.
La collaborazione del paese, conclude Mattarella è «un impegno responsabile, unanimemente atteso dai familiari, dalle istituzioni della Repubblica, dalla intera opinione pubblica europea».

Il parlamento

Anche dal parlamento si sono levate voci per chiedere una reazione da parte dell’Egitto. Il presidente della commissione Regeni Erasmo Palazzotto ha ricordato: «Cinque anni fa oggi, al Cairo, alle 19:41 Giulio Regeni inviava l’ultimo messaggio e pochi minuti dopo il suo cellulare avrebbe agganciato, un’ultima volta, il ripetitore all’interno della stazione metropolitana di Dokki».

Sono quelli gli ultimi minuti «o i primi, di un lungo inferno che il regime egiziano ha brutalmente inflitto al giovane ricercatore italiano. Un inferno che è andato mostruosamente oltre il rapimento, la tortura e la barbara uccisione di Giulio, perché prolungato da omissioni, depistaggi e colpevoli menzogne».
Per Palazzotto l’inferno continua: «Cinque anni dopo quel maledetto 25 gennaio e che potremo considerare chiuso, almeno su un piano giudiziario, solo il giorno in cui l’Egitto deciderà di collaborare».

Davanti «a un crimine così grande e così brutale, non possiamo che continuare ad impegnarci, ogni giorno, per ottenere Verità e Giustizia sostenendo la grande battaglia di civiltà che i genitori di Giulio quotidianamente conducono».

Il presidente della Camera Roberto Fico intervistato da Repubblica si è espresso ha favore di leggi più restrittive sulla vendita di armi: «La vendita di armi all’Egitto è stata un’immagine che non avremmo voluto vedere - sostiene -. Rispetto alla violazione della legge che definisce i criteri per la vendita di armamenti sarà la magistratura a valutare. Personalmente comunque sarei per una revisione della legge, inserendo paletti più rigidi».

Fico ha ringraziato a sua volta la famiglia Regeni: «Voglio ringraziarli ancora perché in questi anni non si sono arresi mai e anche di fronte alla mancanza di collaborazione degli inquirenti egiziani hanno continuato a lavorare, a mettere insieme i pezzi. Di certo non finisce qui. Vogliamo verità e giustizia. Fino in fondo»,

Sull'ultima risposta arrivata dalla procura generale del Cairo, ha ripetuto: «Le risposte più recenti della procura generale del Cairo rasentano la provocazione, e offendono la nostra intelligenza».

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