I cosiddetti decreti Sicurezza sono al primo punto nel capitolo sull’immigrazione del programma del centrodestra per le elezioni del 25 settembre. Si tratta dei provvedimenti (d.l. n. 113/2028 e d.l. n. 53/2019) che rappresentano l’emblema della gestione del Viminale da parte di Matteo Salvini, leader della Lega. Può essere utile chiarire se, come talora si afferma, tali decreti siano stati davvero “smantellati” nel 2020, a seguito delle modifiche del governo Conte-bis, succeduto a quello Conte I che li aveva varati.

Le modifiche

Le modifiche ai decreti Sicurezza hanno riguardato, innanzitutto, quanto richiesto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con una lettera ai presidenti delle Camere e al presidente del Consiglio, nel giugno 2019. Mattarella aveva rilevato che la sanzione - da 150.000 euro a 1.000.000 di euro - per l’inosservanza del divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque italiane risultava sproporzionata rispetto alle condotte sanzionate. Ora la sanzione, divenuta penale, va da 10.000 a 50.000 euro. Inoltre, siccome la Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2020) aveva dichiarato illegittimo il divieto di registrazione alle anagrafi comunali dei richiedenti asilo, che impediva loro l’esercizio di una serie di diritti (avere un medico di base, prendere la patente di guida ecc.), tale divieto è stato eliminato.

Tra le altre modifiche, si segnala la norma per cui il rifiuto o revoca del permesso di soggiorno non possono essere disposti se violano il «rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato». Con questa formula si è cercato di rimediare al venire meno della “clausola generale” di protezione per motivi umanitari, che il primo decreto Sicurezza ha eliminato e sostituito con una serie di permessi specifici (per protezione speciale, cure mediche, calamità naturale ecc.).

Ancora, è stata portata da uno a due anni la durata del permesso di soggiorno per protezione speciale, nonché estesa la convertibilità in permessi per motivi di lavoro di diverse tipologie di permessi di soggiorno. Si è sancito il divieto di respingimento o rimpatrio di una persona verso uno Stato ove essa rischi «trattamenti inumani o degradanti» - oltre che tortura, come già previsto nel Testo Unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286/1998) - formalizzando così un principio della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU, art. 3). È stata vietata l'espulsione anche nei casi di rischio di violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, in conformità alla CEDU (art. 8), e disposto il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, in tali casi.

È stato introdotto un nuovo Sistema di accoglienza e integrazione per richiedenti asilo e dei rifugiati (SAI), riformando il sistema precedente. Il SAI si articola in due livelli: il primo dedicato ai richiedenti protezione internazionale, esclusi invece dal primo decreto Salvini, e ad altre categorie da tutelare; il secondo ai titolari di protezione, con servizi aggiuntivi finalizzati all'integrazione.

L’accoglienza avviene tuttavia solo «nei limiti dei posti disponibili», e sono noti i problemi di sovraffollamento nei periodi di arrivi più consistenti. Gli stranieri possono essere trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), in attesa di essere rimpatriati, non più per 180 giorni, ma per 90 giorni, prorogabili di 30 in talune circostanze. Tuttavia, i rimpatri continuano a essere problematici, quindi il termine resta solo teorico.

La durata del procedimento per l’acquisizione della cittadinanza, portato a 48 mesi dal primo decreto Salvini, è tornato a 24 mesi, com’era precedentemente, ma prorogabili a 36 mesi. Nonostante la riduzione, i tempi difficilmente saranno rispettati, come dimostra l’esperienza pregressa.

Permane il potere del ministro dell’Interno, con i ministri della Difesa e dei Trasporti, di vietare il transito e la sosta in acque italiane a navi non militari, per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero in caso di violazione delle leggi di immigrazione, ma con una limitazione: non possono essere oggetto di divieto le operazioni di soccorso comunicate alle autorità competenti e allo Stato di bandiera, effettuate nel rispetto delle indicazioni fornite dall’autorità per la ricerca e soccorso in mare.

Restano perplessità sul fatto che alle navi delle organizzazioni non governative (ONG) o ad altri soggetti privati potranno essere irrogate sanzioni qualora, ad esempio, pur operando in conformità al diritto del mare, essi non rispettino l’indicazione di riportare i naufraghi in un paese non sicuro, come la Libia. È stato comunque eliminato il sequestro della nave.

Resta, invece, immodificata la norma sulla revoca della cittadinanza italiana a seguito di condanna definitiva per gravi reati commessi dallo straniero, con una discriminazione rispetto agli italiani per nascita, ai quali la cittadinanza non può essere revocata. Né è stato ripristinato l’appello contro le sentenze di rifiuto della protezione internazionale, abolito da Salvini. Rimangono pure le norme sul diniego di asilo in caso di condanna anche non definitiva per certi reati, in violazione del principio costituzionale di non colpevolezza.

In conclusione, nonostante significative modifiche, i decreti Sicurezza non sono stati del tutto “smantellati”. Ne resta l’impianto, che potrà essere oggetto di interventi da parte di un governo di centrodestra.

Le ONG

Esponenti del centrodestra tornano a parlare dell’attività delle ONG, che incentiverebbe le partenze dei migranti (pull factor, fattore non dimostrato). Al riguardo, serve rammentare che, al di là del citato potere di divieto del Viminale, se pur a certe condizioni, resta il Codice di condotta per le operazioni di salvataggio dei migranti in mare, voluto nel 2017 dall’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti. Si tratta di un atto privo di valore normativo, ma vincolante per le parti. Minniti chiese alle ONG di sottoscrivere gli obblighi che ne derivavano, come condizione per proseguire la propria attività. Dal Codice emerge un atteggiamento di sospetto verso le navi di soccorso: tra l’altro, le ONG possono essere sottoposte a ispezioni; si impegnano a non trasferire i naufraghi su altre navi; non possono entrare nel mare libico, se non in situazioni di pericolo, e senza ostacolare la guardia costiera; hanno il divieto di inviare comunicazioni o segnali luminosi per agevolare la partenza e l’imbarco di natanti con migranti, salvo in casi di ricerca e soccorso. Alcune disposizioni del Codice, da un lato, violano norme internazionali (ad esempio, l’impegno a non entrare nelle acque libiche comprime il diritto di passaggio inoffensivo delle navi); dall’altro, paiono perseguire il fine pratico di limitare le attività delle ONG. Anche il Memorandum con la Libia, sempre a opera di Minniti, anticipa alcuni punti in tema di immigrazione presenti nel programma di centrodestra. Insomma, se quest’ultimo andrà al governo troverà la strada spianata da quanto già fatto non solo da Salvini, ma pure dal centrosinistra.

© Riproduzione riservata