Ministri più attenti a difendere il governo di Giorgia Meloni che a salvaguardare le posizioni del partito. All’interno di Forza Italia si sta consolidando la sensazione che alcuni loro rappresentanti nel governo Meloni stiano vivendo una sorta di «brunettizzazione», come è stata definita la tendenza ad allontanarsi dal destino degli azzurri per sposare la causa dell’esecutivo. Anche al costo di rischiare una futura separazione da Silvio Berlusconi.

È avvenuto, nella scorsa legislatura durante il governo Draghi, con Renato Brunetta, che ha lasciato la vita politica, e con Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, candidate con Azione di Carlo Calenda. La storia potrebbe ripetersi seppure con altri interpreti e senza cambiare schieramento, restando ancorati al centrodestra.

I malumori dei gruppi

LaPresse

All’interno dei gruppi di FI, tra Camera e Senato, c’è smarrimento per la mancanza di una cinghia di trasmissione tra i rappresentanti forzisti al governo, il leader, bloccato ad Arcore per ragioni di salute, e gli eletti a Montecitorio e palazzo Madama. Secondo fonti parlamentari, manca un coordinamento e così si favorisce un progressivo scollamento tra gli attori in campo.

In mezzo a questo magma, il capogruppo alla Camera, Alessandro Cattaneo, si muove da equilibrista per tenere solido il legame con l’inner circle di Berlusconi ed evitare fibrillazioni con gli alleati.

Differente l’idea della presidente dei senatori di FI, Licia Ronzulli, molto più dura nei confronti del governo: è lei l’interprete del pensiero berlusconiano, più dei ministri. Tuttavia, il ruolo del “poliziotto cattivo” è quello che ricopre Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera. Nei fatti si muove da battitore libero, come sul recente sul caso delle dimissioni di Augusta Montaruli.

Tajani e Pichetto Fratin

LaPresse

I malumori, insomma, iniziano a emergere verso il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, e il ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, con gli altri, Paolo Zangrillo ed Elisabetta Casellati, più sullo sfondo: sono titolari di dicasteri senza portafoglio, quindi con minore capacità di incidenza sull’operato del governo. Mentre allineata a Forza Italia risulta la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini.

Le posizioni dei ministri azzurri più in vista sono orientate a giustificare le scelte assunte nel consiglio dei ministri, costringendo poi i parlamentari ad alzare la voce per riportare al centro le istanze di Berlusconi, sempre meno ascoltato.

Il declino dell’ex presidente del Consiglio è inesorabile per ragioni anagrafiche: non è più centrale nella scena politica, a differenza della premier in carica. I ministri azzurri tengono saldo il rapporto con Meloni, consapevoli di non riportare in pieno le istanze del leader forzista nelle riunioni di palazzo Chigi. E se proprio si dovesse arrivare a uno strappo definitivo, non lo seguirebbero, ripetono i parlamentari della maggioranza.

Le barricate in parlamento

La questione del superbonus è solo l’ultima puntata della storia. Non è un mistero che il fondatore di Forza Italia abbia a cuore il settore, per ragioni personali, provenendo da quell’esperienza imprenditoriale, e ancora di più per motivi elettorali. Il partito si rivolge al mondo delle imprese. Così, mentre Tajani e gli altri hanno ceduto al blitz di Giancarlo Giorgetti e Meloni, è toccato ai parlamentari annunciare le barricate. Con paletti ben precisi: il no all’ipotesi di porre la fiducia. La deputata toscana, Erica Mazzetti, è stata la testa d’ariete contro la misura voluta dall’esecutivo, ma con il supporto di altri colleghi.

La scena era andata in onda già con il decreto Carburanti, con lo scontro tra Fratelli d’Italia e Forza Italia per le misure sulla trasparenza da imporre ai benzinai. A testimonianza delle tensioni c’erano gli emendamenti in commissione Attività produttive a Montecitorio che hanno costretto il governo a imporre la fiducia sul provvedimento. Era l’unica opzione di fronte alle distanze tra i partiti di maggioranza.

Quello che viene notato in ambienti di FI è che certe richieste dovrebbero essere avanzate da Tajani, da vicepremier e capodelegazione di Forza Italia nel governo. Ma non lo fa. Almeno non con insistenza. Seppure con minore visibilità, un ragionamento simile viene fatto su Pichetto Fratin, a cui parte dei gruppi di Forza Italia hanno rimproverato di aver messo la faccia sul mancato rinnovo degli sconti sul carburante. Era una misura che toccava spiegare ad altri, invece il ministro dell’Ambiente è intervenuto spesso in prima persona, come se fosse una battaglia del partito.

© Riproduzione riservata