Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi è intervenuto in parlamento con una informativa sugli sbarchi dei migranti e in particolare sul caso della nave Ocean Vicking, il cui approdo in porto francese ha provocato la crisi diplomatica con l’Eliseo.

Nella relazione, il ministro ha spiegato la politica del governo, dicendo che «l’accoglienza ha un limite» e che lavorerà per bloccare  gli «sbarchi illegali» e per garantire la «dignità» delle persone da accogliere. Ha poi elencato i numeri degli sbarchi e le iniziative da intraprendere in accordo con l’Europa e i paesi africani. Soprattutto, ha spiegato come si è comportato il governo italiano nel gestire le richieste delle quattro navi ong tra cui la Ocean Viking.

Ha detto che la totalità degli interventi delle ong «non è stato coordinato dal soccorso marittimo italiano», che che la nave Ocean Viking si è diretta autonomamente verso la Francia, senza che l’Italia le negasse il porto di sbarco perché non è entrata in acque italiane. Ha poi definito le navi ong un «pull factor», ovvero un fattore che attira e aumenta le partenze via mare.

Due errori

Nelle trenta pagine di relazione, però, ci sono almeno due errori e una bugia. Il primo errore riguarda la definizione che Piantedosi dà di «luogo sicuro» per i migranti, secondo le linee guida dell’Imo (l’Organizzazione internazionale marittima dell’Onu). Piantedosi dice che le linee guida «affermano che le navi “possano essere considerate Luoghi Sicuri Temporanei qualora esse siano in grado di ospitare in sicurezza i sopravvissuti”». In realtà, il ministro traduce solo parzialmente l’articolo 6.13, virgolettando una frase che non c’è. L’articolo intero, infatti, dice che: «Una nave che presta assistenza non è considerata un luogo sicuro per il solo fatto che i sopravvissuti non siano più in pericolo immediato una volta sulla nave» e che «Anche se la nave è in grado di accogliere in sicurezza i sopravvissuti e può servire come luogo sicuro temporaneo, deve essere sollevata da questa responsabilità appena possono essere organizzate soluzioni alternative». 

Il secondo errore è quello di attribuire a Frontex il concetto di “pull factor”, ovvero che le navi ong sarebbero un fattore di attrazione per «i migranti che si sentono rassicurati dalla presenza in mare di tali assetti» e «le organizzazioni criminali dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, le quali plasmano il loro modus operandi» in rapporto alla presenza di navi. Questa tesi non è contenuta in nessun documento pubblico di Frontex, ma solo in un «documento riservato» relativo al periodo 1 gennaio – 18 maggio 2021, lanciato in una agenzia dell’Adnkronos ma mai divulgato.

Proprio per vederci chiaro sull’esistenza del documento, è stata proprio la Lega a presentare la settimana scorsa una interrogazione alla Commissione Ue per sapere se l’Ue è a conoscenza del documento e perchè non lo rende pubblico. Attenendosi alle informazioni pubbliche, invece, uno studio condotto dall’European University Institute su dati 2014-2019 sostiene che i numeri smentiscono correlazioni tra le partenze dalla Libia e la presenza di navi Ong nella zona. Secondo i dati ufficiali, inoltre, nella forbice temporale del 2021 citata nel report misterioso, la media di migranti partiti ogni giorno dalle coste libiche è di 125 con le ong presenti nell’area e 135 senza.

Una bugia

Il passaggio più problematico della relazione, però, riguarda l’affermazione di Piantedosi secondo cui l’8 novembre la Ocean Viking, «dopo aver sostato per diversi giorni davanti alle coste della Sicilia sud-orientale, aveva iniziato la navigazione in direzione ovest di sua spontanea volontà e senza fornire alcuna comunicazione né alle autorità italiane né a Malta» e lo ha fatto anche «dopo che era stata diffusa la notizia che le persone a bordo delle altre Ong erano tutte sbarcate». Quindi, ha concluso il ministro, «i fatti evidenziano come la Ocean Viking si sia diretta autonomamente verso le coste francesi» e proprio questa decisione «mai auspicata dall’Italia», «ha di fatto creato attriti sul piano internazionale». Secondo Piantedosi, quindi, la nave si è spontaneamente diretta in Francia e proprio questo ha provocato la tensione diplomatica.

La ricostruzione, secondo quanto chiarito dal portavoce della Sos Mediterranee, Francesco Creazzo, non è corretta e mancano alcuni fatti fondamentali. La Ocean Viking è rimasta in acque internazionali ma dentro area Sar, che prevede la cooperazione tra gli stati che la toccano, tra cui anche l’Italia e Malta, i quali hanno tutti l’obbligo di coordinare le operazioni di salvataggio in mare. La nave ong ha mandato comunicazioni al governo italiano a partire dal 22 ottobre, «inoltrando decine di richieste per un place of safety», indicando le operazioni svolte, la propria posizione, i cambi di rotta e informando costantemente sullo stato di salute dei migranti a bordo. «Abbiamo atteso che qualcuno degli stati dell’area Sar rispettassero le norme internazionali, ma questo non è avvenuto e non abbiamo mai ricevuto risposta a nessuna delle nostre comunicazioni.

Dopo 17 giorni di attesa siamo stati costretti a chiedere un place of safety alla Francia, anche con comunicato stampa pubblico dell’8 novembre». In sostanza, quindi, la richiesta alla Francia e la conseguente crisi diplomatica è stata causata da una inadempienza di Malta e Italia, che non hanno mai risposto alle comunicazioni della nave. La Ocean Viking conserva tutte le e-mail inoltrate al governo italiano e maltese e sul sito della Sos Mediterranee è pubblico il diario di bordo che aggiorna minuto per minuto sulle operazioni svolte.

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