Mettere mano agli edifici è sempre importante, può contribuire a migliorare vivibilità e sicurezza, ad aumentare il valore degli appartamenti e a ridurre le bollette, oltre a creare lavoro. Ma in un paese con 12 milioni di edifici residenziali bisognerebbe discutere del ruolo che le politiche pubbliche possono svolgere nel raggiungere questi obiettivi. A conferma che nel nostro paese questa discussione sia mancata basta leggere il recente rapporto sull’efficienza energetica pubblicato da Enea.

Il dati

La fotografia dei numeri è importante, sono pari a 23,7 miliardi di euro le risorse ammesse a beneficiare di incentivi pubblici per interventi nel 2021 che accedono ai diversi meccanismi di detrazione fiscale presenti nel nostro Paese, con una previsione di forte aumento nel 2022. L’analisi dei risultati sarebbe molto importante per capire quanto ha inciso la spesa rispetto allo stock complessivo di abitazioni (per il Superbonus sono 340mila i cantieri aperti, di cui il 15 per cento riguarda edifici condominiali e per il resto case unifamiliari e unità indipendenti) e quanto siamo lontani dagli obiettivi di risparmio.

Il problema è che questi dati risultano del tutto inutili rispetto alle scelte che il governo dovrà prendere nei prossimi mesi per ridurre i consumi negli edifici e le emissioni di gas serra, con la revisione che dovrà essere realizzata del Piano nazionale energia e clima per adeguarlo ai nuovi obiettivi europei. Nel rapporto viene ricostruita la spesa dal 2014 ad oggi, con l’esplosione con la nuova detrazione del 110 per cento, ma non è presentata un’analisi di efficacia dei diversi provvedimenti. In particolare, per il Superbonus manca un’analisi dei risultati che hanno prodotto i diversi interventi su villette, palazzine, condomini e delle diverse tecnologie.

È davvero incredibile che nessun governo abbia mai chiesto ad Enea di effettuare questa valutazione, ma ora che la premier Meloni e il ministro Pichetto Fratin vogliono rimettere mano al provvedimento, e complessivamente alle detrazioni fiscali, non è ammissibile che lo si faccia senza partire dal comprendere quali sono stati gli interventi che hanno ridotto in modo significativo i consumi delle abitazioni e quali meno.

Conoscere per deliberare

«Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare», una nota frase di Luigi Einaudi andrebbe applicata al futuro di questo settore per trovare una rotta in una nuova fase politica e economica così delicata, e a partire dalla considerazione che negli ultimi anni, anche grazie agli incentivi, si è andato sempre più spostando dalle nuove costruzioni alla riqualificazione ed è ora chiamato a dare risposta alla domanda di sicurezza statica degli edifici e di riduzione delle emissioni di gas serra. Intanto che queste analisi vengono portate avanti qualcosa già si potrebbe fare per migliorare l’efficacia degli strumenti di incentivo che saranno in vigore nel 2023, 2024 e 2025, per scelte già prese dal Parlamento, e che potrebbero essere riviste già in questa legge di bilancio.

Ad esempio, avrebbe senso orientare queste detrazioni dove è maggiore il degrado degli edifici, perché è lì che si possono realizzare i maggiori risultati di risparmio a parità di investimento. Inoltre, si dovrebbe scegliere come prioritari quelli dove vivono le famiglie più povere in cui la spesa energetica può arrivare a incidere fino a costringere a tagliare il riscaldamento. La buona notizia è che sappiamo anche dove sono questi alloggi, basta scorrere l’elenco degli edifici del patrimonio di edilizia sociale di regioni e comuni, sono circa 900mila alloggi su cui in questi anni si è intervenuti in rarissimi casi.

La seconda informazione di cui disponiamo è che il sistema italiano di detrazioni in vigore per gli interventi di riqualificazione energetica è fortemente inefficace e ingiusto. Le ragioni sono le stesse che valgono per la flat tax. In questo caso bisogna guardare agli impatti in termini di riduzione di emissioni di CO2 degli interventi sugli edifici e di quelli delle singole tecnologie. Il paradosso è che rientrano nella stessa aliquota interventi che producono risultati profondamente diversi.

Le caldaie che usano il gas fossile come le molto più efficienti pompe di calore elettriche. Chi porta un edificio dalla classe G alla classe E come chi lo trasforma a emissioni zero. Negli altri paesi europei è in vigore un principio di progressività: gli incentivi sono legati ai risultati perché si vuole allocare in modo efficace la spesa pubblica e aiutare le famiglie a ridurre i costi delle bollette. Sono due questioni di grande attualità nel dibattito politico e basterebbe cominciare copiando bene.

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