il capo dello stato scrive a Francesco in occasione dell’11° anniversario del pontificato. Rinsaldati i rapporti fra Quirinale e Santa sede, il presidente legge in chiave positiva le parole del pontefice che avevano suscitato critiche da parte di diversi governi europei
Il messaggio per l’11° anniversario dell’inizio del pontificato inviato dal presidente Sergio Mattarella al papa, nel quale si dà atto al pontefice di aver contribuito con i suoi instancabili appelli per la pace alla ricerca di una soluzione ai conflitti fondata sul diritto internazionale, ha rappresentato una piccola ma significativa boccata d’ossigeno per la diplomazia del Vaticano.
Ha scritto infatti il capo dello stato al pontefice: «Nel corso dell’ultimo anno i suoi incessanti appelli alla tutela dei bisognosi, degli emarginati, di coloro che soffrono a causa di conflitti e violenza, e alla pace hanno offerto spunti di riflessione per quanti sono sinceramente impegnati nella ricerca di soluzioni ispirate a fondamentali principi di diritto internazionale e a criteri di giustizia e di autentica equità».
Bandiera bianca
In merito al conflitto in Ucraina, le ultime e azzardate esternazioni di Francesco sui negoziati di pace che Kiev dovrebbe chiedere, con tanto di bandiera bianca da alzare non in segno di resa ma quantomeno di pace e di tregua, avevano scatenato le reazioni critiche di diverse cancellerie europee, raccogliendo solo il plauso del Cremlino.
Un isolamento, quello della Santa sede, divenuto più palpabile con le notizie provenienti dalla Russia dove si sono appena svolte le elezioni presidenziali. La prevedibile vittoria di Vladimir Putin, fondata sull’estromissione di qualsiasi credibile candidato di opposizione o per vie burocratiche (come nel caso di Boris Nadezhdin), oppure ricorrendo a mezzi estremi, come dimostra la vicenda di Aleksej Navalny, ha avuto un’eco anche in Vaticano.
Del resto, proprio su questo punto per la Santa sede si apre un problema di non poco conto. La sorte toccata a Navalny riguarda il rispetto della dignità umana – tema assai caro al papa – per almeno due aspetti. In primo luogo quello relativo alla disumanità del trattamento detentivo. Poi la limitazione dei diritti umani fondamentali attraverso l’impedimento arbitrario di partecipare alla vita politica e democratica del suo paese.
Dunque, il messaggio del Quirinale tende a riconnettere, al di là delle contingenze politiche e delle urgenze del conflitto, il messaggio di pace del papa, che pone sempre al primo posto le vittime civili delle guerre, agli sforzi comunque necessari a livello diplomatico per il raggiungimento di una pace inscritta in un disegno ispirato al rispetto del diritto internazionale.
Il Quirinale e la Santa sede
In tal senso, anzi, si può dire che nel testo del capo dello Stato, è altresì da leggersi un rinsaldarsi di un asse ormai classico dei rapporti istituzionali sviluppatisi nel corso dell’ultimo quarto di secolo: quello fra Santa sede e presidenza della Repubblica, in cui la prima vede la seconda come unico vero garante della costituzione repubblicana, dell’unità del paese e argine insostituibile alle possibili spallate ideologiche di chi invece vuole mettere in discussione l’assetto costituzionale.
«Poche settimane orsono – si legge non a caso nel messaggio del Quirinale – abbiamo ricordato il 95° anniversario dei Patti lateranensi e il 40° del concordato repubblicano. Nella certezza che il raggiungimento di tali storici traguardi abbia ulteriormente consolidato la feconda collaborazione tra la Santa sede e l’Italia, desidero manifestarle la mia profonda gratitudine per la premura nei confronti del popolo italiano, testimoniata anche dalle visite apostoliche a Venezia, Verona e Trieste che ella si accinge a compiere».
Nelle parole di Mattarella, d’altro canto, è possibile scorgere anche un richiamo all’autorità morale del papa, al suo ruolo di personalità di riferimento capace di rivolgersi a tutti, credenti e non credenti, quando ci si trova ad affrontare i nodi cruciali dell’epoca che stiamo attraversando: «Di fronte alle principali sfide del nostro tempo – non soltanto le guerre, ma anche le crescenti disparità economiche e sociali, i rischi ambientali e le ricadute etiche dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale – credenti e non credenti sono chiamati a confrontarsi per individuare risposte coerenti con la tutela della dignità umana e con la promozione, in ogni ambito e circostanza, del bene comune».
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