«Benissimo la discussione interna a un partito che è democratico. Adesso restiamo concentrati sulla manovra e sulle regionali, perché sono partite molto importanti». Da Roma, dalla presentazione del libro Il paese che conta di Linda Laura Sabatini, Elly Schlein accetta di rispondere ai cronisti su quello che nel frattempo sta succedendo a Milano.

Ai Bagni misteriosi del Teatro Parenti si è riunita la «minoranza della minoranza», i riformisti che ce l’hanno con Stefano Bonaccini, presidente del Pd ma anche leader di Energia Popolare, e lo abbandonano per «prendere voce», cioè creare una corrente tutta loro.

Dibattito che non appassiona per niente Schlein. Chi le sta vicino derubrica la kermesse milanese a «questione di rapporti interni alla minoranza». Il ringraziamento al «contributo» di Lorenzo Guerini e gli altri è freddino. Eppure aggiunge un passaggio che sembra una risposta a una delle obiezioni che le arrivano dalla capitale lombarda, quella principale: che l’alleanza di centrosinistra ancora non c’è e che il Pd deve avere il coraggio di mettere sul tavolo i temi spinosi, particolarmente con M5s.

Ma in realtà risponde all’ex premier: «Ho ascoltato ieri Giuseppe Conte dire che serve un programma condiviso, come l’abbiamo costruito in tutte le coalizioni regionali al voto. Benissimo. Dal giorno dopo le regionali cominciamo a lavorare insieme, a costruire il programma della coalizione progressista per l’Italia e non facciamolo da soli, facciamolo nel paese, con il paese».

All’attivismo riformista, Schlein risponde come sempre. Cioè evitando al massimo la polemica interna. A chi la contesta, da Milano, di avere poche «proposte di governo», quasi non risponde.

Ma intanto il 14 e 15 novembre il Pd organizza una kermesse a Bologna, con il sindaco Matteo Lepore, il presidente dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale e il presidente del Pd Bonaccini, ma anche molti sindaci, come quello di Napoli Gaetano Manfredi. Legalità, sicurezza, welfare, giovani, i temi dei tavoli. Conclusioni di Schlein. Proposte riformiste, a loro modo, in un modo diverso da quello milanese.

Nessuna recriminazione

Del resto da Milano è Lorenzo Guerini a dare il tono dell’evento: «Qui non sentirete parole contro questo o contro quello, niente recriminazioni». Spiega l’ex ministro e presidente del Copasir: da qui ascolterete solo iniziative per la crescita del paese, dice, «il contributo dei riformisti». E se non sono tutte sovrapponibili a quelle del Pd, meglio: «Noi crediamo che la discussione faccia bene al Pd e alla politica. La discussione non è divisione, il confronto non è spaccatura, la discussione è la politica. Perché l’alternativa ai partiti che discutono è il partito del leader che nasce e muore con il leader del momento. Noi non siamo questa cosa», la libertà di discussione “allarga” il Pd e aiuta «l’alternativa di centrosinistra a vincere le prossime elezioni. Significa rendere più competitivo il Pd e l'alternativa al governo della destra, non indebolirla».

«Ingrao e Napolitano litigavano, pensate che bello», è la battuta di Graziano Delrio a cui sono affidate le conclusioni.

In realtà dal palco, per tutto il pomeriggio, le critiche al futuro alleato M5s piovono in quantità. Anche a un Pd «che diventa come il M5s». Guerini ancora aggiusta: «Unire le opposizioni è un passo necessario ma non sufficiente. Bisogna passare dall'unità delle opposizioni alla costruzione di una reale e credibile alternativa di governo e per farlo si deve affrontare le questioni senza sfuggire dal dibattito su ciò che può sembrare problematico».

Nessuna recriminazione, ma su troppi temi l’alleanza di centrosinistra ancora alleanza non è. Tante le presenze: il sindaco Beppe Sala, Lia Quartapelle, Emanuele Fiano, Simona Malpezzi, Pierfrancesco Maran, Giorgio Gori (uno degli organizzatori), Marianna Madia, Paola De Micheli, Walter Verini, Pietro Bussolati. Matteo Biffoni, ex sindaco di Prato («22mila preferenze alle regionali toscane», viene annunciato così).

Sandra Zampa porta il saluto di Romano Prodi. Che è un po’ una benedizione alla platea. La tesi di un centrosinistra che ancora non c’è, del resto, è stato lui il primo a esprimerla in chiaro, «è tempo che il Pd torni a fare la propria parte, essere un partito a vocazione di governo», dice a proprio nome.

L’anno del congresso

Guerini rassicura la segretaria: «Non siamo qui per mettere in discussione la leadership di nessuno, ma per rafforzare l'azione che possiamo realizzare con la leadership, ossia con la segretaria Schlein, a favore del Pd e dell’alleanza di centrosinistra». E anche: «Il congresso si farà quando è previsto dallo statuto».

Argomento delicatissimo, anche se non all’ordine del giorno; almeno non prima della fine di novembre. Lo Statuto prevede le assise nel marzo del 2027, ma la coincidenza con le politiche potrebbe farlo slittare.

Dal Nazareno circola ancora l’idea di un congresso anticipato, addirittura a gennaio 2026, prima del referendum sulla riforma costituzionale. Qui è Pina Picierno, vicepresidente del parlamento europeo, la più combat, a chiarire: «I congressi si fanno non per esercitare conte, ma per discutere di linea linea politica. E noi non abbiamo paura di discutere». Anche senza speranza di vincere le primarie: perché a questa minoranza serve “pesarsi”, in vista della composizione delle liste.

Si vedrà alle regionali, quando al Nazareno si tirerà una riga. Subito dopo il voto di Campania, Veneto e Puglia peraltro si svolgerà l’incontro di Montepulciano, quello delle tre aree che dall’inizio hanno appoggiato la segretaria, Areadem di Dario Franceschini, la sinistra di Andrea Orlando e Peppe Provenzano e quella di Roberto Speranza e degli ex Art.1. Imbarcheranno altre componenti.

E lì la segretaria potrà capire se anticipare il congresso, farsi rivotare anche dal Pd (allo scorso gli iscritti avevano votato in prevalenza per Bonaccini), oppure aspettare la battaglia del referendum costituzionale, anche se è un mezzo scapicollo, e procedere sulla base dello Statuto verso il 2027.

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