Per aspera ad astra. «Non c’è bisogno di fare i sofisticati: meglio vincere che perdere». Un dirigente dem alza le spalle, il fine settimana scorre sereno per chi si sente già in tasca due vittorie quasi certe – a meno di colpi di scena inattesi – che rafforzano la segretaria Elly Schlein. La sua linea «testardamente unitaria» dopo tante delusioni sembra finalmente pagare. Il doppio successo – che la partita potesse essere se non aperta, almeno giocabile in Veneto non l’ha mai creduto davvero nessuno – apre a un mese di polemica sulla legge di Bilancio. E poi, l’inaugurazione della campagna elettorale referendaria con la manifestazione anti manovra del 12 dicembre indetta dalla Cgil.

«Alla fine, abbiamo confermato tutte le regioni in cui governavamo già» spiega un senatore. Certo, le proporzioni contano. Ma all’orizzonte, dopo le riunioni di corrente di Milano e Montepulciano, si staglia già un nuovo appuntamento, organizzato stavolta da Matteo Biffoni, ex sindaco di Prato e grande deluso delle ultime regionali toscane, in cui – nonostante il numero di preferenze raccolte – è rimasto senza ruoli di rilievo. Nell’evento di Prato, dedicato all’innovazione e all’economia, qualcuno legge un nuovo tentativo di organizzare un’alternativa alla squadra del Nazareno.

Risultato bifronte

In ogni caso, il Pd mantiene la consapevolezza che al sud i voti dem ci sono, ma sono ancorati ad alcuni volti e nomi, per lo più inamovibili. E tanti saluti al programma della segretaria di togliere di mezzo i «cacicchi»: se non puoi batterli, siediti con loro. Schlein non si è tirata indietro e ha concluso patti con Vincenzo De Luca e Michele Emiliano: la cartina di tornasole sulla loro solidità sarà il numero di voti che alla fine arriveranno a Roberto Fico e Antonio Decaro.

Non dovessero tornare i conti, sarà facile imputare a Schlein di non aver trattato all’altezza dei suoi interlocutori. Nel caso di Decaro, poi, c’è ancora chi spera che l’elezione possa dare all’ex sindaco lo slancio necessario per mettersi alla guida di una potenziale alternativa alla segretaria, di orientamento più riformista. Un altro rischio per Schlein.

Da tenere d’occhio, di contro, anche la lista personale di De Luca A testa alta (cinque anni fa prese il 13,3 per cento) che mostrerà quanti voti riesce a spostare da solo l’ex dominus in regione (riuscito a spuntare la segreteria regionale per il figlio). Per la segretaria e il suo cerchio magico è essenziale che il numero assoluto dei voti resti costante, così come lo è stato nelle altre regioni, perfino dove il Pd ha perso. Questo auspicio vale in particolare per il Veneto, dove Giovanni Manildo spera di «perdere bene», cioè di andare ben oltre il magro 15 per cento che aveva raccolto nel 2020 Arturo Lorenzoni. I più ambiziosi sperano addirittura di raddoppiare i consensi, ma la sfida è in salita.

La scommessa di Conte

Il Movimento 5 stelle si gioca tutto in Campania. Regione granaio di voti per i Cinque stelle in tante elezioni politiche, questa è l’occasione per mostrare che il partito di Giuseppe Conte è all’altezza della sfida anche alle regionali. La candidata in corsa cinque anni fa, Valeria Ciarambino, aveva sfiorato il 10 per cento, una prestazione record per il M5s in una competizione regionale.

Un buon risultato servirebbe anche a cancellare – almeno in parte – la brutta serie di performance nelle altre regionali. Il ritornello che arrivava costante da via di Campo Marzio nelle ultime settimane era che, in assenza di un candidato identitario, fosse difficile mobilitare l’elettorato movimentista. Un alibi venuto già in parte meno alle elezioni in Calabria di inizio ottobre, dove i Cinque stelle avevano preso appena il 6,4 per cento (da sommare al 7,6 della lista personale del candidato). Eppure, Pasquale Tridico identitario lo era: il padre del reddito di cittadinanza, si disse allora, non aveva avuto tempo per coltivare il territorio, sua regione d’origine, ma dove non risiede da tempo.

Stavolta, però, gli astri dovrebbero essere allineati: Fico è un grillino della prima ora, visibile quando il Movimento era di lotta e rimasto in prima linea quando è diventato istituzionale. Se nemmeno un volto come lui dovesse mobilitare l’elettorato contiano, i dirigenti dovranno porsi qualche domanda (le stesse che aveva sollevato qualche settimana fa Chiara Appendino, una discussione spenta sul nascere che aveva portato unicamente alle dimissioni della vicepresidente).

Anche la Puglia sta a cuore a Conte: il M5s parte da un risultato poco sotto il 10 per cento, ma è la regione d’origine dell’ex presidente del Consiglio, e vuole una buona performance da portare al tavolo delle trattative di coalizione in programma da gennaio in poi (oltre che un elettorato a cui attingere se si dovesse arrivare alle primarie per scegliere il prossimo candidato premier).

Tutti gli altri

Per quanto riguarda le formazioni minori, si spera in conferme e consolidamenti: per Avs è essenziale cementare il nuovo consenso giovanile che li ha lanciati alle ultime elezioni europee, mentre Casa riformista di Renzi ha una presenza consistente in Campania che può dare buoni frutti. Nel 2020, Iv aveva preso il 7,4.

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