Una chance di moltiplicare la partecipazione alle primarie del Partito democratico lasciata in disparte per evitare scossoni, nel timore di modificare lo status quo. Il rifiuto al voto online è stato opposto da gran parte dei dirigenti storici. Una posizione alimentata dalla preoccupazione di sorprese allo spoglio delle schede, a causa delle variabili esterne e poco controllabili che possono abbattersi sul risultato. La scelta del prossimo segretario sembra, in questo modo, arrivare prima dei gazebo.

La possibilità di esprimere la preferenza con lo Spid ha un peso stimato che va da un milione fino a due milioni di elettori, come ipotizzato nelle ultime ore. Numeri in ogni caso significativi: una spinta per l’affluenza che se resta bassa danneggia l’intero partito, certificando una crisi irreversibile. Da un lato c’è timore di gazebo semi deserti, dall’altro non si sperimentano strade nuove per scongiurare lo scenario. Almeno tra i sostenitori di Stefano Bonaccini.

Voto online per Schlein

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La questione non è legata alla diffidenza verso la tecnologia, bensì all’impatto sul risultato. «Con questa carta Elly Schlein vincerebbe», è il ragionamento che circola tra molti supporter della deputata, candidata alla guida del Pd.

Una tesi confermata, seppure solo in parte, da Federico Benini, fondatore di Winpoll. «Il concetto di fondo è che più c’è partecipazione alle primarie, più Schlein è favorita», dice il sondaggista. «Bonaccini è appoggiato dal gruppo dirigente e infatti quasi tutti prevedono che Schlein andrà meglio alle primarie aperte che alla consultazione tra gli iscritti».

Anche se, secondo Benini, «non è davvero quantificabile chi sarebbe avvantaggiato dal voto online. Dobbiamo considerare che i meno giovani oggi usano il computer». Un invito indiretto a cogliere le opportunità per il presidente della regione Emilia-Romagna.

Eppure nell’entourage di Bonaccini prevale la difesa delle primarie da realizzare solo ai gazebo, lasciando trapelare un po’ l’idea di un voto che vuole essere relegato solo online. Ipotesi allontanata da chi pareggia per l’ex eurodeputata.

«Non significa assolutamente rinunciare ai gazebo e ai nostri circoli che rappresentano la spina dorsale del nostro partito», puntualizza il deputato Marco Sarracino, schierato con Schlein. Il voto online, insiste il parlamentare, serve a «dotarsi di un ulteriore strumento, di una possibilità in più per avvicinare al nostro partito chi ne è stato fuori per diverse ragioni. Perché oggi si ha paura della partecipazione?».

L’obiettivo, quindi, non è quello di rendere il Pd come il Movimento 5 stelle, ma di valorizzare una risorsa per potenziare l’affluenza. Anche perché spesso i dem in passato hanno usato il web per tentare di aprirsi all’esterno. Uno degli ultimi esperimenti è rappresentato dalle Agorà democratico volute dal segretario in carica, Enrico Letta. Attraverso l’iscrizione online era possibile aprire una nuova agorà.

Il no di Nardella

C’è peraltro un’altra valutazione che viene fatta sui tempi del congresso: il voto si terrà a febbraio, in pieno inverno, con il pericolo che ci si imbatta nel freddo e nel maltempo, un disincentivo a uscire di casa per indicare il nuovo segretario del Pd.

Inoltre, il partito sta perdendo iscritti e il numero dei circoli attivi è in contrazione da tempo: l’allestimento dei seggi diventerebbe complicato in alcune aree, specie del mezzogiorno, dove i dem sono in crisi e i volontari in diminuzione. Dalla parte dei supporter di Bonaccini, però, l’ipotesi è stata respinta con forza.

«Non possiamo cambiare le regole del gioco in pieno congresso», ha affermato in un’intervista a Repubblica, il sindaco di Firenze, Dario Nardella, proponendo una metafora calcistica: «È come se a fine primo tempo della finale dei Mondiali di calcio si decidesse di non fischiare più il fuorigioco nel secondo tempo».

Oltre i ragionamenti, evidenzia Benini, c’è una certezza: «Per la prima volta le primarie non hanno un esito già prevedibile, c’è grande incertezza sul vincitore». Così la variabile dell’affluenza diventa ancora più importante.

Dal punto di vista tecnico, l’operazione è pienamente fattibile. Giovanni Di Sotto, ceo di Multicast Srl, la società che gestisce la piattaforma Sky Vote, utilizzata dai Cinque stelle, ha spiegato all’Adnkronos: «Per mettere in piedi una votazione di questo tipo ci vogliono 48 ore. Esistono piattaforme già pronte, come la nostra», ricordando inoltre che «tutti gli ordini professionali adottano questo metodo, parliamo di due milioni e mezzo di persone».

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