Alessandro Zan, deputato del Pd, sfida le destre al governo. Dopo pochi giorni dall’insediamento del nuovo parlamento, l’esponente democratico ha depositato agli uffici di Montecitorio una nuova proposta di legge sull’omotransfobia. L’intenzione è quella di esaminarla il prima possibile in commissione Giustizia, inserendola in calendario tra le proposte che le opposizioni possono chiedere di trattare. Il testo ricalca quasi del tutto la sua vecchia legge, mai andata in porto nella precedente legislatura a causa delle resistenze della Lega e di Italia viva. Il testo odierno, però, è stato depurato dei due articoli più critici, tra cui quello che riguardava le “definizioni”, in cui si spiegava che cosa si intende per sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. 

Nella precedente legislatura, il testo era stato approvato alla Camera a novembre del 2020 dopo una serie di modifiche proposte anche dall’allora ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti (esponente di Iv).

Successivamente è passato al Senato dove però il suo iter si è fermato del tutto: prima ha incontrato le resistente della commissione Giustizia, in particolare del presidente leghista Andrea Ostellari, che ha deciso di tenere per sé la delega di relatore, con cui ha potuto rallentare l’iter della proposta di legge. Poi sono subentrate le critiche di Italia viva.

Una volta arrivato in aula, il ddl Zan è stato accantonato. Con 154 voti a favore i senatori hanno approvato la richiesta di non esaminare la legge articolo per articolo. Il voto si è svolto a scrutinio segreto. Così facendo il ddl non è potuto tornare in commissione prima di sei mesi, ma date le elezioni anticipate, e le divisioni interne al Partito democratico, non è stato possibile riprenderne l’esame. 

Il nuovo testo

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Il nuovo ddl Zan, come il precedente, interviene su due articoli del codice penale e amplia la cosiddetta legge Mancino, introdotta nel 1993 per punire i crimini d’odio e dell’incitamento all’odio, inserendo accanto alle discriminazioni per razza, etnia e religione (già contemplate) anche le discriminazioni per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Prevede poi una serie di azioni per prevenirle.

Così facendo, il progetto di legge introduce la possibilità del carcere, con una pena fino a quattro anni, per chi istiga a commettere discriminazioni o violenze di stampo omofobo.

Cosa manca

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Il deputato del Pd ha deciso di eliminare due degli articoli più problematici della legge. Il primo, quello in cui si prevedevano una serie di “definizioni”, e il quarto, che introduceva la cosiddetta clausola per la libertà di opinione. 

Il primo articolo conteneva una serie di definizioni utili a capire il resto della proposta di legge. Spiegava dunque che cosa si intende per sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Tutti termini ed espressioni già utilizzati nel nostro ordinamento. Eppure il termine “identità di genere” è stato aspramente contestato dalla Lega e, successivamente, durante il passaggio al Senato, anche da Matteo Renzi, leader di Italia viva.

Una sentenza della Corte costituzionale (221 del 2015), in materia di rettificazione dell’attribuzione di sesso, ha già definito l’identità di genere come elemento costitutivo dell’identità della persona: «Il diritto all’identità di genere» è «elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona».

Lo stesso termine è presente nella cosiddetta Convenzione di Istanbul del 2011, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne. L’Italia è stata uno dei primi paesi a ratificarla, anche grazie ai voti di Lega e Forza Italia.

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