La prima settimana complicata da quando è segretaria, causa perturbazioni interne sul caso De Luca e sul caso Ciani, peraltro arrivate dopo la sconfitta cocente delle amministrative, finisce con un weekend di segno positivo per la segretaria. Sabato a Roma Elly Schlein è stata il politico (nel caso specifico, una politica) più acclamata dal partecipatissimo corteo del Roma Pride, al quale ha partecipato senza economia di selfie, balli e abbracci. Giocava in casa: è da sempre attivista del movimento Lgbtq+, oltre al fatto meno indispensabile di avere una fidanzata.

In realtà giocava in casa anche ieri mattina a Napoli, quando ha tenuto a battesimo la rinascita di Art.1 nella nuova forma di associazione culturale, dopo che il partito Art.1 era stato sciolto il giorno prima con un’assemblea nazionale. Anche lì per Schlein era una comfort zone: gli ex scissionisti sono stati suoi grandi elettori. Ma con loro il rapporto speciale va oltre. Ieri la segretaria del Pd ha salutato l’iscrizione di Pier Luigi Bersani, uno dei fondatori del partito (ma i parlamentari e i nominati in segreteria e direzione erano ovviamente già iscritti): «È una grande emozione aver ascoltato quello che è stato il mio segretario, oggi da sua segretaria. Se sono qui è anche grazie al tuo e al vostro impegno di questi anni. Non lo scordo, in questi anni abbiamo tenuto un punto fermo insieme».

Qui c’è da aprire una parentesi. All’assemblea non c’era Massimo D’Alema, l’altro padre fondatore di Art.1. «Lo ha deciso lui», assicurano gli organizzatori. Comunque sia andata, chi ha deciso ha deciso bene: la sua presenza avrebbe messo in imbarazzo la segreteria Pd, causa il suo coinvolgimento, giudiziario o no non è centrale, in una fallita vendita di armi al governo colombiano (quello precedente, di destra, che sparava sui sindacalisti). Chiusa parentesi.

La sintonia con la Ditta va al di là del sostegno alle primarie. All’assemblea Bersani dice la sua, ed è una linea molto in linea con la segretaria: «Serve una discussione politica che chiuda la diatriba stucchevole fra moderatismo e radicalismo. Dire che bisogna finirla con salari da 3,5 euro è troppo di sinistra?». E poi direttamente a lei, da «semplice iscritto»: «La tua elezione è stato un colpo di gong micidiale, ma bisogna andare avanti. C’è tanta di quella forza fuori e nei singoli territori. Quanta gente c’è che vorrebbe sentirsi dire credibilmente “Venite qui che c’è un nuovo Pd”». Schlein gli risponde, c’è corrispondenza di amorosi sensi: «Il Pd non deve cullarsi in un’idea di autosufficienza, dobbiamo continuare ad allargare e ad aprire».

Il dialogo di Napoli, come già venerdì sera l’intervista che la segretaria aveva dato alla Repubblica delle idee a Bologna, sono l’anticipazione della sua relazione alla direzione di oggi pomeriggio: dove ci sarà «una discussione aperta e plurale, che metta al centro i temi dell’agenda politica con cui vogliamo parlare al paese e ricominciare ad aprire», dice ai cronisti. «Io continuerò a preservare quella pluralità a patto che si riconosca che ho ricevuto alle primarie un mandato chiaro, per andare avanti a costruire unità e coerenza, per allargare le nostre alleanze. Sia alle forze politiche dell’opposizione sia alle forze civiche».

Al paese per parlare al Pd

Senza trascurare, o trascinare, i problemi che si aprono nel Pd. Ieri, a sorpresa, prima di ripartire da Napoli ha voluto incontrare Vincenzo De Luca, che non le ha risparmiato mai critiche; fino all’ultima, dopo il declassamento del figlio Piero alla Camera («Non c’è nulla di più volgare dei radical chic senza chic»). Il presidente della Campania si era lamentato anche di non essere stato invitato all’assemblea di Art.1 (ma in genere i saluti istituzionali li fa il sindaco della città ospite, in questo caso infatti li aveva fatti Gaetano Manfredi). Un incontro durato un’ora e poi definito «cordiale», «franco», «un primo confronto sulle tematiche del partito della Campania», secondo fonti del Nazareno. Il partito della Campania che Schlein ha fatto commissariare.

Nel discorso di oggi Schlein prepara le sue proposte su sanità, lavoro, salario minimo, abolizione degli stage gratuiti, attuazione del Pnrr, emergenza climatica, casa, autonomia differenziata. Affrontando quelli che vengono descritti come «i nodi reali». Evitando di farsi trascinare nelle polemiche. Lancerà una mobilitazione sul territorio e chiederà impegno a tutta la rete dei militanti del Pd. «Voglio andare fra la gente, nel paese reale, dove le persone fanno più fatica, dai luoghi di lavoro ai mercati», ripete spesso ai suoi. Ma anche nei circoli Pd ai quali lei da subito ha deciso di destinare una quota importante dei ricavi del tesseramento. Senza, naturalmente, trascurare il lavoro che va fatto in parlamento, dove Pd, Cinque stelle ma anche Terzo polo cercano convergenze sul salario minimo e sulla sanità pubblica (dossier quest’ultimo curato da Marina Sereni).

Parlerà dell’alluvione in Romagna e di come si sta comportando il governo, degli aiuti che non arrivano e della decisione di nominare un commissario che viene rimandata. L’accusa di essere stata poco presente nei giorni dell’emergenza non la sfiora, anzi i suoi la definiscono «vergognosa». Sabato scorso è stata a Faenza, ma senza attivare il circo mediatico; e questa è la cifra che, raccontano i suoi, ha tenuto anche in quei terribili giorni, facendo rete con i sindaci che chiedevano una mano «perché loro stessi cercavano aiuti concreti, non le passerelle che spesso inceppano la macchina dei soccorsi».

Parlerà del percorso delle alleanze. Qualcosa si muove, i contatti con Giuseppe Conte sono ricominciati, i due si parlano costantemente. E naturalmente parlerà delle elezioni europee, ma senza proporre una cabina di regia sulle liste che pure era circolata negli scorsi giorni.

Non ha paura di essere “processata”, viene assicurato. Anzi: tutti i segnali che in queste ore sono arrivati alla segretaria dalle “voci di dentro” sono segnali di distensione, anzi di volontà di collaborare. Prima che iniziasse il weekend ha parlato con Andrea Orlando, Nicola Zingaretti ma anche con Lorenzo Guerini, il capo della corrente Base riformista che ha messo in chiaro le critiche alla scelta di penalizzare Piero De Luca.

Nessuno le farà il “processo”, è l’impressione finale. Del resto è quasi ovvio: nessuno nel Pd pensa che sia una buona idea mettere sotto attacco, men che meno in discussione, una segretaria che è arrivata al Nazareno da soli tre mesi. Il tema semmai è aprire un confronto interno vero. La disponibilità c’è, a patto che però il gruppo dirigente riconosca «il mandato delle primarie», e cioè cambiare il Pd e allargarlo.

Del resto Schlein è una segretaria del tutto diversa dai suoi predecessori. Che non deve e non vuole fare come loro. Non come Nicola Zingaretti, con cui ha un rapporto affettuoso (lo si è visto nell’abbraccio al Roma Pride, c’è chi racconta che l’affetto è propiziato dalla voglia dell’ex presidente del Lazio di correre per Bruxelles). Zingaretti in due anni è finito stritolato dalle correnti: indimenticabili le parole delle sue dimissioni, da lui mai spiegate davvero: «Nel partito che guido si parla solo di poltrone e primarie mentre in Italia riesplode il Covid: me ne vergogno».

Schein non deve fare neanche come Enrico Letta, cioè deve provare a non perdere rovinosamente il treno delle alleanze alle prossime politiche; c’è tempo, ma ci sta lavorando. In effetti è il pericolo più forte che corre. E infine non può fare come Matteo Renzi, glielo ha ricordato lui stesso dal congresso di Italia viva a Napoli: «Cara Elly, quando tra un anno avrai preso il 41 per cento, ti darò ragione. Fino a quel momento, abbi rispetto per chi ha portato quella comunità politica a quei risultati». Alle “provocazioni” di Renzi Schlein tende a non rispondere. Ma certo, il risultato delle europee è il numero a lotto da cui dipende il futuro del Pd. E prima ancora quello della segretaria.

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