Giorgia Meloni chiude da vincitrice morale la terza giornata di votazioni per il Quirinale. La mossa che la ha proiettata al centro della scena è quella di far votare il suo gruppo di 63 grandi elettori il candidato di bandiera Guido Crosetto. Al termine dello spoglio, però, le preferenze nell’urna per il fondatore di Fratelli d’Italia sono 114, provenienti sia dalla Lega che da Forza Italia, e Meloni incassa addirittura i complimenti di alcuni parlamentari del Partito democratico, segno che la sua leadership è sempre più salda.

Il risultato provoca due effetti. Il primo è il definitivo tramonto dell’opzione Elisabetta Casellati, che in corso di giornata Matteo Salvini era convinto di voler tentare in quarta votazione. Il fatto che anche una parte del suo stesso partito e di Forza Italia si sia accodato a Meloni è il segnale d’allarme che i franchi tiratori entrerebbero in azione, nel caso in cui arrivasse l’indicazione di votare Casellati, non gradita a parte dei parlamentari di centrodestra.

Il secondo effetto è quello di rimettere in discussione la leadership nel centrodestra. L’iniziativa di Meloni, infatti mette pressione su Salvini, costringendolo ad accelerare le operazioni di regia per non venire scavalcato. 

Non a caso, il comunicato di FdI dopo la prova di forza è un ultimatum a Salvini, in cui gli si chiede di «individuare, attraverso le sue molteplici interlocuzioni, il candidato più attrattivo tra quelli presentati» in conferenza stampa due giorni fa, ovvero Letizia Moratti, Marcello Pera o il nome di FdI, l’ex magistrato Carlo Nordio. Proprio in questa direzione Meloni ha chiesto di lavorare durante il vertice ristretto con Antonio Tajani e Matteo Salvini, chiedendo loro di votare al quarto scrutinio in modo compatto uno dei tre nomi.

Ovviamente tutti e tre sono già considerati superati e irricevibili dal centrosinistra e soprattutto Tajani ha mostrato preoccupazione per la tenuta della coalizione di centrodestra. Ma proprio in questo smarcamento, però, sta il senso dell’operazione di Meloni, che la mette al centro anche del parlamento. 

L’ultimatum a Salvini

In questo modo, infatti, Salvini si trova preso tra due fuochi. Da un lato c’è Enrico Letta del Pd, con cui è sfumato il “conclave” per trovare un nome unitario ma con cui il dialogo rimane, il quale ha scritto in un tweet riferito al leader della Lega, che «proporre la candidatura della seconda carica dello Stato, insieme all’opposizione, contro i propri alleati di governo sarebbe un’operazione mai vista». Tradotto: se davvero vuol salvare il governo, la priorità di Salvini dovrebbe essere quella di stare con gli alleati di maggioranza e non con l’opposizione di FdI.

Dall’altro c’è invece Meloni, che con la mossa di Crosetto ha ribadito «la potenziale attrattività che avrebbe un candidato unitario del centrodestra» e quindi l’imprescindibilità di «una votazione compatta del centrodestra su un candidato della coalizione».

In quale direzione guarderà Salvini, è ancora difficile capirlo. Il pomeriggio dopo la terza chiama è trascorso in un turbinio di vertici e riunioni, telefonate e incontri. La sensazione è quella di una accelerazione improvvisa che potrebbe prendere corpo nel corso della serata. Quale sia l’obiettivo del leader leghista, tuttavia non è ancora chiaro: eleggere un presidente della Repubblica di centrodestra oppure avere il primato di individuare il nome, anche se super partes? Ma soprattutto: anche a costo di dividere la maggioranza di governo? Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha avvertito che l’esecutivo farebbe fatica a reggere un’elezione al Colle votata da una maggioranza diversa da quella che lo sostiene.

L’obiettivo di Meloni

Più lucida, invece, sembra essere Meloni. Per lei la tenuta del governo è tutt’altro che una priorità. Anzi in tempi non sospetti era stata lei ad aprire la strada per Draghi al Quirinale, proprio con l’intento di mettere fine al terzo governo della legislatura e chiuderla anzitempo.

Impossibile dire se il candidato “coperto” di Meloni sia ancora Draghi oppure no. Di certo, ogni sua mossa guarda più al futuro del governo che a chi sarà l’inquilino del Colle. Dunque quel che vuole imporre all’alleato leghista è di dare precedenza alla coalizione di centrodestra e non alla spuria maggioranza di un governo d’emergenza.

La scossa al centrodestra è arrivata: la sensazione è che ormai la tensione sia troppo alta e che entro venerdì si chiuda. Su quale nome è difficile dirlo. Dall’entourage di Meloni filtra che non si esclude nemmeno che alla fine si finisca su un Mattarella bis, che lascerebbe invariato il quadro politico ma rafforzerebbe ancora di più la posizione di Fratelli d’Italia. Non solo come opposizione, ma anche e soprattutto all’interno del centrodestra, dove la leadership di Salvini sarebbe sempre più traballante dopo una prova poco convincente nella regia quirinalizia.

 

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