Nelle ultime ventiquattro ore sono morti in Italia quattro lavoratori. A Torino, un operaio di origini egiziane di 69 anni è precipitato dal cestello di una gru, dodici metri d’altezza, in via Genova, nella stessa zona dove, nel 2021, un’altra gru aveva già ucciso tre operai. A Riposto, Catania, Salvatore Sorbello, 53 anni, è caduto dal tetto di un capannone industriale. A Monza, un operaio di 48 anni è stato schiacciato da un macchinario in una fabbrica di valvole. A Roma, sulla banchina del Tevere, un altro lavoratore, di cui non è ancora nota l’identità, è rimasto ucciso da un muletto. Le indagini sono aperte, i verbali in stesura, i titoli dei telegiornali in archivio.

Un operaio di 48 anni è morto a Monza schiacciato da un macchinario (foto Ansa)

I dati Inail

Secondo i dati Inail, nei primi sette mesi del 2025, i morti sul lavoro sono stati 607, con un aumento del 5,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. La progressione sembra costante. Il totale delle vittime nel 2024 era stato di 1.202. Con questo ritmo, anche il 2025 supererà il migliaio. E mentre aumentano i casi, le promesse annunciate rimangono sospese.

Il primo maggio 2025, Giorgia Meloni aveva presentato in videomessaggio un piano da oltre un miliardo e 200 milioni di euro per la sicurezza sul lavoro. «Misure concrete», aveva detto, parlando di «un’alleanza con i sindacati» per cambiare passo.

I fondi, però, non sono nuovi: 600 milioni provengono dai bandi Isi ordinari dell’Inail, già disponibili da tempo, mentre gli altri 650 milioni derivano dall’avanzo di bilancio dell’istituto. Nessuna voce per nuovi ispettori. Nessun investimento diretto in vigilanza pubblica. Tutto il pacchetto, in modo esplicito, è riservato solo alle imprese che investono in sicurezza, tramite cofinanziamenti a progetto.

Il meccanismo è noto: click day, domanda volontaria, valutazione tecnica, assegnazione. Chi ha risorse, struttura e consulenti può accedere. Chi arranca, resta fuori. I rischi strutturali — subappalti, precarietà, esternalizzazioni — non entrano nella griglia di valutazione. Si premia l’iniziativa, non si colpisce l’omissione.

Un operaio egiziano di 69 anni è morto cadendo dal cestello di una gru a Torino (foto Ansa)

Controlli per cosa?

Il governo, dopo la strage nel cantiere Esselunga di Firenze del 2024, dove sono morti cinque operai, aveva promesso più controlli. E i controlli sono effettivamente aumentati. Nel 2024 le ispezioni complessive sono state 129.188, con un aumento del +59 per cento. Quelle mirate a salute e sicurezza sono più che raddoppiate (+126 per cento). Ma il tasso di irregolarità nei luoghi di lavoro ha continuato a viaggiare oltre l’84 per cento. In edilizia, nel primo semestre 2025, le violazioni accertate sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente. Il problema, quindi, emerge. Ma resta lì.

Nel 2025 sono state autorizzate 514 nuove assunzioni di ispettori per Inps e Inail. Il personale effettivo, sommando tutte le agenzie, resta però sotto quota 5.000, per controllare oltre 18 milioni di lavoratori. La media è una verifica ogni 5-6 anni. Si ispeziona, ma non si copre. Le sanzioni amministrative sono deboli, la sospensione delle attività rare.

La “patente a crediti”, entrata in vigore nell’ottobre 2024, consente di recuperare i punti persi con brevi corsi formativi. Anche in caso di incidenti gravi, il fermo è l’eccezione. Le regole ci sono ma non mordono.

Tra le poche richieste avanzate con insistenza dalle famiglie delle vittime, una risalta: l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro. La proposta di legge — depositata già nel 2022 — prevede pene da due a sette anni per chi provoca la morte di un lavoratore violando le norme di sicurezza. Una fattispecie simile a quella già esistente per l’omicidio stradale. Ma il ministro Carlo Nordio ha espresso contrarietà, e la norma è ferma in commissione Giustizia da oltre due anni, senza che sia mai iniziata la discussione. Un caso visto che la cifra del governo, fin dal suo insediamento, è sempre stata quella di inserire nuovi reati. E infatti, a più riprese l’esecutivo ha detto di voler «inasprire le pene». Nei fatti, non è mai arrivato nessun disegno di legge. Né dal ministero del Lavoro, né da quello della Giustizia.

Cordoglio e impegni generici

La stragrande maggioranza della comunicazione pubblica del governo sul tema è composta da cordoglio, frasi simboliche e impegni generici. Zero nuove norme, zero riforme penali, zero modifiche al sistema degli appalti.

Nel 2025 si muore ancora per un tetto non messo in sicurezza, per un macchinario senza protezioni, per un carico mal gestito. Come ieri. Come l’anno scorso. Come sempre. La differenza, semmai, è nel lessico istituzionale: si parla di «alleanza», di «responsabilità condivisa», di «cultura della sicurezza». Ma non c’è nessuna norma nuova che assegni nuove responsabilità a chi le ha sempre eluse.

La sequenza è ormai nota: tragedia, dichiarazione, promessa, silenzio. Poi un’altra tragedia. E un’altra ancora.

© Riproduzione riservata