Lo scorso maggio, l’eurodeputata Pd e vicepresidente del Parlamento europeo è stata la prima italiana con ruoli istituzionali a visitare l’Ucraina. Arrivata a Kiev a poche settimane dalla ritirata russa, Picierno scrive che quell’esperienza «servirebbe a tutti coloro che - nonostante i crimini atroci che Putin sta compiendo - ancora non riescono a distinguere quali sono i torti e quali le ragioni».

È stato un netto cambio di passo e prospettive per la 41enne eurodeputata casertana, che nella sua carriera politica si era occupata fino a quel momento soprattutto di meridione, anche se con il piglio del «rimbocchiamoci le maniche» e «basta “chiagn’ e fotte”», che piace soprattutto a nord (in un famoso tweet poi cancellato aveva definito il reddito di cittadinanza «sussidi anche a chi non ha voglia di lavorare»). 

Incerta su chi appoggiare al congresso del Pd fino a poche settimane fa, con il suo ex maestro e capo corrente Dario Franceschini che ha deciso per Elly Schlein, Picierno ha fatto la sua scelta quando il presidente dell’Emilia Romagna le ha proposto di correre come sua vice.

Bonaccini prova così a coprirsi due fianchi su cui è vistosamente debole. Il primo: la politica estera, tema diventato almeno in apparenza centrale nei mesi seguiti alla guerra in Ucraina e sui cui il presidente dell’Emilia Romagna non è mai stato particolarmente attivo. Il secondo è proprio il sud, dove Bonaccini con le sue molteplici strizzate d’occhio ai progetto di autonomia non ha mai riscosso particolari simpatie.

La giovane promessa della Magna Grecia

Nel 2014, l’allora sindaco di Bari Michele Emiliano aveva detto con una certa malizia che politicamente Pina Picierno «è più anziana di me». A soli 32 anni, infatti, Matteo Renzi l’aveva scelta come capolista al sud alle europee, scalzando e di conseguenza irritando Emiliano.

Anche se la frecciata non va del tutto a segno (Emiliano si candida a sindaco di Bari nel 2003, quando lei ha solo 22 anni e ancora nessun incarico ufficiale), è vero che Giuseppina Picierno è una veterana della politica. Nata nel 1981 a Santa Maria Capua Vetere, cresce a Teano, in provincia di Caserta, in una famiglia di notabili locali della Dc.

Lontanissima dagli ardori radicali dei suoi coetanei, Picierno entra in politica seguendo la tradizione familiare e finisce nella Margherita di Francesco Rutelli, nella quale sono confluiti parecchi democristiani progressisti. Il suo mito, dice, è Ciriaco De Mita, immortale notabile della sinistra Dc, “intellettuale della Magna Grecia” alla cui comunicazione Picierno dedica la tesi di laurea.

Quando la Margherita confluisce nel Pd, il segretario Walter Veltroni sceglie la 27enne Picierno prima come responsabile dei giovani nella sua segreteria e poi come capolista del Pd in Campania. Allo stesso tempo, il Pd sbarra la ricandidatura a De Mita che lascia in polemica il partito. Da allora i due si scambieranno soltanto gelide dichiarazioni tramite i giornali.

Picierno resta una centrista nel partito, sempre vicina alla corrente AreaDem di Franceschini, che conosce da quando è una ragazzina. Sopravvissuta alla caduta del veltronesimo, nel 2012 Picierno appoggia Pierluigi Bersani al congresso Pd e definisce Renzi «un conservatore di centro». Ma un anno dopo passa con l’allora sindaco di Firenze, da cui viene nominata responsabile nazionale della legalità e del sud.

Alle trionfali europee del 2014, Renzi la candida capolista nella circoscrizione sud, facendo un altro torto a un vecchio e potente leader maschio: Michele Emiliano. Sarà il primo incidente della serie che porterà alla definitiva rottura tra i due.

Arrivata in Europa mentre in Italia il renzismo arriva all’apogeo e decade, Picierno finisce in un cono d’ombra. Non lascia il partito come Renzi, ma al congresso del 2019 si schiera con la minoranza che sostiene Roberto Giachetti, quella che diventerà Base riformista (è il primo congresso del Pd in cui Picierno sceglie la parte sconfitta). Alle europee di quell’anno ottiene una nuova candidatura, anche se questa volta non più da capolista. Risulterà l’ultima degli eletti.

L’interventista

Se il primo mandato all’europarlamento non l’ha fatta spiccare, non sarà così per il secondo. A gennaio, viene eletta vicepresidente del Parlamento europeo mentre la crisi ucraina inizia a entrare nel vivo. Dopo l’invasione, inizia a occuparsi di Ucraina quasi quotidianamente. «A Kiev non servono parole ma armi», dice a marzo. «Aprire le porte dell’Ue a Kiev», dice in un’altra intervista poche settimane dopo. «Non ci sono alternative, l’Europa aumenti gli aiuti al popolo Ucraino», aggiunge ancora.

Con articoli, interventi e interviste, Picierno si ritaglia un ruolo italiano e internazionale come una delle più convinte sostenitrici dell’Ucraina all’interno della sinistra europea, al punto da ricevere, insieme alla presidente del Parlamento Roberta Metsola, un premio speciale dall’Istituto Affari Internazionali, diretto da Nathalie Tocci.

Nel suo collocamento, Picierno ricorda una sua coetanea, la deputata milanese Lia Quartapelle, che però di esteri si è sempre occupata. Forse anche per questo, per Picierno restano centrali i riflessi italiani del conflitto in Ucraina. Così, il Movimento 5 stelle si mette fuori dal «campo dei progressisti» a causa delle sue dichiarazioni «giustificazioniste verso Putin», mentre l’inadeguatezza al governo di Meloni e Salvini deriva soprattutto dal loro «essere chiaramente posizionati accanto ad Orban».

Il suo è un interventismo idealistico e vagamente manicheo che ricorda quello dei falchi liberali della prima amministrazione Obama, come Susan Rice e Samantha Power. A ottobre, in un commento sul sito Linkiesta, diretto da Christian Rocca, un altro interventista anche se più neocon che lib, Picierno aveva pubblicato una sorta di manifesto sulla questione, in cui affermava che nonostante lo scetticismo dell’opinione pubblica sul conflitto, il Pd non poteva strizzare l’occhio ai dubbiosi. «Non si recuperano elettori arretrando sul terreno della responsabilità – scriveva – semmai si conquistano percorrendo per intero le strade che abbiamo subito compreso essere giuste».

Ed è proprio sull’Ucraina che Picierno consuma la rottura definitiva con i centristi del partito. Insieme a Quartapelle, Picierno fa parte della pattuglia di dirigenti democratici che lo scorso novembre partecipa alla manifestazione a favore dell’Ucraina a Milano organizzata da Azione, disertando il segretario Enrico Letta, che si era invece recato a quella per la pace di Roma. 

Tattica o reale convinzione, ce lo diranno probabilmente i prossimi mesi di congresso in cui, tra bollette sempre più alte e un fronte di guerra che appare sempre più distante, l’Ucraina e gli esteri in generale si annunciano non meno remoti e determinanti di quanto sono sempre stati in passato.

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