Al Senato la Lega ha deciso di non presentare l’ordine del giorno sull’aumento delle spese militari, nonostante lo avesse già fatto alla Camera. Una gentilezza nei confronti del Movimento 5 stelle. Così ci ha pensato Fratelli d’Italia a presentarne uno fotocopia: Isabella Rauti, senatrice del partito di Giorgia Meloni, ha firmato l’ordine del giorno al decreto Ucraina per chiedere al governo di impegnarsi nell’aumento della spesa militare. Con un uso sapiente dei regolamenti parlamentari, FdI è riuscito a mettere in imbarazzo il Movimento, che aveva in mente un piccolo piano per smarcarsi dall’impegno contenuto nell’odg; dal canto suo il ministro Luigi Di Maio ha utilizzato la prassi legislativa per dare l’ennesima spallata a Giuseppe Conte. 

Una discussione parlamentare, come avviene sempre su emendamenti e ordini del giorno, si è trasformata in un coacervo di posizioni lontanissime tra loro. Da qui è nata anche la divisione che ieri si è consumata tra il leader dei Cinque stelle e il presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante un incontro a palazzo Chigi.

L’odg come esca

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La materia è tutta politica, il caso specifico lo dimostra, soprattutto se si tiene conto del fatto che gli ordini del giorno non hanno un grande peso a livello parlamentare, non sono né modifiche normative né decisioni perentorie.

Sono semplici “atti di indirizzo” che i parlamentati hanno la facoltà di presentare ogni volta che esaminano una legge o un decreto legge, come nel caso del decreto Ucraina. La loro importanza cambia in base alle sensibilità dei partiti. Il loro uso, però, può generare malumori e fungere da esca per creare divisioni tra i gruppi di maggioranza.

Molto spesso deputati e senatori presentano gli odg per impegnare il governo a occuparsi di un tema, capita spesso che questo avvenga dopo che emendamenti con lo stesso contenuto sono stati respinti in commissione o in aula. In ogni caso, va tenuto conto che il loro contenuto non ha carattere perentorio, il governo quindi non è obbligato a darne seguito.

Fratelli d’Italia non solo è riuscito a far passare la sua linea ma ha anche disinnescato un escamotage pensato dal M5s. Le intenzioni erano le seguenti: i Cinque stelle volevano votare contro l’ordine del giorno in commissioni Esteri e Difesa, per poi votare la fiducia sul decreto Ucraina (cosa che accadrà probabilmente giovedì), per non far mancare in aula l’appoggio al governo.

Un tentativo per contenere gli animi più dissidenti all’interno del gruppo, come lo stesso presidente della commissione Affari esteri, Vito Petrocelli, da sempre filo-russo, che già nei primi giorni dell’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin aveva condannato l’invio di armamenti al paese invaso. 

Ma le cose non sono andate come avevano previsto. Ogni odg ed emendamento deve ricevere il parere del governo, in questo caso erano i ministeri degli Esteri e della Difesa quelli competenti a farlo.  Poiché entrambi, tra cui il dicastero di Luigi Di Maio, hanno espresso parere favorevole sull’odg Rauti, la presidente della commissione Difesa Roberta Pinotti, interpretando il regolamento, non ha accolto la richiesta dei gruppi M5s e Leu di mettere in votazione l’odg. Secondo il regolamento, infatti, solo il presentatore può chiedere di mettere in votazione l’odg e Rauti, volutamente, non lo ha fatto. 

Come è andata in commissione

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Isabella Rauti, senatrice di Fratelli d’Italia, è entrata nell’auletta della commissione Difesa, al piano terra del palazzo dove ha sede il Senato. Dopo alcuni interventi dei colleghi senatori, ha preso la parola per spiegare il suo ordine del giorno: «Il Governo deve essere coerente con i termini assunti dall’altro ramo del parlamento, l’aumento delle spese per la difesa non deve essere confuso con una corsa al riarmo», ha detto.

Diversi senatori del Movimento sono intervenuti dicendo di essere contrari all’aumento delle spese militari. Nell’ordine: Alberto Airola, Andrea Cioffi, Paola Taverna, Gianluca Ferrara ed Ettore Licheri. I due sottosegretari presenti in commissione, Benedetto Della Vedova per gli Affari esteri e Stefania Pucciarelli per la Difesa, hanno però dato l’ok all’ordine del giorno. 

I senatori Gianluca Castaldi (M5s), Vincenzo Santangelo (sempre del M5s) e Loredana De Petris (Leu) hanno provato a insistere chiedendo che almeno l’odg venisse posto in votazione. È intervenuto il senatore Gianluca Perilli (M5s) per sollecitare la senatrice Rauti a insistere nella votazione, l’unica deputata a chiederlo. La senatrice Taverna ha chiesto spiegazioni al governo sulle ragioni dell’accoglimento dell’ordine del giorno. Non sono arrivate risposte se non da parte di Rauti: la sua decisione di non chiedere la votazione sull’ordine del giorno era la dimostrazione dell’assenza di motivazioni strumentali. L’ordine del giorno, quindi, è stato accolto. 

L’incontro Conte-Draghi

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Da qui ha preso le mosse la forte divisione tra il premier Draghi e il leader M5s Conte. Se l’ordine del giorno ha una valenza meramente di facciata, molto più importante e vincolante è il Documento di economia e finanza (Def), un atto che contiene gli impegni di spesa che il governo si prefissa per gli anni seguenti e che poi si concretizzano in legge di bilancio. Viene presentato alle Camera ogni anno entro il 10 aprile. Il prossimo Def potrebbe contenere concretamente l’aumento delle spese militari.

Durante l’incontro di ieri, Conte ha chiesto al premier di non aumentare le spese per gli armamenti o, al massimo, di diluirle o rinviarle nel tempo; il secondo ha ribadito che l’impegno è stato è stato preso in sede Nato e quindi non può essere disatteso. 

Conte ha quindi minacciato di non votare il Def una volta giunto in parlamento, Draghi ha chiesto un auto ed è salito subito al Quirinale da Sergio Mattarella per informare il presidente della Repubblica del colloquio. 

Com’era andata alla Camera

Il dibattito sulle spese militari sembra un pretesto del Movimento 5 stelle e, soprattutto, di Giuseppe Conte per ritornare al centro dell’attenzione politica e dare forza alla sua posizione in maggioranza. Un’ipotesi supportata da quanto è successo nelle scorse settimana alla Camera.

Durante l’esame dello stesso decreto Ucraina era stato presentato un ordine del giorno identico a quello di FdI al Senato. Solo che a Montecitorio era stato depositato dal leghista Roberto Paolo Ferrari, è co-firmato dai capigruppo in commissione Difesa di tutte le principali forze politiche, tra cui Movimento 5 stelle, Partito democratico, Forza Italia, Italia viva e Fratelli d’Italia.

Non solo, il testo del decreto è stato approvato a larga maggioranza, con 391 voti favorevoli e 19 contrari. Il governo ha poi accolto l’odg leghista, dimostrando così l’intenzione di dare seguito alla richiesta.

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