In modo diverso tutti i giornali riportano di una situazione bloccata a proposito delle trattative sul Quirinale. Le parole chiave di oggi sono “stallo” (Corriere della Sera), “bonaccia” (Repubblica), “freno tirato” (Il Messaggero). I partiti sembrano incartati, divisi nei rispettivi schieramenti e forse anche al loro interno.

È vero: quelli del centrosinistra si sono visti a casa di Giuseppe Conte. Ma alla fine del vertice con Enrico Letta e Roberto Speranza, i tre non hanno fatto nomi ma hanno partorito un tweet dal testo identico. Ansia di unità?

Probabile ma la conclusione ufficiale (“Ottimo incontro. Lavoreremo insieme per dare al Paese una o un Presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi. Siamo aperti al confronto. Nessuno può vantare un diritto di prelazione. #Tutti abbiamo il dovere della #responsabilità”) lascia nella giornata spazio a tante interpretazioni.

La più diffusa: Conte non vuole Mario Draghi al Colle. Voce poi smentita, come sostengono Meli e Buzzi sul Corriere, dopo il colloquio dell’ex premier con Luigi Di Maio. Non ci sarebbero “veti” dei 5 stelle. Dubbi sì. Dubbi che convergerebbero, secondo Repubblica, con preoccupazioni simili di Matteo Salvini. Salvini avrebbe concordato, lo scrive Giovanna Vitale, con Silvio Berlusconi che un altro eventuale candidato non potrà essere l’attuale presidente del Consiglio. Ma sul centro destra, in realtà, la nebbia è ancora più fitta.

BERLUSCONI, LA NON MARCIA SU ROMA

Il centrosinistra comunque ha tenuto un vertice, mentre quello del centrodestra (chiesto ultimativamente da Giorgia Meloni e Matteo Salvini per fare chiarezza sui numeri) non è ancora fissato. Vittorio Sgarbi ha anticipato ai cronisti che Silvio Berlusconi sarebbe rimasto ad Arcore, “amareggiato”.

La questione dei tempi non è secondaria. Se infatti molti pensano che alla fine il Cav rinuncerà, non è chiaro quale potrebbe essere il momento. Dopo la quarta votazione? O prima? Oggi Il Messaggero sostiene che dopo sé stesso, Silvio Berlusconi non vedrebbe di buon occhio nessun Marcello Pera e nessuna Letizia Moratti.

Repubblica ipotizza candidature come quelle di Elisabetta Casellati e Gianni Letta. La Stampa insiste con l’ipotesi Franco Frattini. Al di là dei nomi, è del tutto evidente che c’è una questione di leadership della coalizione: dopo l’eventuale tramonto della candidatura di Silvio Berlusconi, è Matteo Salvini che vuole decidere. Essere lui il kingmaker. Ci arriverà?

DOPO QUELLA DI VERDINI, LETTERA DI SGARBI

Attorno al Cav si muovono consiglieri e strateghi. Notevole in questa chiave la lettera aperta di Vittorio Sgarbi pubblicata oggi dal Quotidiano Nazionale rivolta direttamente a Licia Ronzulli: “Non so quanti ne abbia convinti la Ronzulli, ma io ho raccolto, con Berlusconi in diretta, il consenso di 15 parlamentari. Il mio auspicio è che altri parlamentari si possano confrontare con lui, e dunque fargli ottenere i voti necessari. Nessuna rinuncia, fino all’ultimo ragionevole tentativo. E nessun dubbio che sia lui a dover valutare i risultati e a comunicarlo ai suoi alleati di cui, come sa la Ronzulli, io sono parte”.

Passaggio finale: “Può decidere solo lui il presidente della Repubblica, o avendo i numeri (come gli auguro) o scegliendo, per e con tutto il centrodestra, il nome su cui gli altri gruppi convergano senza alternative”. Dunque dopo la lettera di Denis Verdini a Marcello dell’Utri e a Fedele Confalonieri, ecco un’altra lettera, verrebbe da dire, con una strategia uguale e contraria.

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