Inizia giovedì 6 ottobre il lungo processo che porterà alla selezione di un nuovo segretario per il Pd e, sperano gli iscritti, a un cambiamento che vada anche nel merito dei temi e non si limiti a un maquillage superficiale. 

Con la direzione convocata dal segretario uscente Enrico Letta, che ha già annunciato di non volersi ricandidare al prossimo congresso, si apre una stagione di analisi della sconfitta elettorale per i dem. Il timore di molti è che giovedì il segretario diventi vittima delle accuse dei tanti esclusi dal parlamento alle ultime elezioni e che debba sobbarcarsi da solo tutte le responsabilità per un risultato tra i più negativi di sempre. 

Le fasi 

Durante la direzione dovrebbe essere decisa anche la tempistica delle fasi successive del dibattito interno su come riformare il Pd. Letta l’ha diviso in quattro fasi: chiamata, nodi, confronto e primarie

La prima sarà dedicata a una «missione costituente che parte dall’esperienza della lista “Italia Democratica e Progressista”» a cui possono partecipare gli esterni al partito che vogliano iscriversi.

La seconda fase sarà quella dei “nodi”. «Consentirà ai partecipanti di confrontarsi su tutte le principali questioni da risolvere. Quando dico tutte, intendo proprio tutte: l'identità, il profilo programmatico, il nome, il simbolo, le alleanze, l'organizzazione».

Tema centrale (e difficile da risolvere) sarà sicuramente la questione delle alleanze: il Terzo polo continua a insistere per un apparentamento esclusivo con il centro, ma parti sempre più consistenti del Pd guardano ai Cinque stelle e sperano di riprendere presto il dialogo con Giuseppe Conte, che intanto sta avanzando pretese sulla guida del campo progressista. 

La terza fase sarà quella del “confronto” sulle candidature alla segreteria. Secondo Letta servirà per arrivare «a due candidature tra tutte, da sottoporre poi al giudizio degli elettori». Poi, probabilmente attorno a febbraio-marzo, si arriverà alle primarie.

Ipotesi scioglimento

Resta sul tavolo anche la possibilità, lanciata da un appello firmato da Rosy Bindi e altri intellettuali d’area e, parallelamente, da questo giornale, dello scioglimento del Pd. Un’ipotesi che è stata molto discussa in questi giorni e che per alcuni è l’unica prospettiva per ricostruire la sinistra, magari facendo cosa comune con altri attori interessati. 

Ma sono giorni in cui ogni esponente di peso propone la propria ricetta per salvare il campo progressista, e bisognerà trovare una sintesi. Pierluigi Bersani, ex segretario, ad esempio, in un’intervista al Corriere della Sera dice: «Basta primarie. Il dilemma non è sciogliere o non sciogliere, è allargare, è l’esigenza di un profilo, di un collegamento con il tema del lavoro, di una forma partito adeguata. Io lo chiamo un partito nuovo». 

Walter Veltroni, cofondatore del Pd, a colloquio con La Stampa dice che «assistiamo al paradosso per cui chi ha dimezzato i voti esulta, e un partito che ha quasi il 20 per cento discute se sciogliersi… Il Pd più che una sconfitta elettorale ha subito una sconfitta politica, rischia molto se non coltiva la sua identità e se non cambia profondamente». Veltroni vuole «tornare alle radici» e alla «identità propria» del Pd, «il soggetto che coniugava, senza la costrizione delle ideologie, la radicalità del riformismo con la pienezza delle libertà». 

Anche Peppe Provenzano, vicesegretario, è contrario allo scioglimento, dice a La Stampa. «A me sembra che rischiamo di alimentare ulteriore confusione. Di fronte al governo più a destra della storia della Repubblica, non credo che sciogliere il primo partito di opposizione possa servire. Dobbiamo invece discutere a fondo. Anzi, forse dovremmo farlo per la prima volta e non da soli». Per Provenzano bisogna «costruire un nuovo partito democratico. Affrontare finalmente il nodo della sua identità, sapendo che questo dipenderà dalla capacità di legare l’opposizione in parlamento al bisogno di alternativa che crescerà nel paese». Bisogna partire dalle fondamenta, «non dal nome». Sulle candidature, parla di «una ridicola ridda di nomi». 

Massimo D’Alema, intervistato dal Fatto, invece spiega che non ha «la passione per il rito delle autocritiche» e dice che secondo lui «il centrosinistra sarebbe molto più forte se avessimo avuto un partito socialista e un altro di sinistra cattolica», raccomandando una ripresa del dialogo con il M5s. Anche l’ex premier raccomanda una riflessione sull’identità del partito. «Non la fa il totonomi. Un partito deve avere una visione del mondo e un progetto di società. Le sembra normale che in campagna elettorale una forza di sinistra non abbia mai pronunciato la parola pace?» 

Le candidature

Nonostante il tentativo di proporre un percorso regolato al Pd per risolvere i suoi problemi e raggiungere una soluzione in maniera lineare, già nelle prime due settimane dopo il voto sono piovute autocandidature di membri del Pd e persone esterne. 

Pare ormai certa la candidatura del presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che ha annunciato la propria disponibilità ed è spalleggiato da tutta la corrente di Base riformista, quella più vicina all’ex segretario Matteo Renzi. Sembra molto probabile che si candidi anche la vice di Bonaccini, Elly Schlein, attualmente non iscritta ma apprezzata anche da una parte dell’elettorato Pd. La gloria della prima candidatura femminile le è stata però strappata dall’ex ministra Paola De Micheli, anche lei emiliana, che ha promesso una segreteria a maggioranza femminile.

Resta da capire chi saranno i candidati di Areadem, la corrente che fa capo al ministro della Cultura uscente Dario Franceschini, e della sinistra interna. Nel 2019 si erano alleate per sostenere la candidatura di Nicola Zingaretti, ma sembra che oggi le loro strade si separino, dopo che la gli interlocutori hanno respinto il nome di Vincenzo Amendola, sottosegretario uscente alle Politiche Ue, proposto da Franceschini. Finita invece la parabola di Provenzano, vicesegretario vicino alla corrente del ministro del Lavoro uscente Andrea Orlando, che però sembra volere per sé la candidatura della sinistra interna.

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