Si chiama iter legis, ma nonostante il latino, la trattazione delle leggi ha perso ogni parvenza di solennità per lasciare spazio al lassismo: il decreto legge “election day” sulle modalità di svolgimento delle elezioni,  approvato dal Consiglio dei ministri il 21 aprile, e arrivato in Gazzetta ufficiale il 4 maggio, è ancora in prima lettura alla Camera e l’approvazione definitiva arriverà ben oltre la tornata delle amministrative.

Le elezioni e il referendum saranno il 12 giugno ma il primo via libera, se tutto andrà bene, arriverà il 15, quando Montecitorio l’ha messo nel calendario dell’Aula. Poi passerà al Senato, quindi i lavori a palazzo Madama partiranno quando i comuni al voto si staranno preparando ormai per il ballottaggio e il referendum sarà storia. La conversione in legge, quando arriverà, a quel punto non potrà che essere una presa d’atto di quanto già accaduto.

Il decreto e le mascherine

Il decreto specifica le modalità di svolgimento delle elezioni amministrative e della consultazione referendaria. Oltre a stabilire che serve ancora il distanziamento sociale e a fissare i fondi per i seggi ospedalieri e i kit di sicurezza con mascherine e gel per gli scrutatori, include pure il passaggio sulla sicurezza che in questi giorni sta ricevendo tante critiche da parte della Lega.

Nel testo infatti si fa riferimento al protocollo di sicurezza che ha fissato il ministero della Salute insieme al ministero dell’Interno. Il documento ha stabilito che anche questa volta gli elettori dovranno indossare obbligatoriamente la mascherina chirurgica.

Su questo, Matteo Salvini ha lanciato ieri la nuova campagna. Per la Lega promotrice dei referendum, la mascherina potrebbe scoraggiare l’elettorato: «Incredibilmente si voterà ai referendum con l’obbligo di avere la mascherina. Faremo ricorso» perché «ormai puoi andare ovunque senza mascherina mentre domenica 12 giugno, con 40 gradi, se vai al seggio a Milano o a Roma senza mascherina non ti fanno votare. Secondo me è una follia», ha detto martedì il segretario del Carroccio a Mattino Cinque.

Si può obiettare che il governo ha tardato a presentare il testo. L’approvazione dei decreti legge è prevista infatti entro 60 giorni dalla loro pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il che vuol dire che comunque l’esecutivo non si è preoccupato dell’ipotesi che si potesse andare oltre la data delle elezioni.

Da allora però, nessuna parte politica, inclusa la Lega che si lamenta delle mascherine, ha fatto riferimento al fatto che se proprio ci avessero tenuto, i parlamentari avrebbero potuto fare pressioni in sede parlamentare per cambiare il testo. Nessuno si è espresso per velocizzare l’esame, né si è fatto avanti in commissione Affari costituzionali, lì dove è in discussione e si può realmente incidere per cambiare le proposte dell’esecutivo.

I leghisti e tutti gli altri sarebbero potuti intervenire su questo passaggio, cosa che invece non è stata fatta, visto che l’ultima seduta in cui si è parlato del testo è finita con un rinvio senza nessun commento. Anzi, come si evince dai resoconti, non è partito neanche l’esame degli emendamenti.

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