Nessuna domanda in conferenza stampa «per evitare ripetizioni». Questa la motivazione ufficiale del direttore di Rainews24 Paolo Petrecca in risposta all’accusa di aver imbavagliato la sua stessa redazione dopo che la testata, pur estratta nella lista delle domande da porre alla presidente del Consiglio, ha scelto di rinunciare alla propria opportunità. 

«Alla testata da me diretta è stata sorteggiata la 23ma domanda e ho ritenuto che già nelle 22 precedenti tutti i temi di attualità sarebbero stati coperti. Quindi per non risultare ripetitivi ho deciso di declinare», ha detto Petrecca, che pure dispone di una nutrita redazione politica. Tanto che, presente ai margini dell’evento con una copertura in diretta, c’era un’inviata. 

Ma la testata non avrebbe in realtà avuto un rappresentante ufficiale in conferenza: il “chigista” che in genere segue Giorgia Meloni, Gabriele Martelloni, è infatti in ferie. Non lo sarebbe stato il 21 dicembre, giorno in cui originariamente era prevista la conferenza stampa, rinviata due volte per i problemi di salute della premier. Ma poco male: si sarebbe potuto sostituire, come hanno scelto di fare diverse altre testate visto lo slittamento dell’appuntamento. Non il direttore di Rainews24, che ha deciso che 22 domande sono sufficienti per esaurire tutti gli argomenti di attualità che riguardano la premier. Incredibilmente, i colleghi sorteggiati dalla posizione 24 alla 44 hanno ancora avuto cose da chiederle. 

Una decisione bollata dal comitato di redazione come «conferma dello scarso rispetto nei confronti dei colleghi della redazione politica e della mancanza di fiducia nei giornalisti della stessa redazione», si legge in un comunicato. La risposta di Petrecca «ridicolizza Rainews24 e offende l'intelligenza della nostra categoria che ha proposto 44 domande su temi diversi. D'altronde il bavaglio a Rainews24 è all'ordine del giorno. Nell'ultima settimana si è provato a silenziare, ancora una volta, notizie considerate di disturbo alla maggioranza di governo: dall'inchiesta Anas, con la richiesta delle opposizioni al vicepremier Matteo Salvini di riferire in aula, alla vicenda Pozzolo con la sparatoria di capodanno diventata degna di nota molte ore dopo l'avvenimento».

Resta quindi il dubbio che Petrecca non volesse affidarsi a redattori di cui non poteva prevedere le scelte nella conferenza stampa di Meloni, a cui il direttore garantisce da sempre ampia copertura, mandando in onda integralmente sia i materiali di propaganda che diffonde sui suoi canali social, come i Diari di Giorgia, sia i comizi di partito che non hanno a che fare con l’attività di governo. 

Non è la prima volta che il direttore si segnala per scelte peculiari, accettando anche di andare allo scontro con la redazione: a pochi giorni da Natale i giornalisti, in stato di mobilitazione, avevano mandato in onda un videocomunicato per rivendicare le proprie ragioni.

«Nessuno, dico nessuno può parlare di ingerenze politiche, di sudditanza politica per quanto riguarda questa direzione» diceva allora Petrecca nella sua replica. Che in passato sia stato ospite e moderatore di eventi organizzati da Fratelli d’Italia – contestato dal cdr, l’organo sindacale, per l’uso di terminologie come «Noi» e «Loro» in quei contesti – non gli pareva un aspetto rilevante. 

Il vittimismo di Meloni

Che poi, la stessa Meloni ha dedicato ampio spazio alla Rai, negando le accuse di occupazione e parlando piuttosto di un «riequilibrio», oltre a invocare un «maggiore pluralismo» in cui si può leggere una certa ironia dopo una stagione di conquista delle poltrone di viale Mazzini. Il discorso della premier ha toccato anche di sfuggita la storia della direzione di Petrecca.

La premier rispondendo alla domanda su “telemeloni” ha fatto infatti riferimento al periodo del governo Draghi, lamentando che allora, pur essendo l’unico partito di opposizione, non fosse rappresentata nel consiglio d’amministrazione di viale Mazzini. Una narrazione quantomeno distorta, visto che i consiglieri sono eletti dal parlamento: alla ricerca di un colpevole per la mancanza di rappresentazione forse Meloni dovrebbe piuttosto rivolgersi ai suoi due partner di maggioranza. Gli equilibri numerici erano ovviamente diversi, ma sta di fatto che mentre Lega e Forza Italia nel 2021 sono riusciti accordandosi a eleggere consiglieri d’area (Simona Agnes per Forza Italia e Igor De Biasio per la Lega), Giampaolo Rossi – oggi direttore generale, ma già allora tuttofare di Meloni in Rai – è rimasto fuori dal consiglio d’amministrazione che lavorava con Carlo Fuortes. 

In realtà, poi, il premio di consolazione non è tardato ad arrivare. A novembre di quell’anno infatti per Petrecca, già vicedirettore di area meloniana a Rainews, è spuntato il posto del direttore Andrea Vianello, a sua volta spostato alla guida del Gr Radio. La manovra era il risultato di un ragionamento partorito a palazzo Chigi per offrire un ramoscello d’ulivo a Meloni, che comunque avrebbe preferito la Radio, ma si è dovuta accontentare. Petrecca non era nemmeno il primo nome per quella poltrona: inizialmente il favorito era Nicola Rao, ma la sua identità politica era troppo ingombrante per l’epoca. In ogni caso, l’anno successivo il lieto fine era arrivato pure per lui, con lo sbarco alla guida del Tg2.  

Fuortes, insomma, aveva inizialmente cercato di aprire un canale con i Fratelli, salvo poi scegliere di troncare quando le imposizioni di Meloni – a quel punto al governo – si erano fatte troppo pressanti e la sua exit strategy da viale Mazzini sembrava sufficientemente solida. Il vittimismo di Meloni per i presunti abusi subiti in passato appare dunque un po’ eccessivo: per fortuna ora può contare su Petrecca, inscalfibile colonnello di Rossi, pronto perfino a imbavagliarsi da solo.

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