Nel dibattito europeo sulla Difesa, un capitolo sempre più rilevante è quello della Mobilità militare. La Commissione ha proposto un investimento sostanziale nel prossimo Piano finanziario pluriennale per l’adeguamento e la creazione di nuove infrastrutture utili all’esercito.

Tuttavia, la spinta a rafforzare la difesa europea rischia di mettere in secondo piano una delle priorità di Bruxelles: la protezione ambientale. Un esempio in questo senso è il ponte sullo Stretto, il progetto fortemente voluto dal governo italiano e tornato di recente al centro del dibattito pubblico dopo lo stop della Corte dei conti.

Un equilibrio delicato

Il governo punta da tempo a far rientrare il ponte tra i progetti di mobilità militare, a cui la Commissione europea vorrebbe dedicare circa un quarto degli 81,5 miliardi di euro del Fondo per collegare l’Europa, per un totale di 17,7 miliardi.

«La priorità dovrebbe essere quella di destinare questo aumento di bilancio a progetti ferroviari e di elettrificazione», avverte l’eurodeputato Reinier van Lanschot, esperto di difesa del gruppo Verdi/Efa e membro della commissione per la sicurezza e la difesa, riferendosi alla necessità di «rafforzare sia la sicurezza dell’Europa sia il suo impegno per un futuro sostenibile e a basse emissioni di carbonio». Continuare a concentrarsi sull’espansione della rete stradale o sui combustibili fossili «rischierebbe di compromettere il Green Deal e gli obiettivi ambientali», afferma van Lanschot.

Tuttavia, il modo in cui gli Stati membri stanno procedendo potrebbe rischiare di andare nella direzione opposta. È il caso, come detto, del ponte sullo stretto di Messina. L’avvio dei lavori è stato recentemente fermato a causa della sentenza emessa dalla Corte dei conti, ma il governo può comunque andare avanti con il progetto e sembra intenzionato a farlo.

L’esecutivo però ha un altro ostacolo davanti a sé: l’opposizione delle comunità locali, riunitesi sotto l’egida del Movimento No Ponte. La preoccupazione principale è l’impatto ambientale dell’infrastruttura, nonché lo sfruttamento da parte del governo della natura duale del progetto per aggirare le normative a tutela dell’ambiente. Per accelerare l’approvazione del ponte, ad aprile Roma ha approvato il cosiddetto “Rapporto Iropi”, che afferma che, per «ragioni imperative di interesse pubblico prevalente», l’infrastruttura è essenziale nonostante il suo impatto ambientale.

Militarizzazione

Il rapporto afferma che il progetto è collegato al “Piano d’azione per la mobilità militare della Commissione europea (2024)” e sostiene che il ponte sullo Stretto «consoliderebbe il ruolo strategico dell’Italia come hub di transito per le operazioni congiunte della Nato e dell’Ue». Tuttavia, non vi è alcun riferimento al ponte nei documenti della Nato, né esiste un piano d’azione per la mobilità militare della Commissione europea (2024).

«Già prima dell’attuale dibattito, le Forze armate italiane avevano affermato che il progetto era insostenibile dal punto di vista militare perché è indifendibile», spiega Antonio Mazzeo, attivista del Movimento No Ponte e ricercatore. «Il governo giustifica il rilancio del ponte dal punto di vista strategico e militare, in ambito Nato, ma non sono state fatte nuove valutazioni sull’utilità militare del progetto, né sulla sua difendibilità». Come spiega Mazzeo, il governo si è concentrato sull’aspetto militare per spingere l’Ue a includere il Ponte nella rete TEN-T e per inserire le spese di realizzazione nel bilancio della Nato, ma senza successo.

Il governo però ha proseguito per la sua strada, con l’approvazione ad agosto della legge n. 73/2025 sulle infrastrutture pubbliche. La norma stabilisce che alcuni progetti possono essere esclusi dalla Valutazione di impatto ambientale (Via) se rientrano tra quelli di interesse per “la difesa nazionale”. Eppure, come ricorda Mazzeo, «ci sono innumerevoli sentenze della Cassazione che affermano che la rilevanza ambientale non è secondaria rispetto alla difesa».

Il Danubio

Guardando a est, la situazione è ugualmente problematica. Uno dei progetti più importanti della rete TEN-T è il Corridoio Reno-Danubio, che attraversa Germania, Austria, Slovacchia, Ungheria e Romania. Il progetto punta a migliorare la navigabilità dei fiumi per il trasporto di merci e persone, ma ha una grande valenza anche sul piano militare.

«Il miglioramento della navigabilità deve essere realizzato nel miglior modo possibile senza danneggiare l’ambiente, anche a costo di rivedere gli obiettivi originari», spiega Irene Lucius, Head of Policy del programma Danubio-Carpazio del Wwf.

L’ong è preoccupata principalmente per gli interventi previsti per la parte più bassa del bacino del Danubio, che rischiano di compromettere l’approvvigionamento di acqua potabile, la protezione dalle inondazioni e la pesca, oltre alla fauna e alla flora locale.

«L’Ue ha fatto della sicurezza una priorità, ma questo non si è ancora tradotto in una legge europea che affermi che gli interventi militari sono di per sé di interesse pubblico prevalente», ricorda Lucius. «Fino a quel momento, i governi devono accettare che sia necessario scendere a compromessi e valutare più approfonditamente se esistono altri modi per raggiungere gli obiettivi militari senza interferire in modo dannoso nel sistema fluviale».

Intanto il Wwf ha presentato un reclamo contro il progetto: viola le norme Ue sull’ambiente.


L’articolo è stato prodotto nell’ambito delle reti tematiche di Pulse, iniziativa europea che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali

©Riproduzione riservata

© Riproduzione riservata