«Ormai la probabilità che il tavolo salti è dell’80 per cento». Sembra ormai a un passo la rottura definitiva tra la Rai e il comune di Sanremo sull’organizzazione della prossima edizione del festival. La trattativa è attualmente congelata: le parti sono troppo distanti tra di loro per trovare un compromesso, dicono. Il sindaco Alessandro Mager, che guida il comune con una lista civica di centrodestra, avrebbe chiesto un appuntamento all’ad Giampaolo Rossi, ma per il momento non è chiaro se l’incontro avrà effettivamente luogo. 

Come se non avesse già abbastanza questioni da risolvere, l’ad, che alla presentazione dei palinsesti al centro di produzione di Napoli ha evocato per la prima volta la possibilità che il festival vada in scena in una città che non sia Sanremo, partecipando alla gara ed entrando nella trattativa con il comune si è cacciato in un clamoroso cul-de-sac. Che le condizioni proposte dalla giunta fossero fumo negli occhi dei dirigenti del servizio pubblico era noto fin dai tempi della presentazione del bando di gara arrivato dopo il giudizio del Tar, tanto che più di qualche dirigente evocava addirittura la possibilità di non partecipare, ma ora la situazione sembra essersi complicata ulteriormente. 

I problemi

La data cerchiata in rosso è quella del 30 luglio, quando si riunirà per l’ultima volta prima della pausa estiva il consiglio d’amministrazione Rai. In quell’occasione, oltre al piano editoriale del Gr Radio firmato per la prima volta da Nicola Rao e del caso Petrecca, si discuterà come (e se) andare avanti nella trattativa. A mandare su tutte le furie i dirigenti sono principalmente due richieste del comune, che ha pure alzato la richiesta di denaro, passando a 5 milioni a 6,5: quella di partecipare all’1 per cento della raccolta pubblicitaria e la rivendicazione della proprietà del format. «Ma Sanremo è nostro, l’hanno inventato uno che si chiamava Pippo Baudo!» si scaldano i direttori a via Asiago. 

Ora, però, il rischio è duplice e mette in crisi sia la Rai che il comune: da un lato, se il comune cede alle richieste dell’azienda – che ha tutto l’interesse ad alzare polvere intorno alla notizia e mettere spalle al muro l’amministrazione – si espone a eventuali ricorsi per aver cambiato in corso d’opera i termini della trattativa. Dall’altro, sulla testa dei dirigenti della Rai e la giunta sanremese pende ancora il giudizio che il Tar della Liguria pronuncerà il prossimo 17 ottobre sul merito del nuovo ricorso di iJay, la società che aveva dato il via a tutta la vicenda e ora chiede un’ulteriore sospensiva della gara: dovesse dare seguito, si rischierebbe di ripartire da zero a pochi mesi dalle serate all’Ariston. 

In azienda c’è chi spera che finalmente si stacchi la spina al battibecco con la giunta comunale e si organizzi il tanto agognato trasloco in una location più comoda. Tra le aspiranti sedi più quotate ci sono sempre Torino e Napoli, si affacciano anche Senigallia e Viareggio «ma va verificato se ci sono i presupposti tecnici». 

E poi c’è chi è convinto che sia tutta una strategia negoziale. «Se le trattative affondano, c’è sempre la possibilità di mettere in piedi un nuovo bando», dice chi ha familiarità con il dossier. Un bando, sottointeso, che sia decisamente più nelle corde della Rai. 

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